È ufficiale: l’estinzione della megafauna ha un responsabile, e sono gli esseri umani. Più di 160 specie di grandi mammiferi (definiti come animali che superano i 45 chili di peso) sono sparite dal pianeta nell’arco degli ultimi 50mila anni, e praticamente in tutti i casi la colpa è da ricercare nella pressione eccessiva esercitata dalla caccia: li abbiamo uccisi con archi e frecce, lance e bastoni, fino a spingerli all’estinzione. È questa la conclusione a cui è arrivato un ampio studio della danese Aarhus University, appena pubblicato sulla rivista Cambridge Prisms: Extinction.

La ricerca è frutto di un’ampia revisione della letteratura scientifica disponibile, che sintetizza i risultati di oltre 300 lavori precedenti per rispondere a una domanda precisa: l’estinzione della megafauna è frutto dell’attività umana, o è legata ai cambiamenti climatici che hanno interessato il pianeta negli ultimi 50mila anni? In effetti, il clima in questa periodo temporale è variato notevolmente, visto che siamo passati da un’era glaciale (l’ultima, conclusasi circa 15mila anni fa), ad un clima mite della seguente fase interglaciale.

Simili mutamenti delle temperature e del clima hanno ovviamente effetti profondi sull’ambiente e sulle creature che lo abitano. Ma a detta degli autori dello studio, i dati disponibili indicano che non è stato il clima a uccidere la megafauna: i mammiferi di grandi dimensioni sono infatti l’unica categoria animale che è andata incontro a fenomeni di estinzione così estesi; e di contro, tornando indietro nel tempo alle ere glaciali precedenti non si è mai visto un simile tasso di estinzione nella megafauna in corrispondenza con i cambiamenti del clima.

“Questa ampia ed estremamente selettiva perdita di megafauna nell’arco degli ultimi 50mila anni è un evento che non ha eguali negli ultimi 66 milioni di anni”, spiega Jens-Christian Svenning, professore di ecologia della Aarhus University che ha coordinato il nuovo studio. “In precedenza, i cambiamenti climatici non hanno mai prodotto estinzioni così ampie e selettive, e questo va contro l’ipotesi che il clima possa aver avuto un ruolo decisivo nella scomparsa della megafauna. Un altro indizio importante è che le estinzioni della megafauna hanno interessato allo stesso modo aree climaticamente stabili e instabili”.

Cacciatori e prede

Se il clima in passato è cambiato più volte senza effetti così drammatici per particolari tipologie di animali, c’è da chiedersi cosa distingue gli ultimi 50mila anni dai periodi precedenti. La risposta è semplice: la nostra specie. In questo periodo abbiamo colonizzato ogni angolo del pianeta, salendo immancabilmente al vertice della catena alimentare. Come sottolineano le conclusioni dello studio, è dimostrato dai ritrovamenti archeologici che i nostri antenati producevano trappole indirizzate ai mammiferi di taglia extra-large, e che questi animali erano parte integrante della loro dieta. La caccia ad animali di grandi dimensioni, come mammut, mastodonti e bradipi giganti era diffusa in tutti i continenti. E le prove disponibili indicano che la scomparsa dei grandi mammiferi è avvenuta sempre in seguito all’arrivo dell’uomo in un nuovo territorio o, nel caso del continente africano (dove siamo presenti dall’inizio), in seguito a grandi conquiste tecnologiche e culturali che ci hanno resi cacciatori più efficienti e temibili.

“I primi umani moderni era cacciatori efficienti e predavano anche le specie animali di dimensioni maggiori, ed è chiaro che erano capaci di ridurre le popolazioni di animali di taglia grande”, continua Svenning. “I grandi animali erano, e sono ancora oggi, particolarmente vulnerabili allo sfruttamento eccessivo, perché hanno periodi di gestazione lunghi, producono pochissimi cuccioli alla volta, e impiegano molto tempo per arrivare alla maturità sessuale”.

La ricerca rivela inoltre che la scomparsa della megafauna ha avuto conseguenze profonde in tutti gli ambienti in cui è avvenuta. Gli animali di grande taglia d’altronde giocano un ruolo centrale negli ecosistemi, influenzando la struttura della vegetazione, la dispersione dei semi, e il ciclo dei nutrienti. E quindi la loro scomparsa ha sempre effetti importanti per la strutture e le funzioni degli ecosistemi. “I nostri risultati mettono in luce l’importanza degli sforzi di conservazione – conclude Svenning – reintroducendo i mammiferi di grandi dimensioni possiamo ristabilire l’equilibrio ecologico e supportare la biodiversità, che si è evoluta in ecosistemi ricchi di megafauna”.