Le Alpi sono uno dei 24 hotspot di biodiversità vegetale in Europa: ospitano circa 4.500 specie di piante, scopriamo come visitarle senza comprometterne l’ambiente.
Le piante
Saxifraga: molte specie di questo genere che crescono sulle Alpi sono endemiche e a protezione assoluta
Poa alpina: pianta spontanea dei pascoli in quota, è una delle erbe preferite dalle mucche
Artemisia genepì: inconfondibile per l’aroma e per la concentrazione di principi attivi officinali
Ranunculus glacialis: è una specie che tocca il cielo crescendo fino a quasi 3000 metri di quota
Rododendro ferrugineo: o rosa delle Alpi è una specie endemica e relitto preglaciale
Trifoglio alpino: la pianta che produce il classico “profumo di montagna”
Stella alpina: fiore emblematico è a rischio estinzione per la raccolta indiscriminata
Larice: è l’unica conifera delle nostre montagne che perde le foglie in autunno
Asplenio ibrido: è una delle specie protette dalla direttiva europea Habitat
Aconito napello: è presente solo sull’arco alpino tra Piemonte, Lombardia e Trentino Alto-Adige.
Le regole
Quel mazzolin di fiori non viene dalla montagna: è la regola numero uno, mai raccogliere le piante in montagna dove molte specie, come la sassifraga sulle Alpi, sono a protezione assoluta. Estirparle dal proprio ambiente è un reato.
La coperta non deve soffocare la flora : i prati sono spesso il luogo migliore per un pic-nic ma prima di distendere a terra la coperta bisognerebbe verificare che non ci siano concentrazioni di piante spontanee perché sarebbero riservate agli animali da pascolo.
Per il genepì rivolgersi in enoteca: la raccolta indiscriminata di Artemisia genipi, la pianta da cui si ricava un celebre liquore dai colori verdognoli, diventa sempre più rara sulle Alpi. A valle ci sono sempre sia enoteche che produttori dai quali si può acquistare il prodotto in bottiglia.
Passo sicuro e occhi aperti: l’altitudine può giocare brutti scherzi. A quasi tremila metri di quota bisogna tenere gli occhi aperti, per non scivolare e per non calpestare, anche per sbaglio, alcune delle rarità vegetali che crescono a questa quota come Ranunculus glacialis.
Non ravanare tra i rododendri – Persino nelle relazioni tecniche di alcune passeggiate a volte è richiesto di “ravanare”, ovvero aprirsi un passaggio, tra i cespugli di rododendro. Si può fare ma non è necessario il machete o il decespugliatore: le foglie sono parte del menù dell’animale simbolo delle Alpi, lo stambecco.
I trifogli non portano fortuna: come per i quadrifogli, raccoglierli è del tutto inutile ed è anche dannoso perché sono tra le piante che proteggono gli ambienti alpini dai fenomeni di erosione del suolo.
Non ci sono spiagge. Per cimentarsi con i castelli di sabbia ci sono quasi ottomila chilometri di coste: scavare una buca in un ambiente alpino come un ghiaione significa alterare, anche in minima parte, un equilibrio che si è formato in milioni di anni e oggi ospita specie fragili come la stella alpina.
Pit-stop lontano dagli alberi: Durante passeggiate più lunghe, o i trekking, le pause tecniche per i bisogni sono fisiologiche. Il bosco offre la privacy richiesta ma l’urina, dalla cui diluizione si deriva un concime naturale, ha un effetto corrosivo sulle radici degli alberi come, per esempio, il larice.
Rimanere sui sentieri segnalati: avventurarsi fuori percorso è pericoloso. Le scorciatoie non sempre riportano sull’itinerario e si rischia di finire su un costone roccioso dove, oltre alle vertigini, cresce l’asplenio ibrido, una felce acrobatica delle Alpi che vive aggrappata alle falesie.
Cani al guinzaglio: l’amico a quattro zampe, se lasciato libero durante un’escursione, può essere aggredito da cani pastore che presidiano i pascoli o ingerire, per sbaglio, una pianta bella ma molto velenosa (mortale anche per l’uomo) come l’aconito.