Cimeli, ritratti, fotografie, sciarpe, bandierine, maglie originali, persino un busto. Via Emanuele de Deo è una delle strade più famose di Napoli. Qui si trova il murale gigante di Maradona, dipinto nel 1990 (poi rivisitato nel 2017 dallo street artist argentino Francisco Bosoletti) quando il Napoli vinse il secondo scudetto, emblema del culto laico per il calciatore e per la sua squadra: il clima di festa è ancora lì, tra bandierine e striscioni. Un grande banco occupa ogni angolo dello slargo all’incrocio, vendendo magliette e souvenir bianco azzurri. Ma i murales sono ovunque nei Quartieri Spagnoli, intrisi di un’atmosfera unica, fuori dal tempo.
Non è la Napoli più battuta dai turisti, quella delle vedute di Posillipo, della via dei presepi, del lungomare o del Castel dell’Ovo. È la Napoli vera e verace, a tratti malinconica, ma sempre magnifica, dei Quartieri Spagnoli. “Sono chiamati così perché sono stati fondati dai militari spagnoli nel XVI secolo”, spiegano Marco e Vincenzo, concierge del Grand Hotel Parkers, che, nati e cresciuti tra queste vie, sono le guide perfette per un tour ‘like a local’.
In Vico Cariati un enorme crocifisso eretto per il colera del 1836 colpisce lo sguardo: la gente del posto lo chiama “Gesù Crist miez a via”, perché sta proprio in mezzo alla strada e con le sue dimensioni blocca il passaggio. In un dedalo di viuzze strette e colorite, affollate di stendini, panni stesi, edicole votive con fiori e foto, negozietti e scooter che sbucano a ogni angolo, si arriva in via Portacarrese a Montecalvario. È un vero museo a cielo aperto, con una sfilata di tanti ritratti di Totò e De Filippo realizzati da artisti locali, con frasi e citazioni prese dai film del principe della risata. C’è anche la fittizia tipografia ‘Lo Turco’ del film ‘La banda degli onesti’, con le scene più divertenti dei tre maldestri falsari.
Palazzo Cammarota è a due passi, è stata la residenza di Leopardi per un periodo della sua vita. Tra Vico Tre Re a Toledo e Via Speranzella c’è, poi, la chiesetta di Santa Maria Francesca, dove si può visitare la casa della Santa: nella casa eletta a luogo sacro, le pareti sono ricoperte da centinaia di ex voto, segni della gratitudine delle donne per aver ricevuto il “miracolo” della fecondità. C’è ancora la sedia su cui sedersi se – secondo la credenza – si hanno problemi di fertilità. Da via Pasquale Scura parte Spaccanapoli, cosiddetta perché taglia in due la città: dai Quartieri Spagnoli arriva a Via Giudecca Vecchia e via Tupputi nel quartiere Forcella. Scendendo nel labirinto di viuzze strette e pittoresche, si passa per il Mercato della Pignasecca, “il più antico della città, risalente al 1500 – raccontano Marco e Vincenzo -, prima che arrivassero gli spagnoli, il terreno era proprietà della famiglia Pignatelli di Monteleone, conosciuta con il nome Biancomangiare, per via di un dolce simile alla meringa che veniva fatto qui”. Il nome Pignasecca nasconde un’altra storia curiosa: per realizzare Via Toledo, gli orti furono spianati e di tutta la vegetazione restò solo un pino, pigna in napoletano. Su di esso nidificarono molte gazze che rubavano oggetti ai passanti e nelle case. L’arcivescovo del tempo, stanco, lanciò una scomunica contro le gazze e inchiodò la bolla al tronco, che a poco a poco seccò. Da quel momento il posto divenne “Pignasecca”.
Bisogna farsi largo tra un caos di banchi di frutta, carne e pesce fresco, che offrono fritture espresse da consumare per strada (il famoso “cuoppo”, il cartoccio di fritti, con fiori di zucca, mozzarella in carrozza, alici e pesce) respirando l’autentico folclore partenopeo. Da qui le strade si fanno più ampie, le stradine suggestive dei Quartieri Spagnoli cedono il passo a negozi e vetrine sfavillanti: vale la pena approfittare per visitare le chiese di Santa Maria di Montesanto e di San Nicola alla Carità. Una curiosità: passate davanti Palazzo Doria Dangri, splendido edificio bianco con il famoso balcone da cui Garibaldi si è affacciato e ha proclamato “l’Italia una e sola”.
Per rifocillarsi dal tour niente di meglio di una bevanda tipica, la ‘limonata a cosce aperte’, una gazzosa fatta con la spremuta fresca di limone: nel bicchiere viene versata dell’acqua gassata e, per ultimo, un pizzico di bicarbonato. In un attimo la bevanda inizia a traboccare dal bicchiere, “ecco perché si chiama così, perché per berla bisogna piegarsi in avanti e aprire le gambe, o ci si sporca”, spiegano i due bravi concierge del Grand Hotel Parkers.
È l’hotel più antico di Napoli, che nasconde un’altra storia interessante, che risale a fine Ottocento, quando la città era tappa del Grand Tour. Al tempo era la masseria la Campagnola, proprietà del Principe Grifeo, che ospitava i nobili di passaggio in città per la villeggiatura. Fu presa in affitto da Guglielmo Tramontano, che alzò l’edificio di tre piani e trasformò la residenza nobiliare in un elegante albergo. Tra i clienti fissi c’era il biologo George Parker Bidder III, che soggiornava lì mentre seguiva i lavori di riqualifica della Marina e della Stazione Biologica. Incantato dal posto, decise di acquistare l’Hotel Tramontano Beau Rivage salvandolo dalla bancarotta. Acquistato dalla famiglia Avallone dopo la Seconda Guerra Mondiale, oggi l’albergo conquista con le sue atmosfere senza tempo e la vista dalla terrazza al sesto piano, che dal Vesuvio arriva a fino a Capri.
Ma una visita a Napoli non è completa senza un tour nella gastronomia partenopea, passando dallo street food alle stelle. Lo chef Vincenzo Fioravante omaggia la tradizione sia con i gustosi piatti del Ristorante Le Muse, sia con le degustazioni di cibo di strada rivisitate con creatività, con un menù originale che ammicca al linguaggio dei tanti banchetti che affollano le vie della città, nella grafica (riprendendo i colori e i nomi sulle insegne) e nelle ricette. C’è da spizzicare un po’ di tutto, fiori di zucca fritti, gamberi, crostini burro e alici, parmigiana croccante.
Per un’esperienza stellata, lo chef Domenico Candela stupisce i commensali dai fornelli del George Restaurant, con le belle ceramiche colorate realizzate dai ragazzi del carcere minorile, con una cucina gustosa e innovativa, che omaggia la generosa Campania con l’uso di materie prime locali sempre fresche, ma proposte spesso con tecniche speciali, che sanno sorprendere, dalle fermentazioni alle sferificazioni. I menù degustazione, dedicati al mare e alla terra, cambiano in base alla stagione, al pescato. Il tutto con una veduta panoramica incredibile sul golfo.
Sono 283 i cocktail nella carta del Bidder Bar, Bond bar dedicato alla spia più famosa di sempre. Il bartender Antonio Boccia li realizza ad arte, per tutti i gusti, offrendo un’immersione insolita nelle atmosfere seducenti di 007. Con un Martini cocktail, come piacerebbe a James Bond, in mano e un babà al rum nell’altra, si brinda alla grande bellezza di Napoli.