Difficile resistere alla tentazione del cioccolato, alimento che coccola il palato degli europei ormai da circa cinque secoli. Ma, nonostante la pianta del cacao e il suo frutto siano conosciuti e utilizzati da tempi antichissimi (specialmente in America Centrale), sembra che il modo con cui li impieghiamo per produrre il cioccolato non sfrutti appieno il loro potenziale. A sollevare la curiosa questione è un gruppo di ricercatori del Politecnico federale (ETH) di Zurigo (Svizzera), che, in collaborazione con la startup Koa e il produttore svizzero di cioccolato Felchlin, ha messo a punto una ricetta alternativa che sfrutta non solo i semi del frutto di cacao ma anche parte della polpa e della buccia esterna (o endocarpo, in gergo tecnico). A beneficiare della nuova ricetta sarebbe non solo la nostra salute, visto che il prodotto finale è più ricco in fibre e contiene una minore quantità di grassi saturi, ma anche la sostenibilità dell’intera filiera produttiva proprio grazie alla riduzione degli sprechi.
Dallo studio, pubblicato su Nature Food, emerge che il segreto sta nell’ottenere una sorta di gel a partire dalla polpa del frutto del cacao e dall’endocarpo trasformato in polvere. Dato il suo sapore dolciastro, il gel così ottenuto può essere utilizzato per dolcificare il cioccolato al posto del classico zucchero di canna. Secondo il panel di esperti dell’Università di Berna (Svizzera) che ha valutato il prodotto finale, per ottenere un cioccolato che abbia un gusto e una consistenza paragonabili a quelli del cioccolato classico la nuova ricetta dovrebbe prevedere l’aggiunta del gel fino a un massimo del 20% del peso totale. Se mescolato in concentrazioni superiori, infatti, il gel rende il cioccolato troppo grumoso, modificando quindi l’esperienza al palato.
Come anticipato, questa nuova formulazione rende il cioccolato più ricco di fibre rispetto al cioccolato fondente tradizionale (circa 15 grammi anziché 12 su 100 grammi totali) e riduce invece il contenuto di grassi saturi da 33 a 23 grammi su 100 grammi totali. “
Le fibre sono preziose dal punto di vista fisiologico perché regolano naturalmente l’attività intestinale e impediscono che i livelli di zucchero nel sangue aumentino troppo rapidamente quando si consuma cioccolato”, spiega Kim Mishra, primo autore dello studio. Dall’altro lato, prosegue, “i grassi saturi possono rappresentare un rischio per la salute quando se ne consumano troppi. Esiste una relazione tra l’aumento del consumo di grassi saturi e l’aumento del rischio di malattie cardiovascolari”.
Ma non è tutto. Viene da sé che sfruttare più parti del frutto del cacao anziché solo i semi (o fave) riduce lo spreco di materia prima rendendo la produzione di cioccolato potenzialmente più sostenibile. Anzi, questo aiuterebbe anche gli agricoltori a diversificare la propria offerta e a vendere potenzialmente due prodotti distinti: “Ciò significa che gli agricoltori possono non solo vendere le fave, ma anche essiccare il succo dalla polpa e dall’endocarpo, macinarlo in polvere e vendere anche quello”, prosegue Mishra.
Ad ogni modo, passerà ancora un po’ di tempo prima che il “nuovo cioccolato” possa raggiungere gli scafali dei supermercati. La catena produttiva, conclude Mishra, dovrà infatti essere adattata alle nuove esigenze, a partire dal fatto che gli agricoltori avranno bisogno di strumenti e strutture adeguate al processo di essiccazione della polpa e dell’endocarpo del frutto.