Le radici si intrecciano silenziose, insinuandosi sotto terra per poi emergere e divenire sentieri da percorrere: ed è proprio “Radici” a dare il nome al “Piccolo museo della natura”, uno spazio nuovo a Palermo, pensato per le nuove generazioni, ma non solo. Gli itinerari e i percorsi, infatti, tutti rivolti ai temi della biodiversità e dell’ambiente, sono frutto di un grande lavoro di ricerca che ha coinvolto illustratori, musicisti, artigiani e naturalmente esperti di geologia, botanica, scienze. Quattro donne palermitane individuano negli spazi della storica cartoleria De Magistris-Bellotti il luogo naturale del loro progetto e molti dei contenuti si rivelano al visitatore attraverso i 150 antichi cassetti che un tempo conservavano matite e compassi.
Un luogo prezioso alla memoria ha conservato la meraviglia da sempre suscitata, attraverso la rifunzionalizzazione degli arredi Ducrot – emblema del Liberty siciliano – e un lavoro di conservazione su molti dettagli, a cura dell’architetto Lorenzo Lo Dato, con gli allestimenti di Mariangela Di Domenico. Il risultato è un percorso evocativo in cui tutto è segno di qualcos’altro, presentandosi come un rimando onirico eppure immediato e tangibile, in un intreccio costante tra poesia e scienza. L’ecosistema siciliano, mediterraneo e universale si rivela dal mondo sotterraneo a quello di sopra, dall’acqua all’aria, narrando di minerali, conchiglie, foglie e ruscelli, attraverso infografiche e attività esperienziali, come scomporre e ricostruire una mandorla ponendo delle piccole tessere trasparenti a favore di luce o entrare nella camera lavica, dove – accompagnati dal suono grave del contrabbasso, – si è accolti nella pancia di un vulcano. All’interno dei 250 metri quadrati di “Radici”, che propone nei suoi spazi anche la caffetteria, il bookshop, un atelier per i laboratori e un’area espositiva, è possibile astrarsi nella notte e osservare le lucciole mentre si ascoltano delle poesie, respirare il profumo della terra bagnata, perdersi nel nuvolario, osservare una corteccia al microscopio o studiare un riccio in stampa 3D su tessuto.
Seppure talvolta mediata dalla tecnologia, in molti casi è il gesto della mano ad attivare esperienze, come comporre la tela di un ragno, attivare il cinguettio degli uccelli, modificare simbolicamente il paesaggio grazie alla “Sandbox”, che ricalibra la configurazione dello scenario a seconda della profondità e dello spostamento. “L’azione dell’uomo modifica il paesaggio – sottolinea Raffaella Quattrocchi, una delle quattro socie di “Radici” – e questo museo di comunità pone al centro di ogni sua parte l’importanza della sostenibilità, semplicemente ricordando ai visitatori, bambini o adulti, che di tutto questo siamo parte”.
Raffaella Quattrocchi, che ha sempre lavorato in ambito culturale prima alla Fondazione Buttitta e poi al Museo Riso di Palermo è stata per tanti anni una libraia specializzata per bambini e ragazzi, fino all’intuizione di “Radici” e al coinvolgimento delle colleghe, che hanno abbracciato l’idea con progettualità e determinazione, apportando naturalmente anche le proprie esperienze personali: Irene Mottareale con una formazione in management e marketing, si occupa da anni di sostegno alla genitorialità attraverso il supporto all’allattamento e corsi di massaggio neonatale; Caterina Strafalaci ha invece sempre lavorato nell’ambito dell’educazione ambientale e dell’orticoltura urbana, con particolare attenzione all’infanzia, affiancando spesso progetti di promozione sociale; Chicca Cosentino, ludotecaria ed educatrice socio pedagogica, è autrice di albi illustrati e spettacoli teatrali e si occupa da anni di progetti culturali per bambini.
“Sono stati in tanti a fare squadra con noi – continua Raffaella Quattrocchi – penso per esempio a Valentina Gottardi e Gaia Cairo con le loro illustrazioni originali pensate appositamente per gli spazi o Aurelio Ciaperoni con i suoi ritagli laser che hanno dato vita agli arredi. L’idea è quella di aprirci sempre più alle collaborazioni e agli scambi, oltre naturalmente attivare percorsi sociali virtuosi, a partire dall’accogliere qui al museo gli studenti delle scuole appartenenti ai quartieri più in difficoltà”.