Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di tentare? Questa è la famosa domanda che nel secolo scorso si era posto Van Gogh. Anche oggi come allora, rimane vero che una quotidianità vissuta come un sistema accettato è il primo passo verso un futuro che non sarà come vogliamo. Ma il 5 giugno, nella Giornata mondiale dell’ambiente, tanti alzano la mano per ricordare che, pur non potendo far tornare indietro il tempo, possiamo ancora far rivivere le foreste, ravvivare le fonti d’acqua, riportare la fertilità nei suoli sfruttati, cercare di stabilizzare il clima. Come afferma il Wwf Italia, non si può vivere in prosperità, né essere felici, in un Pianeta malato: la nostra salute, dipende anche da quella del Pianeta. Ma per fare ciò serve un cambiamento da parte di ognuno di noi. Perché siamo noi la specie a rischio di estinzione.
Nel mondo, secondo uno studio pubblicato su Bmj Oncology, negli ultimi tre decenni il numero di nuovi casi di tumori negli under 50 è aumentato quasi dell’80%. Gli studi in corso cercano di individuare le cause di questo aumento: nella gamma di potenziali fattori primeggiano lo stile di vita, l’alimentazione troppo ricca di carne e l’esposizione a sostanze inquinanti nell’ambiente e nel cibo. Anche in Italia l’incidenza della maggioranza dei tumori continua a crescere: +1,4% nei maschi e +0,7% nelle femmine solo tra il 2022 e il 2023 e la più elevata mortalità per cancro si registra là dove è maggiore l’inquinamento (atmosferico e ambientale). Non solo ci ammaliamo di più, siamo anche meno felici.
Con la campagna “Our Future”, il Wwf rilancia l’appello: è fondamentale comprendere la complessità e l’importanza dell’interconnessione tra sostenibilità e felicità delle persone. È indispensabile imparare a vivere entro i limiti del Pianeta, dettati dalla disponibilità delle risorse e dalla capacità degli ecosistemi di sostenere la vita. Il concetto di limiti planetari non ci dice di preferire la Natura a noi, ma evidenzia come senza un rispetto profondo per l’ambiente non ci sia futuro nemmeno per noi, che ne siamo parte legittima e integrante. Siamo all’altezza di questa grande sfida, serve però cambiare il nostro stile di vita, così predatorio verso l’ambiente, elaborare una consapevolezza dei limiti e rafforzare il senso d’urgenza.
Nell’arco di una vita umana, dal 1945 al 2024, la popolazione umana globale è più che triplicata: da circa 2,3 miliardi a oltre 8 miliardi e più o meno nello stesso lasso di tempo abbiamo riscaldato la Terra di oltre +1°C. La nostra economia del “prendi-produci-scarta” ha portato a un diffuso esaurimento delle risorse. Il ritmo con cui stiamo degradando il suolo minaccia la sicurezza alimentare globale; molti dei minerali e dei metalli comunemente utilizzati nella produzione di moltissimi oggetti, vengono sprecati e smaltiti con gravi conseguenze ambientali; abbiamo convertito metà delle terre emerse in campi coltivati o allevamenti di bestiame; 9 persone su 10 nel mondo respirano aria malsana.
Sappiamo non solo che la Terra ha dei confini che non devono essere superati, ma anche che dal 2015 almeno sei lo sono già stati: il cambiamento climatico, l’integrità della biosfera (perdita di biodiversità), il cambiamento d’uso del suolo, i flussi biogeochimici e – più recentemente nel 2022 – l’umanità ha superato il confine planetario relativo alle entità inquinanti, inclusa la plastica, a minaccia degli ecosistemi marini e terrestri. Nel 2023, è stata la volta dell’utilizzo di acqua dolce. Questo preoccupante trend non si sta fermando perché è alimentato dai nostri attuali modelli frenetici di sviluppo e di consumo.
Contemporaneamente il grado di felicità degli italiani sta diminuendo. Nel ranking stilato dal World Happiness Report quest’anno, l’Italia continua a perdere posizioni (ben 8 dall’anno scorso in cui eravamo al 33° posto!), attestandosi al 41° posto nella graduatoria generale. Tra le fonti di felicità, per gli italiani, la salute pesa per il 65% delle persone. È di fatto il fattore più importante a fianco alle relazioni sociali e sentimentali e al tempo libero.
A conferma dell’allarme lanciato dal Wwf, “non può esserci salute in un ambiente malato”, la ricerca sottolinea che oltre a investire in campo sanitario e di salute mentale, le istituzioni dovranno creare condizioni socio-ambientali che incoraggino cittadine e cittadini a adottare stili di vita salutari, perseguendo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, anche per assicurare il benessere delle future generazioni.
“Vivere felici entro i limiti non è solo una questione di ridistribuzione delle risorse, ma anche di riduzione dei consumi complessivi e di trasformazione dei sistemi di approvvigionamento. È necessario limitare le attività dannose, e intraprendere azioni che ci consentano di rimanere all’interno di questi confini, perché quando grandi cambiamenti diventano irreversibili, poi non si possono più evitare – afferma Eva Alessi, responsabile sostenibilità del Wwf Italia -. Sono molti i benefici di uno stile di vita sostenibile, a partire dal benessere personale, con una migliore qualità della vita, una dieta più sana, meno stress e più tempo per attività all’aperto e in famiglia; un risparmio economico che deriva da eliminare gli eccessi e ridurre gli sprechi”.
Siamo arrivati ad un punto in cui c’è bisogno di strutturare l’intero modello economico e sociale intorno alla sostenibilità e lasciare che sia il pianeta a guidare le nostre azioni. La priorità immediata è quella di abbattere le emissioni di gas serra, con sistemi energetici completamente fondati sulle energie rinnovabili, e stabilizzare la temperatura globale. La transizione energetica implica una vera rivoluzione culturale non solo nel modo di produrre e consumare (meno) energia, ma ci offre l’opportunità di avere molti co-benefici anche dal punto di vista della salute e dell’adattamento agli impatti della crisi climatica già in atto. Può quindi portarci a vivere in un mondo più giusto, più equo e più pacifico.
“La seconda priorità – riprende Eva Alessi – è ridurre gli impatti del settore produttivo che maggiormente pesa sulla perdita di biodiversità e di ecosistemi. Ãê necessaria una transizione globale verso un sistema alimentare sostenibile. Lato produzione serve garantire alimenti nutrienti in quantità sufficienti e a prezzi accessibili, dimezzare l’uso di pesticidi e fertilizzanti, aumentare la superficie coltivata con metodo biologico, ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, migliorare il benessere degli animali. Lato consumi, serve mettere al primo posto della propria dieta cibi sani, nutrienti e a base vegetale, eliminando perdite e sprechi. Il consumo di carne, storicamente limitato ai Paesi ad alto reddito, è infatti in forte aumento nelle economie emergenti”.
Infine, conclude Eva Alessi: “Per vivere entro i limiti ambientali, serve un’altra transizione: quella dall’economia lineare all’economia circolare, basata su un impiego più limitato, più consapevole e più efficiente delle risorse, su una minore produzione di rifiuti e sul loro recupero per creare nuove risorse”. C’è forse da aggiungere a queste raccomandazioni una quarta transizione, forse la più complessa ma anche quella che aprirebbe le porte a tutte le altre: per ridurre le disuguaglianze in tutto il mondo è indispensabile una transizione culturale dal consumismo alla sobrietà, in cui ognuno possa dare attenzione non solo alle proprie esigenze personali, ma a quelle della collettività e così, nelle azioni di tutti i giorni, ridurre al minimo la propria impronta sulle risorse, attraverso la riduzione degli sprechi, il riciclo e il riuso dei prodotti, l’impiego di energie sostenibili. Serve un contagio sociale positivo, dal basso. Servono consumatori felici di cambiare i propri acquisti al supermercato e di lasciare sugli scaffali i prodotti dannosi per noi e l’ambiente. In una economia sostenibile la qualità della vita è migliore e non peggiore. C’è più salute, c’è più tempo, c’è una migliore qualità sociale e ambientale. Sostenibilità fa rima con felicità.