L’integrità delle foreste pluviali è un fattore determinante per la conservazione della biodiversità. Al di là dell’estensione delle foreste stesse è infatti importante valutare quali di queste aree sono davvero intatte, ossia non soggette a disboscamento, costruzione di infrastrutture o attività di estrazione, e quindi idonee per la sopravvivenza delle specie che le abitano. Un gruppo di ricercatori e ricercatrici ha provato a rispondere a questa domanda: dai risultati dello studio, pubblicato su PNAS, è emerso che solo il 25% delle foreste pluviali abitate da animali vertebrati è davvero integro, nonostante il 90% degli areali delle specie prese in considerazione sia effettivamente coperto da foreste. Ossia, dai risultati emerge una forte sproporzione fra l’estensione delle foreste e la loro integrità.

Nel dettaglio, gli autori dello studio hanno valutato la disponibilità a livello globale di foreste pluviali tropicali strutturalmente intatte e indisturbate dalle attività antropiche per oltre 16.000 specie di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi. Per farlo hanno utilizzato due indicatori: lo Structural Condition Index (SCI) e il Forest Structural Integrity Index (FSII). Il primo è in sostanza una misura della copertura arborea di un certo areale, che tiene in considerazione anche l’altezza (e quindi indirettamente l’età) delle piante. Il secondo combina lo SCI con il cosiddetto Human Footprint, una misura della pressione antropica esercitata sulle aree naturali di tutta la Terra.

“Complessivamente, fino al 90% della copertura forestale rimane ancora all’interno degli areali di queste specie, ma solo il 25% è di alta qualità, un fattore critico per ridurre il rischio di estinzione – commenta James Watson, docente presso la School of The Environment dell’Università del Queensland (Australia) e co-autore dello studio – Sapevamo che le foreste pluviali ad alta integrità sono vitali per la biodiversità, ma nessuno aveva quantificato quanto limitati fossero diventati questi habitat chiave”.

Non solo, un risultato preoccupante emerso dalla ricerca è che l’impatto antropico riguarda soprattutto le specie già a rischio. Per esempio, solo il 9% delle foreste abitate da uccelli considerati a rischio di estinzione è risultato di elevata integrità, rispetto al 26% per quanto riguarda gli areali degli uccelli non minacciati. Analogamente, solo il 6% delle foreste abitate da anfibi con popolazioni in declino è risultato intatto, rispetto al 36% di quelle abitate da anfibi non a rischio.

“Il semplice fatto di avere una copertura forestale non è sufficiente se la complessità strutturale e il basso livello di disturbo umano necessari per la biodiversità vengono meno – conclude Rajeev Pillay, che ha coordinato lo studio ed è ricercatore presso il Natural Resources and Environmental Studies Institute dell’Università della Northern British Columbia (Canada) – Per proteggere le rimanenti foreste pluviali tropicali ad alta integrità è fondamentale un coordinamento globale per ridurre al minimo il disturbo umano, soprattutto nelle foreste non protette che rimangono vitali per la biodiversità”.