Le risorse per abitare un domani responsabile: dalla rivalutazione degli scarti minerali alla cura delle persone
in collaborazione con Kerakoll
di Jessica Castagliuolo
Gli spazi sono luoghi che trasmettono significato. L’abitare ha nei secoli sancito il rapporto dell’uomo con l’ambiente, il suo modo di prendere posto nell’ecosistema che lo circonda. Alla base di geometrie e architetture, ci sono malte, intonaci, calcestruzzi, ghiaia, sabbia, argilla. Nel mondo, i materiali usati per costruire segnano un’impronta, l’involucro con il quale le comunità prendono forma e si mostrano. Ma costruire, oggi, ha un costo altissimo: quello ambientale. L’industria delle costruzioni, secondo il Global Alliance for Buildings and Construction, costola dell’Onu attiva nella diffusione della cultura dell’edilizia sostenibile, è responsabile del 39 per cento della quantità di anidride carbonica mondiale dispersa nell’aria, del 36 per cento del consumo globale di energia elettrica, del 50 per cento dell’estrazione di materie prime e di un terzo del consumo globale di acqua potabile. Se è vero che oltre un terzo dell’inquinamento globale è riconducibile al settore delle costruzioni, è altrettanto auspicabile che proprio da questa filiera possa nascere un cambio di paradigma per costruire il futuro. Tra gli obiettivi fissati dell’Accordo di Parigi al 2030, quello di triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale e raddoppiare il tasso medio annuo di miglioramento dell’efficienza energetica. Significa che l’intensità energetica dell’industria edilizia dovrebbe diminuire del 37 per cento entro il 2030.
Impatto ambientale del settore delle costruzioni
39%
delle emissioni globali di anidride carbonica
36%
del consumo globale di energia elettrica
50%
dell’estrazione di materie prime
33%
del consumo globale di acqua potabile
Così, per raggiungere questo traguardo molto ambizioso, il Global Alliance for Buildings and Construction ha individuato alcune priorità per imprese e governi. Innanzitutto, occorre sviluppare standard per l’efficienza energetica, aumentando il tasso e l’impatto della ristrutturazione degli edifici esistenti. Adottare misure di progettazione passive e raccogliere dati, attraverso strumenti come i passaporti degli edifici. Prevedere incentivi finanziari per la decarbonizzazione del settore, compresa l’innovazione e il passaggio a riutilizzo, circolarità, materiali naturali e bio-based, o mutui verdi. Infine, rendere consapevoli le aziende del proprio impatto sociale. Tessere di questo mosaico, quindi, sono proprio i nuovi materiali, e le relazioni che tra questi intercorrono su tutta la filiera.
Il percorso di
Kerakoll
Ci sono aziende che hanno raccolto questa difficile sfida, anche in Italia. Tra queste Kerakoll, fondata a Sassuolo nel 1968, periodo d’oro dell’industria della ceramica modenese. Tutto inizia dalle colle (in greco “kolla”) e dai primi adesivi monocomponenti per la ceramica. Oggi Kerakoll è diventata una multinazionale con stabilimenti produttivi in Italia, Spagna, Polonia, Grecia, Francia, Regno Unito, India, Brasile e Portogallo, società commerciali in Germania ed Emirati Arabi, e un fatturato di oltre 770 milioni: non più un fornitore globale di materiali ma un’azienda che intende trasformare il processo di costruzione in chiave sostenibile. Fabio Sghedoni, vicepresidente di Kerakoll Group spiega: «Siamo parte di una filiera particolarmente energivora. Il nostro settore gioca, quindi, un ruolo fondamentale nel contrasto ai cambiamenti climatici, soprattutto per quanto riguarda le emissioni di gas ad effetto serra, l’utilizzo di risorse naturali, la generazione di rifiuti. In questo contesto, la sostenibilità non è soltanto una tendenza o un obbligo normativo, ma una necessità imprescindibile e, allo stesso tempo, un continuo stimolo all’innovazione».
Il percorso
verso la
sostenibilità
1978
Kerakoll lancia sul mercato H40 Flex, il primo adesivo professionale monocomponente ad alta resistenza per la posa di ceramiche e pietre naturali, anche in sovrapposizione
2000
Acquisizione di SLC e sviluppo di nuovi prodotti ecologici a base acqua con bassissime emissioni di VOC
Il percorso
verso la
sostenibilità
2001
Mi.Gra. si unisce a Kerakoll fornendo materie prime da riciclo e in grado di favorire il ripristino paesaggistico
2005
Lancio della linea Biocalce a base di pura calce NHL, traspirante, batteriostatica e fungistatica per il benessere delle persone
2006
Insieme al Joint Research Centre (JRC), sviluppo di metodo per la misurazione dell’inquinamento interno tramite l’uso di Indoortron, una camera di simulazione ambientale
2007
Kerakoll inizia un progetto di trasporto intermodale sulla tratta Pieve di S. Lorenzo (LU) – Dinazzano (RE)
2010
Kerakoll diventa The GreenBuilding Company e sviluppa il GreenBuilding Rating, primo strumento del settore per la sostenibilità dei prodotti
2013
Inaugurazione del Kerakoll GreenLab, un edificio industriale progettato con soluzioni edilizie e tecnologiche green
2021
Kerakoll SpA adotta lo status di Società Benefit, grazie all’integrazione nel proprio oggetto sociale di finalità di beneficio comune
2023
Kerakoll ottiene la certificazione B Corp
Dai materiali per la posa, a quelli per l’edilizia e le superfici, l’azienda ha iniziato nei primi anni 2000 un percorso Esg che affonda le radici proprio sulle materie prime. Traccia tangibile del percorso è Kerakoll GreenLab, cuore della ricerca e sviluppo inaugurato nel 2013, con nove laboratori specializzati e oltre 110 ricercatori. Kerakoll GreenLab è un edificio costruito con soluzioni ecosostenibili, che autoproduce energia e recupera l’acqua piovana. È qui che nascono i nuovi materiali per l’edilizia. «Trasportiamo le nostre materie prime attraverso una rete intermodale e utilizziamo, nei nostri stabilimenti, il 100 per cento di energia da fonti rinnovabili», aggiunge Sghedoni. Tappe di un percorso che ha portato anche a un cambio di governance, quando nel 2021 Kerakoll diventa una delle prime grandi aziende del settore edilizio a costituirsi Società benefit. Ma arriva nel 2023 un altro traguardo, diventando B Corp. Per ottenere il riconoscimento le aziende devono soddisfare almeno 80 punti su 200 tra quelli presenti nella B Impact Assessment (Bia) dell’ente statunitense no profit B Lab, un protocollo online consultabile da tutte le imprese interessate a misurare i propri impatti economici, sociali e ambientali. Meno del 5 per cento di tutte le aziende che si misurano superano gli 80 punti. Insomma, per un gruppo che opera in un settore difficile da decarbonizzare come quello delle costruzioni, un obiettivo sfidante: «Le sfide senza precedenti a cui stiamo assistendo a livello ambientale, sociale ed economico ci chiamano a un senso di responsabilità condivisa. Per questo abbiamo scelto di diventare B Corp, ovvero essere riconosciuti come un’organizzazione che integra l’impatto ambientale e sociale nella propria strategia di business», spiega il vicepresidente. Ma il traguardo, si intuisce, è un nuovo punto di partenza: «Vogliamo diventare un’azienda Carbon Neutral. Siamo agli inizi del percorso, ma, ad oggi, stiamo già misurando la Carbon Footprint del nostro Gruppo e nel 2025 definiremo gli obiettivi di decarbonizzazione sul breve-medio periodo», conclude Sghedoni.
Persone al centro
Persone al centro
Al cuore della filosofia del Movimento B Corp, nato dall’attività dell’ente no profit statunitense B Lab, c’è anche l’idea che la certificazione possa avere un valore trasformativo per l’intera filiera nella quale l’azienda certificata opera, con una ricaduta positiva su ambiente e persone. Kerakoll ha così applicato un codice di condotta per i fornitori, con l’applicazione di standard ambientali, di sicurezza dei lavoratori, di trattamento equo nella supply chain. Nel corso del 2023, lo strumento è stato adottato anche nelle relazioni contrattuali, avviando collaborazioni basate sulla generazione di valore sociale e ambientale condiviso. In Kerakoll, sono impiegate oggi oltre 2.300 persone, dislocate su 3 continenti, in 9 fusi orari. I modelli di lavoro sono sempre più ibridi, tanto che nel 2023 il 50 per cento dei nuovi assunti ha firmato l’accordo di smart working messo a disposizione dall’azienda e 425 persone hanno potuto lavorare da remoto per circa 29.000 giorni all’anno. Un risparmio di emissioni di CO₂ calcolato in circa 279 tonnellate. Il piano welfare dell’azienda prevede inoltre un credito da spendere in buoni spesa o rimborsi, corsi di formazione e sicurezza. Al centro dell’identità la cultura del bello, che ha portato i collaboratori delle sedi italiane a partecipare ai K Cultural Days, un ciclo di visite guidate per i dipendenti con una prima tappa al Duomo di Modena, per poi proseguire con Villa Vigarani Guastalla a Fiorano Modenese, il Palazzo Ducale di Sassuolo e tante altre.
Scarti
preziosi
Nel cuore delle Alpi Apuane, un complesso montuoso ricco di acqua e biodiversità, incastonato tra i bacini del Magra e del Serchio in Toscana, c’è una miniera preziosa: le cave di marmo. L’attività estrattiva ha raggiunto livelli di forte intensità, tanto che si stima che negli ultimi 30 anni si sia estratto più materiale che nei duemila precedenti, generando una grande quantità di scarti. Questi possono però essere riutilizzati. Qui, in collaborazione con il Parco regionale delle Alpi Apuane, opera Mi.Gra., azienda di cui Kerakoll è socia al 74%, che si occupa di valorizzare a fini industriali gli scarti minerali derivanti dalle lavorazioni delle cave. L’intero processo di recupero è gestito da un piano di riqualificazione e ripristino ambientale che consente di abbattere l’impiego di risorse naturali, risparmiando oltre il 70 per cento di CO₂ emessa per l’estrazione e l’utilizzo di minerali vergini. Nel 2023 Kerakoll ha adoperato circa 250.000 tonnellate di carbonato di calcio riciclato e certificato ISO 14021, di cui circa il 70 per cento proveniente dalle attività di recupero, corrispondenti a circa il 30 per cento in peso dei materiali in ingresso.