“È il mio calcio che cambia”, in meglio. Se fosse una canzone probabilmente la strategia dell’Udinese potrebbe avere questo titolo. Autrice Magda Pozzo, della famiglia proprietaria sia del club friulano che del Watford in Premier League, e coordinatrice Marketing Strategica dell’Udinese Calcio. Da sempre appassionata di innovazione, è stata la prima persona a introdurre il concetto di Naming Rights di uno stadio in Italia quando ha firmato l’accordo con la Dacia Arena (Gruppo Renault) che viene menzionato come fiore all’occhiello italiano per la sostenibilità.

Come deve essere concepito uno stadio contemporaneo?

“Credo che debba essere un costante incubatore di idee, non legato esclusivamente al calcio ed al matchday. Noi abbiamo concepito la Dacia Arena in questo modo e la viviamo quotidianamente così. Ritengo, soprattutto, che l’innovazione debba sposarsi con la sostenibilità. Innovare è la nostra parola d’ordine e l’altra è ecosostenibilità. In questo vogliamo essere un club pilota”.


Cosa rende la Dacia Arena il primo stadio green d’Italia?

“La nostra mission per l’ecosostenibilità è iniziata quattro anni fa mettendo al centro due fattori: la Dacia Arena e la condivisione di questo valore con i nostri partner. Il primo step lo abbiamo fatto con Bluenergy che fornisce allo stadio energia da fonti rinnovabili il che ci ha consentito di risparmiare oltre 2250 tonnellate di CO2, nello stesso tempo compensiamo le emissioni con progetti green come la piantumazione di alberi. Inoltre in tutto lo stadio attuiamo la raccolta differenziata ed abbiamo limitato il consumo di plastica. Il nostro prossimo obiettivo è organizzare una partita totalmente ad emissioni 0 senza utilizzo di plastica e facendo arrivare i tifosi allo stadio con il car sharing elettrico o in bici”.

Non è un caso dunque se, anche quest’anno, Football Sustainability Index pone l’Udinese tra gli unici due club italiani (l’altro è il Milan) tra i primi 10, ed in quarta posizione a livello globale?

“Non è assolutamente un caso. Per noi è solo un primo step in un percorso che vogliamo sia sempre più intenso e concreto sotto tutti i punti di vista. Direi che siamo diventati un riferimento internazionale per un club delle nostre dimensioni, come evidenziato dalla nostra adesione al programma Sport For Climate Action delle Nazioni Unite, per la promozione di una maggiore responsabilità ambientale verso i nostri tifosi e non solo, di un consumo sostenibile e, al tempo stesso, l’impegno per ridurre l’impatto climatico degli eventi sportivi e a sostenere con la nostra comunicazione l’azione climatica. Un impegno totale che ci ha portato a questo risultato.

C’è un divario così ampio tra i club inglesi e la Serie A in tema sostenibilità?

“Credo che in Inghilterra e Spagna l’urgenza sociale di questo tema sia stata colta in anticipo e questo ha fatto si che si creasse un gap rispetto al nostro Paese. Credo, però, che a partire da noi, sia iniziato un processo che porta il calcio italiano nella giusta direzione. Dobbiamo essere consapevoli che il calcio non è solo un gioco, è una passione ed un’industria con un incredibile potere comunicativo e sociale che deve trasmettere dei messaggi positivi. In Premier, ad esempio, c’è molta più empatia con la community e questo agevola la trasmissione del valore dell’ecosostenibilità. Direi, quindi, che il primo passo deve essere l’attuazione di una policy concreta che coinvolga i tifosi e i partner dei club”.

Perché la tematica ambientale sembra non avere la stessa dignità di altre egualmente importanti come la condanna del razzismo, la violenza, la guerra?

“Non esite una sfida più urgente o più importante dell’altra, serve la consapevolezza dei tanti passi in avanti che il mondo del calcio deve fare e soprattutto, del potere di orientamento che ha sulla società. Indubbiamente, per troppo tempo, l’ecosostenibilità è stato un tema sottovalutato, credendo, anche a livello politico, che la lotta per salvare il pianeta, rispetto ad altre urgenze sociali, fosse secondaria. In ambito calcistico devo dire che è stata compresa prima l’importanza soprattutto nell’ultimo periodo. Lo dimostra il grande impegno di UEFA e Lega Serie A”.

Sempre più atleti stanno prendendo consapevolezza. Quanto è importante la loro voce e quale sensibilità riscontri o promuovi tra i giocatori dei tuoi club?

“È decisiva. Il calcio di oggi è globale e raggiuge, grazie ai social, le nuove generazioni ad una velocità mai avuto in passato. Questo fa sì che il messaggio arrivi diretto, forte e chiaro. È un qualcosa di straordinario che va capitalizzato. La fascia di capitano dedicata è un simbolo importante che suscita impatto mediatico ed anche curiosità ma l’impegno concreto dei protagonisti in campo veicola ancor di più il messaggio. Sempre più giocatori fanno scelte ecosostenibili, penso all’ex Sampdoria Thorsby ed anche a Troost-Ekong, ex nostro giocatori a Udine ed al Watford, che ha avviato un progetto di piantumazione di alberi per compensare le emissioni di CO2 generate dalle trasferte in aereo della sua squadra. Sono questi messaggi che, noi come club ed i calciatori dobbiamo lanciare”.