Nel cuore della terra del sole e del vento si lavora in silenzio per anticipare il futuro. In Salento sta prendendo piede quello che potrebbe essere il primo modello di distretto agricolo ad emissioni zero d’Europa. Una visione che in Puglia è nata da una necessità successiva a un problema: trasformare un territorio devastato dalla Xylella fastidiosa, che in meno di dieci anni ha portato alla morte di 21milioni di alberi d’ulivo, in un grande laboratorio dove riforestare, puntare su pratiche agricole tecnologicamente avanzate, recuperare e proteggere le risorse  idriche e anticipare tutti per diventare il prima possibile carbon neutral.

 

“È un progetto grande e unico, che ha l’ambizione di mettere sul mercato prodotti agro-alimentari certificati a emissioni zero, grazie alla compensazione delle emissioni per esempio attraverso la riforestazione. Siamo convinti che riusciremo a proporre un primo modello di distretto agricolo europeo del genere, che poi potrà essere replicato altrove” racconta entusiasta il professor Riccardo Valentini dell’Università della Tuscia e del Cmcc (Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), che insieme Fabio Pollice, rettore dell’Università del Salento e Teodoro Miano professore dell’Università di Bari e vicepresidente del CHIEAM (Mediterranean Agronomic Institute of Bari), compone il comitato scientifico di un progetto che coinvolge anche il Cnr ed è coordinato da Leo Piccinno del Distretto agroalimentare di Qualità Jonico Salentino.

Grazie a un finanziamento importante del ministero delle Politiche agricole, con una prima tranche di 50 milioni di euro, in Salento sono già partiti con l’idea del grande distretto e puntano a chiudere una prima fase a inizio 2023 per poi tirare le somme di quanto raccolto. Attualmente sono state coinvolte circa 65 aziende agricole e con l’aiuto dei sindaci del territorio sono state mappate per esempio le aree dove riforestare o dove avviare politiche collegate alle rinnovabili.

 

“Dopo la Xylella – spiega Valentini – l’obiettivo è rigenerare questo territorio devastato. Qui si riparte da zero con lo scopo di arrivare a emissioni zero”. Ci si muove su quattro assi: recupero della biodiversità, delle risorse idriche con contemporanea lotta alla desertificazione, della fertilità dei suoli e infine l’idea di uso e utilizzo di nuove specie o incremento di coltivazioni, come i mandorleti e gli alberi da frutta che meglio si adattano alla crisi del clima. Nei terreni demaniali recuperati saranno avviati diversi percorsi di riforestazione: le stesse foreste serviranno poi a completare il ciclo innescato nel distretto.

Valentini spiega infatti  la volontà di “arrivare a produrre prodotti agroalimentari a emissioni zero. Come sappiamo, il settore agricolo è decisamente impattante a livello di emissioni, ma è difficile abbassarle sino ad azzerarle. È uno zoccolo duro. Per cui – sulla scia dell’Europa che chiede la carbon neutrality entro il 2050 – qui in Salento si proverà a compensare le emissioni dell’agricoltura con le foreste. In sostanza la compensazione della CO2 forestale sarà usata per compensare quelle che non riusciremo ad abbassare nell’agricoltura, portando un nuovo equilibrio. Questa “armonia” sarà comprovata: i prodotti agro alimentari del Salento saranno infatti certificati a emissioni zero”.

Un percorso che passa per il censimento dei terreni e la realizzazione di un database, lo studio di quali specie autoctone promuovere per ricostruire il paesaggio, ma anche sistemi come “l’uso di piante differenti dall’olivo per aiutare a contenere l’avanzata della Xylella a nord, dato che sta risalendo la Puglia. Se tutte le coltivazioni rimangono solo a ulivi si fa fatica a fermare l’avanzata, ma se in mezzo frammenti con boschi e macchia mediterranea puoi bloccare la diffusione”.

Le linee guida seguite per progettare il distretto sono quelle che offre oggi la Commissione Europea che di recente nei suoi regolamenti sulla silvicoltura ha richiesto che gli assorbimenti generati da foreste e suolo vadano a compensare le emissioni di gas serra del settore agricolo. “È un passaggio fondamentale – ricorda Valentini, già Premio Nobel per la Pace nel 2007 col gruppo Ipcc – perché se ci pensiamo bene finora l’uomo ha distrutto le foreste per far spazio a coltivazioni agricole. Al contrario ora dovranno essere gli agricoltori a proteggerle e gestirle per poter centrare l’obiettivo della carbon neutrality

Fra circa un anno la prima fase del programma dovrebbe essere conclusa e gli esperti sperano di poter “già certificare il distretto agricolo e sviluppare una governance e un marchio. Poi il progetto continuerà sulla strada delle emissioni zero”.

 

Il tutto si inserirà in un discorso più ampio che attraverso lo sviluppo del modello di distretto agricolo, l’implementazione delle energie rinnovabili (fra cui agrovoltaico e offshore al largo delle coste), la spinta per un turismo ecosostenibile e la promozione di nuove tecnologie ad esempio per il compostaggio, potrebbero portare il Salento a diventare un grande laboratorio verde d’Europa. Valentini è convinto: quello che sta accadendo nel tacco d’Italia, “è il futuro”.