Tanto minuscoli quanto importanti, l’insieme dei piccoli organismi che formano il plancton, dando vita allo zooplancton, sono alla base della vita marina. Dai copepodi alle larve di crostacei o molluschi, questi animali sono costantemente in movimento spostandosi con le correnti: sono contemporaneamente la riserva alimentare di tantissime specie e anche attori fondamentali nella loro funzione di assorbimento del carbonio, anche se tra crisi climatica e impoverimento degli oceani ultimamente le ricerche ci dicono che oggi fanno fatica ad essere efficienti pozzi di carbonio.
Proprio per queste straordinarie caratteristiche lo zooplancton può però essere anche altro: una formidabile sentinella capace, se analizzata, di restituirci informazioni sullo stato di salute dei nostri mari. Per questo il progetto M.A.R.E di Fondazione Cvc, coordinato da One Ocean Foundation punta – studiando le condizioni dei campioni di zooplancton raccolti – a realizzare negli anni una sorta di mappatura completa dello stato di salute del Mar Mediterraneo. I primi risultati, quelli che riguardano l’Adriatico e pubblicati sulla rivista Chemosphere dai ricercatori, non sono del tutto confortanti: da 46 campioni raccolti da Taranto a Venezia, e anche lungo la costa orientale fino a Corfù, gli organismi analizzati presentano infatti in molti casi diversi inquinanti. “I risultati evidenziano la presenza di diversi inquinanti, alcuni dei quali, come PCB e DDT, banditi già dagli anni ’70, e metalli pesanti quali arsenico, cadmio e mercurio, noti per la loro tossicità e capacità di accumulo negli organismi marini” si legge nella presentazione dello studio coordinato da Ginevra Boldrocchi, project scientific coordinator di One Ocean Foundation e ricercatrice presso l’Università dell’Insubria.
Dalle analisi condotte all’interno del progetto M.A.R.E, iniziativa della Fondazione Centro Velico Caprera, viene ricordato come nel Mediterraneo – che è un mare che rappresenta meno dell’1% delle acque marine del mondo ma ospita circa il 10% della biodiversità marina globale – la forte pressione antropica ha reso questo luogo estremamente vulnerabile all’accumulo di inquinanti. “Nel Mediterraneo, studi che indagano questa problematica utilizzando lo zooplancton come bioindicatore sono rari, datati e spesso limitati a pochi contaminanti. Vogliamo fornire un quadro completo e aggiornato dello stato di salute del nostro mare”, spiega Boldrocchi specificando come l’inquinamento può essere collegato ai voluminosi apporti fluviali che trasportano contaminanti e rifiuti in mare. Lo studio ha rilevato la presenza di contaminanti organici persistenti come i PCB e il DDT, anche se con livelli bassi rispetto agli anni Ottanta, per esempio nel Golfo di Venezia (condizionato dal Po), il Golfo di Drin in Albania e le zone di Sebenico e Spalato in Croazia, aree dove “resta una forte preoccupazione” per la presenza di contaminanti.
Tanti, soprattutto nel Golfo di Venezia, ma anche alle Tremiti e a Corfù, i metalli pesanti individuati: si va dal piombo al cobalto sino al nickel e cromo. Tutto sommato bassi i livelli di mercurio nell’Adriatico se “comparati a quelli rilevati in regioni incontaminate come l’Antartide e l’Artico”, mentre desta preoccupazione “il rame, che al contrario ha mostrato valori eccezionalmente elevati, tra i più alti mai registrati a livello mondiale”. Gli esperti spiegano che questo fenomeno “sembra essere legato a fonti sia naturali, come la deposizione di polveri sahariane, sia antropiche, come le vernici antivegetative utilizzate in ambito marittimo e l’uso industriale e agricolo”. Dopo l’Adriatico, e precedentemente il Tirreno, la spedizione traccerà i livelli di inquinanti nello zooplancton in Francia e Spagna e poi nel 2025 tra Grecia, Cipro e Turchia. Sebbene ci siano aspetti importanti da monitorare, come l’elevata presenza di rame e di determinati metalli pesanti, Boldrocchi però ha una buona notizia: “Per molto tempo, l’ambiente marino è stato deliberatamente utilizzato come smaltimento dei nostri rifiuti, ma questo studio dimostra come la situazione sia in miglioramento. Se confrontiamo i nostri dati con il resto del mondo, vediamo che i livelli di DDT sono per esempio tra i più bassi, mentre per i PCB e i metalli ci posizioniamo a livelli intermedi”.