C’è chi come Teresa Vicente si è battuta per dare una chance di sopravvivenza ai cavallucci marini assediati dall’inquinamento nelle acque spagnole. Oppure chi come Andrea Vidauerre ha lottato senza sosta, ottenendo una storica vittoria, per migliorare l’aria della California. O ancora chi ha dedicato la propria vita a proteggere gli ecosistemi marini d’Africa. Sette “combattenti” per l’ambiente, selezionati fra oltre cento candidati, tutti premiati con il Goldman Prize 2024, riconoscimento considerato una sorta di Premio Nobel per l’ecologia e l’ambiente. “Sette leader che hanno rifiutato di compiacersi in mezzo alle avversità, o di lasciarsi intimorire da potenti aziende e governi. Da soli, i loro risultati ottenuti in tutto il mondo sono stati impressionanti. Insieme, costituiscono una forza collettiva e un movimento globale in crescita pieno di speranza” ha detto introducendo i vincitori dell’edizione 2024 del premio il  presidente della Goldman Environmental Foundation, John Goldman.

Emblematica è per esempio la storia di Teresa Vicente, 61 anni, professoressa di filosofia del diritto all’Università di Murcia. Cresciuta nuotando nelle acque trasparenti del Mar Menor in Spagna, nel corso di decenni ha visto cambiare questo ecosistema davanti ai suoi occhi a causa della contaminazione da attività minerarie, sviluppo urbanistico e deflusso agricolo. Le acque un tempo cristalline erano diventate sempre più inquinate e nella laguna salata fra le più grandi d’Europa le tante specie, compresi i cavallucci, stavano iniziando a scomparire. Così – anche grazie alla sua esperienza professionale – ha avviato una campagna che nel tempo ha visto la partecipazione di circa 640mila persone unite nel chiedere una legge per la protezione del Mar Menor, soprattutto dopo la moria di pesci del 2019. Nel 2022 la legge che conferisce alla laguna il “diritto legale alla conservazione, protezione e riparazione dei danni” è stata finalmente approvata grazie a un numero straordinario di firme e di cittadini impegnati, trascinati da Vicente nella battaglia. “Le persone avevano capito che facevano parte di quell’ecosistema ed erano entusiaste dell’idea di poter difendere i propri diritti. Quando le persone dimenticano le loro differenze politiche, religiose o economiche e si abbandonano a una nuova idea di giustizia, questo è un sicuro successo” ha raccontato poi la docente spagnola.


 

Ad ispirare l’idea di battersi per salvaguardare gli ecosistemi è anche la storia di Sinegugu Zukulu e Nonhle Mbuthuma, vincitori del Goldman Prize per i loro impegno in Sudafrica. Qui gli attivisti indigeni, grazie a una lunga lotta, nel 2022 sono riusciti a interrompere i test sulle esplorazioni petrolifere e del gas al largo del Capo Orientale in un’area conosciuta come Wild Coast. In questa zona, ricchissima di biodiversità, in uno specchio di mare popolato da delfini e balene, i test esplorativi alla ricerca di combustibili fossili e per piattaforme offshore stavano mettendo in ginocchio gli ecosistemi marini. Affermando il diritto della comunità locale “a proteggere il proprio ambiente marino” i due sudafricani sono riusciti a interrompere le esplorazioni che, anche attraverso i sistemi sonori, stavano impattando direttamente sullo zooplancton, fonte di vita per i mammiferi marini. Grazie al loro impegno Nonhle, 46 anni e Sinegugu, 54 anni, difendendo i diritti del territorio tradizionale del popolo Mpondo hanno ottenuto così la protezione dell’area e lo stop alle esplorazioni, un beneficio che a loro dire sarà a favore di chiunque dato che “la vita naturale è intrecciata con le nostre vite” hanno ricordato.

Vittoria, in termini ambientali e benefici umani, anche per il Brasile di Marcel Gomes, segretario quarantacinquenne di Repórter Brasil, media senza scopo di lucro che lavora per diritti umani e ambientali. Gomes – secondo le motivazioni del premio – ha contribuito a organizzare una campagna “che mostrava i collegamenti tra la carne bovina della più grande società di confezionamento della carne del mondo, JBS, e la deforestazione illegale in Brasile“. Grazie ai suoi report e alla sua campagna “ha contribuito a fare pressione sui rivenditori di tutto il mondo affinché smettessero di vendere la carne”. Una pressione, quella esercitata a suon di inchieste e giornalismo investigativo, che ha portato sei importanti catene di supermercati europee (in Belgio, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito) a fermare a tempo indeterminato nel 2021 la vendita dei prodotti che impattavano direttamente sulle foreste del Cerrado.


 

Murrawah Maroochy Johnson, 29 anni, ha invece disinnescato una potenziale “bomba al carbonio”. Questa donna Wirdi della nazione Birri Gubba in Australia, diventata attivista a soli 19 anni, ha guidato insieme ad altri rappresentanti locali una battaglia per fermare lo sviluppo della miniera di carbone di Waratah, che secondo report scientifici avrebbe accelerato il cambiamento climatico nel Queensland e “distrutto il Rifugio Naturale Bimblebox di quasi 20.000 acri oltre che aggiunto 1,58 miliardi di tonnellate di CO2 nell’atmosfera nel corso della sua vita e minacciato i diritti e la cultura degli indigeni”. Nell’Australia del carbone l’azione di Murrawah, che ha vinto in appello un contenzioso per fermare la miniera, costituisce un importante precedente per altri popoli nel contestare e bloccare eventuali progetti legati alle fonti fossili che impattano direttamente sulla crisi del clima.

 

Infine tra i premiati con il Goldman Prize anche l’indiano Alok Shukla che ha guidato un movimento comunitario in grado di salvare quasi 200mila ettari di foreste da 21 miniere di carbone proposte nel Chhattisgarh, stato dell’India centrale. Il 43enne coordinatore del Chhattisgarh Bachao Andolan  (Movimento per la Salvezza del Chhattisgarh) nella sua vita è stato “testimone della profonda devastazione ambientale e sociale causata dalle industrie estrattive” nella sua terra. Per questo, dedicandosi alla protezione dell’acqua e delle foreste, e sempre sostenendo il volere dei popoli originari, Alok si è battuto contro il governo e nel luglio 2022 ha ottenuto la cancellazione dei progetti minerari che avrebbero colpito ad esempio la zona di Hasdeo Aranya e le sue foreste incontaminate conosciute come “i polmoni del Chhattisgarh”, una delle più grandi aree forestali intatte dell’India.