I fondali del mare sono la casa di organismi che non abitano in nessun altra parte del nostro Pianeta. Vivono in un ecosistema dove c’è poca luce e, evolvendo una serie di recettori molto specifici, hanno imparato a utilizzare il suono per orientarsi, spostarsi, comunicare, trovare il cibo, accoppiarsi, individuare i possibili predatori o altri pericoli, Dalla rivoluzione industriale in poi, però, anche questo ambiente è cambiato e le attività umane hanno prodotto una cacofonia disturbante. L’effetto è particolarmente grave perché nell’acqua le onde acustiche viaggiano a una velocità fino a cinque volte superiore che nell’aria.

I disturbi provengono dalle imbarcazioni, dai sonar, dai deterrenti usati per tenere lontani gli animali e causano una alterazione del comportamento, stress, perdita di udito. Tra questi ci sono anche quelli delle miniere sottomarine, la nuova frontiera di esplorazione e predazione del mare provocata dalla ricerca di materiali la cui domanda è in netta crescita: cobalto, rame, nickel, manganese, zinco, argento, oro, finora estratti solo dalle rocce terrestri. Purtroppo gli studi sul loro impatto sono solo agli inizi.

Una nuova ricerca condotta da scienziati di Oceans Initiative (Usa), National Institute of Advanced Industrial Science and Technology (Giappone), Curtin Universit (Australia), e dell’Università delle Hawaii su questo tipo di attività rileva che il rumore generato solo da una miniera può viaggiare per oltre 500 chilometri, con effetti cumulativi se sono più di una, che si estendono anche nelle riserve marine, dove le estrazioni sono vietate.

In particolare l’analisi si è concentrata sull’estrazione dei noduli polimetallici che si trovano a 4-6 mila metri di profondità nella zona di frattura Clarion-Clipperton, nell’Oceano Pacifico settentrionale, tra Hawaii e Messico. Si tratta di un’area frequentata da molti cetacei, tra cui alcuni in via di estinzione. Lì si trova il deposito di minerali che al momento sembra il più promettente ed è un hot spot al centro degli interessi di molte industrie. Al momento ci sono 17 imprese che stanno avanzando la richiesta di iniziare le operazioni di scavo. Se ciascuno di essi aprisse anche solo una miniera, un’area di 5,5 milioni di chilometri quadrati, più dell’intera Unione europea, si troverebbe in una situazione di elevato impatto acustico. Per ogni operazione viene interessato un territorio con un raggio da 4 a 6 chilometri nel quale il livello sarebbe pari a 120 dB marini. Il rumore è distribuito in tutta la colonna d’acqua dalla superficie alla profondità.

Per ora ci sono regolamenti internazionali che proteggono i fondali e che stanno frenando gli accessi. L’isola di Nakuru per cercare di sveltire la burocrazia, si è richiamata a una clausola della Legge del mare (qui il .pdf) delle Nazioni Unite che permette di procedere dopo una notificazione alla International Seabed Authority, l’ente che deve dare i permessi, entro due anni dalla richiesta. L’Isa è notoriamente molto lenta e la scadenza è luglio 2023.


Non essendoci ancora giacimenti sfruttati nella zona Clarion-Clipperton, per effettuare la ricerca è stato necessario utilizzare dati provenienti da estrazioni di petrolio e gas, che però sono meno rumorose. Le stime sono dunque molto conservative e si può presupporre che gli effetti saranno maggiori di quanto previsto. Il cambiamento climatico tra l’altro sta peggiorando la situazione. La trasmissione del suono infatti diventerà ancora più veloce con l’innalzamento delle temperature. Uno studio dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, Trieste, e del Memorial University of Newfoundland, condotto da ricercatori italiani, rivela che potrebbe crescere dell’1,5%, ovvero di 25 metri per secondo, entro la fine del secolo.

In certe condizioni le basse frequenze si possono ascoltare a distanza di migliaia di chilometri. E sono proprio queste quelle prodotte dalle miniere di profondità, che producono sintonie intorno ai 20 hertz. “Sono proprio quelle abbiamo valutato nella nostra pubblicazione. Più basse sono le frequenze, più lontano vanno a causa del riscaldamento” dicono Alice Affatati e Chiara Scaini, autrici insieme a Stefano Salon della pubblicazione sugli effetti del cambiamento climatico sulla propagazione sonora. “Nel nostro lavoro abbiamo indagato in particolare su due punti geografici. Ci sono infatti ampie differenze dovute a pressione, temperatura e salinità che variano a seconda delle regioni. Sarebbe interessante poter modellare la situazione per la zona Clarion-Clipperton e vedere che modifiche ulteriori sono possibili a causa dell’innalzamento delle temperature”, concludono le studiose.

Sono molti gli esperti e le organizzazioni ambientaliste che si stanno opponendo alle miniere sottomarine che avvertono dei rischi ecologici che si stanno correndo nell’ecosistema più importante del mondo. Ma le evidenze sono chiare e si spera che questo possa portare a un divieto finché non verranno mettessi in atto regole e limiti. I fondali ospitano milioni di specie che ancora non sono state identificate che che sono alla base di tutte le catene ecologiche che danno vita alla Terra. E vanno protetti.