Sulla banchina della stazione ferroviaria di Firenze le persone aspettano l’arrivo del treno. Nessuna fretta, come se tutti avessero già attivato la “modalità slow” che di lì a poco catapulterà nel passato. Ed ecco l’annuncio del “Centoporte – il treno di Dante”, l’antico convoglio – messo a disposizione dalla Fondazione FS italiane – che lungo la storica linea ferroviaria Faentina, la prima in Italia ad attraversare l’Appennino Tosco-Romagnolo ripercorre una parte del vagabondare in esilio del Sommo Poeta, nel 1302, in seguito alla condanna a morte da parte dei Guelfi Neri saliti al potere a Firenze, e terminato a Ravenna (in totale 126 km e circa una ventina di gallerie). L’emozione cresce e anche l’euforia di salire su queste antiche carrozze degli anni Venti e Trenta, che ricordano le diligenze dei primi del Novecento tutte tirate a lucido. Le hostess conducono ciascuno al proprio posto, agli scompartimenti di terza classe con i sedili in legno – i più affollati come se fosse il dipinto del pittore francese Honoré Daumier – o a quelli di prima, dalla privacy garantita con le sedute in elegante velluto rosso (si chiama “Centoporte” perché una volta c’era una porta su ogni lato del treno).
Ed eccolo il fischio di partenza per il viaggio nel tempo, avvolti da quel senso di eterno che aggiunge fascino alla storia. Fuori dal finestrino sfilano paesaggi meravigliosi tra vigneti, distese di ulivi, antiche case coloniche, fino ad arrivare ai boschi selvaggi di castagno e faggio e alle mulattiere, per poi scendere sulle colline romagnole ricche di frutteti e coltivazioni. Il rumore assordante del mezzo sulle rotaie – binario unico – confonde i pensieri e si mescola alla voce delle guide che, con il supporto di radio e auricolari, narrano la storia e le curiosità dei luoghi toccati da Alighieri, a partire proprio dal capoluogo toscano dove nacque nel 1265, un luogo di amore e dolore, che ricorre molto spesso nella sua Divina Commedia. Capita, in giornate dedicate, di poter incontrare Dante in persona (l’attore Riccardo Starnotti, fondatore di Dantflix) che si aggira lungo i corridoi declamando le cantiche del capolavoro letterario dantesco e disponibile a scattare selfie e foto per immortalare questi momenti unici. Il progetto è finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e sviluppato da Apt Servizi Emilia-Romagna con Toscana Promozione Turistica e con l’organizzazione della società Il Treno di Dante.
Gli assistenti forniscono anche preziose indicazioni su musei, rocche, teatri e palazzi, in cui si può accedere gratuitamente, o avere sconti in ristoranti e trattorie, esibendo all’ingresso il biglietto del Treno di Dante, anche in un giorno diverso da quello del viaggio (fino al 4 giugno e, dopo la pausa estiva, dal 2 settembre al 1 novembre). C’è anche una nuova formula della Crociera delle Città d’Arte (nel week end del 2 giugno), con la sosta in due località legate al Poeta, Bologna e Ferrara. Nel centro felsineo l’allora ventenne Dante ebbe modo di conoscere e approfondire le novità filosofiche che provenivano da Parigi e la produzione letteraria della materia di Bretagna, legata alle leggende su Re Artù, in voga tra gli studenti dell’epoca. Nella città estense lasciò tracce della sua arte e opere di valore, mosso probabilmente anche da legami personali: secondo alcune ipotesi lì ebbe origine la famiglia degli Alighieri, anticamente Aldighieri. L’invito resta quello alla contemplazione, al godere di ritmi lenti, al riscoprire piccoli piaceri.
La prima fermata è a Borgo San Lorenzo, centro che, sotto l’influenza degli Asburgo-Lorena di Toscana, divenne il riferimento principale nella zona del Mugello. Ancora oggi è collegato a una fitta rete di sentieri per passeggiate e trekking in ogni periodo dell’anno. La corsa continua sulle colline di Vicchio, che ha dato i natali a Giotto e Beato Angelico, e oltrepassato Crespino del Lamone fino a Marradi (Fi) e poi Brisighella (Ra), tra i Borghi più Belli d’Italia (il 30 aprile e il 7 maggio si tiene la Sagra del Carciofo Moretto con soste dedicate). Nel mentre, tra un racconto e un consiglio, in piccoli gruppi accompagnati, si può entrare nel vagone porta merci, caratterizzato dal colore crema, o nella “stanza dei bottoni” con la cassaforte, una scatola di ferro che serviva per il trasporto valori degli uffici postali, ma anche con i “canili”, dove in realtà si trasportavano galline e maialini più che i cani. Colpisce il vagone Postale, dedicato alle Poste, dove ci lavoravano almeno tre persone per lo smistamento della corrispondenza o per apporre il sigillo con ceralacca sulle raccomandate.
Una sosta più ampia la merita Faenza (Ra), la patria della maiolica. Vale la pena girovagare senza meta tra le vie del centro, dove si affacciano botteghe artigiane e negozi di gran classe che solo a varcarne la soglia ci si lustra gli occhi. O fermarsi a bere un caffè al tavolo di uno dei locali di piazza del Popolo, oppure – negli orari di apertura del municipio – il consiglio è quello di salire sulla terrazza per ammirare tutto dall’alto e di fronte il Palazzo del Podestà arricchito da merli ghibellini che sembra quasi un pizzo fatto a mano. E poi non si perda una visita al Mic – Museo Internazionale delle Ceramiche che in oltre 16 mila metri quadri espone collezioni provenienti dall’Estremo Oriente, rare ceramiche rituali, e preziosi tessuti della cultura Precolombiana, pezzi di arte islamica e opere d’arte internazionali di Picasso, Matisse, Chagall, Burri, Fontana e altri grandi maestri contemporanei. Fino al 14 maggio è visibile anche la mostra di Galileo Chini (1873 – 1956), ceramiche tra liberty e déco: oltre duecento opere tra ceramiche e disegni preparatori, raffinate decorazioni, lustri, eleganti figure femminili per scoprire un artista poliedrico tra i pionieri del Liberty in Italia e affinatore del gusto déco nel ventennio. L’artista fu capace di rielaborare la ricca tradizione del rinascimento toscano, dai festoni di foglie, fiori e frutti alle figure di satiri e sirene. Ciò è evidente nei grandi piatti ornamentali, nel largo impiego della figura femminile, intesa sempre come allegoria della primavera.
Una volta fuori, ma servirebbero molte più ore per girare tutte le sale, ecco che Palazzo Milzetti, Museo Nazionale dell’età neoclassica in Romagna, lascia incantati e si cammina quasi sempre con il naso all’insù per ammirare i soffitti affrescati da Felice Giani, un artista che ha reinterpretato l’arte della classicità greca e romana, nei colori, nella armonia dei corpi e nel trompe l’oeil delle finte porte e tendaggi. Al suo interno una sala ellittica blu notte scuro dedicata a quella che era una Spa con tanto di vasca.
Il treno di Dante, giunto alla terza edizione, dà la possibilità, nei weekend delle stagioni di mezzo, le migliori per questo tipo di vacanza di scoperta, di fare un tour in giornata (a 75 euro per l’andata e ritorno in giornata esconti per i bambini) o di scegliere diversi pacchetti a diversi prezzi, tra formula standard e charme e offerte family con riduzioni (info qui). Ogni struttura per una sosta golosa o per il soggiorno regala un’emozione, come La Baita nel centro storico, bottega di tipicità e osteria, o Villa Abbondanzi poco fuori (ci sono pure due ristoranti, il Cinque Cucchiai e Il Fenicottero Rosa Gourmet e un bar per gli aperitivi, aperti anche ai non ospiti), un’antica villa dell’Ottocento circondata da un immenso parco verde (ha la tutela della Soprintendenza dei Beni Architettonici e la conservazione del parco è considerata di pubblico interesse dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali). Si passeggia tra fontane e aiuole fiorite, alberi secolari come sequoie, roverelle, cipressi, carpini bianchi e lecci, e un laghetto con i fenicotteri rosa. Un piccolo tempietto incornicia il roseto e le quattro colonne doriche sostengono il frontone su cui è inscritta una citazione dei Carmina di Orazio: “Non Desint Epulis Rosae” (non manchino le rose ai banchetti), un invito alla festa e alla celebrazione.
Infine, sia che ci si fermi per la notte che se si fa in giornata, il tour si conclude a Ravenna, la città dove Dante è morto (nel settembre del 1321) ma anche che l’ha ispirato. Per il sommo Poeta la cittadina romagnola ha rappresentato un unicum per la sua produzione letteraria, tanto da scrivere qui gran parte del Paradiso. La sua tomba, con i suoi marmi policromi, è meta di pellegrinaggio continuo, così come il vicino Quadrarco di Braccioforte, un antico oratorio, dove furono conservate le spoglie dantesche durante la seconda guerra Mondiale. Nella chiesa di San Francesco, detta di Dante per il legame con lo scrittore, si possono vedere frammenti di mosaici della primitiva abside che, cosa curiosa, sono coperti dall’acqua. Basta sporgersi da una piccola finestra posta sotto l’altare maggiore, dopo aver illuminato la cripta, per ammirarli mentre pesciolini rossi vi sguazzano sopra. Un po’ ovunque girando per le strade ravennate aleggia la figura di Dante, tra ritratti e murales, e sembra quasi di sentire gli ultimi versi del decimo canto dell’Inferno: “quando sarai dinnanzi al dolce raggio | di quella il cui bell’occhio tutto vede, | da lei (Beatrice) saprai di tua vita il viaggio” (vv. 130-132). Ovvero il futuro, mentre per chi è salito sul quel treno storico, ora è molto più chiaro il passato.