Un po’ come i boschi terrestri sono fondamentali per contribuire alla produzione di ossigeno che respiriamo, nelle acque degli oceani, lo stesso ruolo primario per la vita, viene svolto dalle foreste di kelp, dense aggregazioni di alghe, che rappresentano tra i più produttivi e diversificati habitat della Terra. “Le foreste di kelp ospitano un’elevata biodiversità e supportano numerosi servizi ecosistemici tra cui l’approvvigionamento di cibo tramite la pesca, il ciclo dei nutrienti e la protezione delle coste dall’erosione, per un valore calcolato in miliardi di dollari all’anno, ma in realtà inestimabile”, spiega Stefania Coppa, biologa marina, ricercatrice presso l’IAS del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Oristano, in Sardegna, che aggiunge: “la riduzione delle foreste di kelp a livello globale avrebbe un impatto di vasta portata sullo stato di salute del mare e sui servizi ecosistemici da esse erogati”.

I cambiamenti climatici che stanno alterando gli ecosistemi terrestri, minacciano anche queste foreste sottomarine. “Le minacce che possono mettere a rischio questo habitat sono tutte di origine antropica: l’inquinamento, il riscaldamento globale, la raccolta diretta, l’impatto di attività sia professionali che ricreative, la diffusione di specie aliene e le modifiche strutturali della fascia costiera, come la costruzione di infrastrutture che può comportare cambiamenti del regime idrodinamico con conseguente aumento della torbidità”, spiega la ricercatrice del Cnr. A tutto questo si aggiunge un altro nemico: il riccio di mare viola, il cui numero è aumentato in modo spropositato, che si nutre di alghe. “Anche in questo caso il problema principale siamo noi, perché abbiamo fatto diminuire eccessivamente i loro predatori naturali, come le lontre e le stelle marine girasole. Le prime sono state cacciate indiscriminatamente in passato per la pelliccia, invece per quanto riguarda le stelle girasole, la causa principale è il riscaldamento del mare”, evidenzia ancora Stefania Coppa.

Un nuovo studio condotto da ricercatori di diverse università americane e pubblicato su The Royal Society Publishing, potrebbe aver trovato una soluzione: soluzione che si trova nello stesso ecosistema. Si chiama Pycnopodia helianthoides, la stella marina di girasole dell’Oregon appena citata dalla ricercatrice italiana, a rischio estinzione, ma che sarebbe in grado di salvare le foreste di alghe. “La causa principale della sua quasi estinzione è il riscaldamento del mare che ha favorito le condizioni ambientali utili alla proliferazione di patogeni e alla generazione di eventi di mortalità di massa come nel caso della Sea Star Wasting Disease, registrata dal 2013 che ne ha determinato la quasi totale scomparsa”, dice Coppa.

Si, perché se le lontre sono predatrici di ricci di mare, a loro volta questi sono “cacciati” anche dalle stelle marine, che potrebbero riequilibrare il sistema. Questa è la tesi dello studio americano, in cui gli studiosi hanno raccolto esemplari sani di stelle marine ed eseguito un esperimento alimentare: hanno cibato le stelle marine con ricci di mare, scoprendo quanto ne siano ghiotte. “Hanno dimostrato che una stella girasole può consumare mediamente 0.68 ricci di mare viola al giorno e che il tasso di predazioni è maggiore su ricci che non si sono nutriti. Riuscire a riportare l’abbondanza delle stelle girasole a livelli pre-moria potrebbe ristabilire il controllo della popolazione di ricci viola e al contempo garantire il buono stato di salute delle foreste di kelp. Tuttavia, se le condizioni ambientali sfavorevoli che hanno determinato la moria delle stelle girasole permangono, la semplice reintroduzione delle stelle girasole non sarà sufficiente a ristabilire le condizioni iniziali”, avvisa la biologa marina del Cnr.

Attenzione però, che gli effetti antropici sono globali. Aggiunge Coppa: “Nel nostro Mar Mediterraneo, non c’è il kelp, ma altre foreste di origine animale o vegetale egualmente importanti dal punto di vista ecologico. Lo stesso vale anche per il verificarsi di morie di massa. La più recente è quella che dal 2016 sta portando quasi all’estinzione una specie endemica del Mediterraneo: Pinna nobilis, conosciuta anche come nacchera di mare, uno dei più grandi molluschi bivalvi al mondo”.