All’improvviso Jude Law. In una Cop29 che fatica a trovare punti d’intesa sulla finanza climatica e quei trilioni di dollari da mettere sul tavolo per aiutare i Paesi meno sviluppati a reggere gli impatti del nuovo clima, ogni piccola parola, endorsement o sostegno alla spinta necessaria per un cambio di rotta possono essere decisive per fare aprire gli occhi su cosa è davvero fondamentale per il futuro. Per questo non passa inosservato l’ultimo prestigioso attore, la star di Hollywood Jude Law, che si è aggiunto alla campagna #PaybackTime lanciata dall’associazione Global Witness per chiedere che a pagare i conti della crisi climatica siano coloro che la alimentano: le aziende di combustibili fossili, quelle che fanno extraprofitti di miliardi di dollari “continuando ad aumentare le emissioni climalteranti”.

Jude Law che, proprio mentre i negoziati di Baku vanno (a rilento) verso la conclusione, ha affermato come dal suo punto di vista “petrolio, gas e carbone stanno danneggiando il nostro Pianeta, causando un’ondata di eventi meteorologici mortali. È tempo dunque che le aziende di combustibili fossili rispondano delle loro azioni”. La star britannica si aggiunge ad altre celebrità, politici ed attivisti che hanno sottoscritto l’appello di Global Witness, fra cui l’ex presidente irlandese Mary Robinson, i registi Adam McKay e Joshua Oppenheimer, Michael Shannon, l’attrice di Star Wars Rosario Dawson, la star di “Harry Potter” Bonnie Wright, l’attore britannico David Harewood, Mark Rylance, Aisling Bea, i musicisti Brian Eno e Jon Hopkins e tanti attivisti per il clima tra cui Vanessa Nakate, Kumi Naidoo e Luisa Neubauer.

A inizio Cop29 gli attivisti di Global Witness avevano fatto uno “scherzetto” non troppo gradito alla presidenza azera, quella che – attraverso le parole del presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev – ha definito più volte i combustibili fossili come “un dono di Dio”. Il dominio cop29.com era stato acquistato in passato da una coppia indiana: l’Azerbaijan ha offerto loro denaro per acquistarlo ma – sostiene Global Witness – “preoccupata per il clima quella coppia ha deciso anziché di venderlo agli azeri di affidarlo a noi”. Il collettivo è così entrato in possesso di cop29.com (il sito ufficiale è invece com29.az) attirando sul portale tantissimi visitatori e sulla homepage, anziché informazioni sulla Conferenza sul clima, ha messo una foto con i volti dei manager delle aziende del petrolio e del gas e la scritta “le aziende che sfruttano i combustibili fossili stanno distruggendo il Pianeta per trarne profitto. L’hanno rotto, dovrebbero pagarlo loro”. Con queste parole è nata la campagna – ora globale – per ricordare sia che “petrolio, gas e carbone sono responsabili di quasi il 90% delle emissioni di anidride carbonica” sia che ogni anno queste aziende “guadagnano trilioni in extraprofitti”, trilioni che servirebbero “per ripagare dei danni fatti. Per decenni molte aziende di combustibili fossili hanno ignorato i propri scienziati e finanziato campagne di negazionismo climatico per continuare a far fluire i propri profitti, e ora interi Paesi rischiano di essere spazzati via dalla mappa. Le aziende petrolifere amano pubblicizzare le proprie credenziali verdi, ma in realtà investono solo una piccola quantità in energia verde. È tempo di far pagare chi inquina” aggiungono i promotori della campagna che punta a “chiedere ai governi di obbligare le grandi compagnie petrolifere a pagare per aiutare le comunità a ricostruirsi e a proteggersi da un clima sempre più selvaggio”.

Richieste che in futuro, negli Usa guidati dal negazionista Donald Trump, che ha scelto come ministro dell’Energia Chris Wright, manager del fracking e forte protezionista dell’industria del fossile, potrebbero risultare impossibili. Anche negli Usa però, come Jude Law che chiede alle aziende del fossile di “rispondere delle loro azioni”, c’è chi si sta impegnando per una diversa narrativa capace di mettere in risalto le responsabilità delle multinazionali oil&gas: proprio il mese prossimo debutterà negli States il film “The End”, pellicola post-apocalittica del regista Joshua Oppenheimer che affronta il ruolo dell’industria dei combustibili fossili nella crisi climatica.