Riusare e rivendere anziché produrre da zero. Non solo vestiti, ma anche oggetti e mobili: un trend che continua a crescere e che dopo aziende come Decathlon ora vede scendere in prima linea anche Ikea, colosso che ha appena lanciato il suo progetto Preowned (che partirà prima in Spagna e Norvegia, poi anche in Italia) per vendere mobili usati o prodotti che non ci servono più.


Oltre al business, che impatto ambientale può avere la scelta di grandi aziende che investono nel mercato della seconda mano? La risposta è complessa perché mancano ancora molti dati nel campo per esempio di oggetti o mobili, mentre per i vestiti ci sono già indicazioni importanti. Come noto, da anni diverse piattaforme online, ma anche aziende, stanno offrendo la possibilità di aumentare gli acquisti di seconda mano soprattutto nel mondo del fashion. Un mondo, quello della moda, che come produzione vergine di capi potrebbe impattare nel 2050 per quasi un quinto delle emissioni climalteranti.

Anche per questo, ricordava uno studio Oxfam del 2023, è importante cominciare a rendersi conto di quanto riusare può fare bene all’ambiente: se per esempio tutti gli adulti del Regno Unito acquistassero metà dei loro vestiti in circuiti di seconda mano, si eviterebbero addirittura 12,5 miliardi di chili di emissioni di CO2 in atmosfera. Praticamente è l’equivalente di fare a meno di un aereo che fa il giro intorno al mondo oltre 17mila volte. Un bel risparmio, meno semplice da individuare – anche per gli impatti dei trasporti e legati alla compravendita – per altri prodotti, magari più ingombranti. Nel 2022 Subito ha però fatto realizzare dall’Istituto di ricerca ambientale svedese uno studio, chiamato “Second Hand Effect”, proprio per ottenere delle cifre e stimando alla fine come per circa 20 milioni di prodotti usati rivenduti si siano risparmiate 2,7 milioni di tonnellate di CO2.

Sempre Subito – con una indicazione che potrebbe valere anche per il nuovo Preowned lanciato da Ikea – ipotizzava come per esempio comprare e usare un letto usato possa far risparmiare 36 kg di CO2, mentre un armadio intorno ai 58 chilogrammi. Altre analisi, come quella fatta su una delle prime piattaforme per la compravendita di oggetti usati, già da fine anni Novanta, ovvero Craigslist, sostengono che l’impatto dei prodotti di seconda mano porti a ridurre la produzione giornaliera di rifiuti di circa un terzo.

Sempre osservando la grande quantità di prodotti che grazie a una seconda vita evitano di finire in discarica, e dunque in un circolo negativo per l’ambiente, uno dei principali colossi nelle vendite di oggetti usati – eBay – nel 2021 aveva calcolato in un solo anno di aver salvato quasi 87 milioni di articoli, in pratica 18mila tonnellate in meno di oggetti destinati a discariche o inceneritori. Inoltre, anche se bisognerebbe calcolare caso per caso, nella maggior parte delle operazioni di compravendita di oggetti di seconda mano – che piacciono sempre di più sia ai clienti che alle aziende – c’è una riduzione degli sprechi, di inquinamento ed energia legate alla produzione, di impatto sul territorio con l’estrazione di materie prime, così come una minor impronta sulle risorse idriche.

Sempre secondo l’Osservatorio Second Hand Economy in Italia il mercato di seconda mano è ormai consolidato e in crescita, dato che quasi il 60% degli italiani lo scorso hanno ha scelto prodotti usati, un aumento di oltre il 16% rispetto a dieci anni fa e il volume d’affari complessivo viene stimato intorno a 26 miliardi di euro. A questo punto, quando Ikea aprirà anche in Italia Preowned, sarà interessante comprendere i volumi di una rivoluzione, anche in termini ambientali. Finora l’azienda svedese certifica, per esempio negli store sperimentali di riuso aperti in Svezia, di aver “evitato fino al 90% delle emissioni di CO2e rispetto all’acquisto di un prodotto nuovo”, così come di aver rivenduto quasi 32 milioni di prodotti nei propri hub circolari.