E pensare che è cominciato tutto con una fregatura presa online. Sami Marttinen qualche anno fa tentò di acquistare uno smartphone usato. Lo trovò in un negozio digitale statunitense, pagò ma il telefono non venne mai spedito. Per sua fortuna, vien da dire. Perché se avesse ricevuto quel che aveva comprato non avrebbe avuto l’idea di fondare, assieme a Jiri Heinonen, Swappie. Oggi la startup finlandese è in cima alla graduatoria annuale del Financial Times, “Europe’s Fastest Growing Companies”, grazie alla crescita del 477%. Il tutto vendendo iPhone ricondizionati e garantendone la qualità come pochi altri hanno evidentemente saputo fare. “È vero, siamo in testa alla classifica. Ma forse quel che importa davvero è che il podio sia stato conquistato per la prima volta da un’azienda legata all’economia circolare”, spiega lui stesso con tono pacato in collegamento da Helsinki.
Nato 31 anni fa in Finlandia, Marttinen ha cominciato a fondare compagnie quando ne aveva 15 e ha continuato, a volte inciampando, prima di dare vita a Swappie nel 2016. Presente in 24 Paesi europei, Italia compresa che è attualmente il primo mercato, ha da poco superato il milione di clienti diventando il punto di riferimento dei telefoni ricondizionati. La valutazione non è ancora pubblica, ma siamo probabilmente attorno al miliardo di euro.
Ha un sistema di controllo dei dispositivi con 52 diversi passaggi per avere un quadro esatto della situazione. Li ripara, se è necessario, e li vende con un anno di garanzia. I prezzi variano secondo le condizioni, da accettabile a buono fino ad eccellente, e sono ovviamente inferiori al nuovo.
“Gli smartphone di seconda mano rappresentando appena il 10% del mercato, come accadeva nel settore delle automobili negli anni Novanta“, racconta l’amministratore delegato di Swappie. “Se però guardiamo ai dati odierni le macchine usate sono la metà di quelle acquistate. Credo che accadrà la stessa cosa per i telefoni, specie se di fascia alta. Ormai si evolvono poco dal punto di vista tecnologico, le vendite non aumentano più come prima e i prezzi continuano a crescere. I motivi per comprarne uno nuovo sono sempre meno”.
Gran parte delle emissioni di gas serra generate dagli smartphone, circa l’84%, sono legate alla fase della costruzione e distribuzione. Basti pensare che per un telefono bisogna raccogliere e processare 200 chili di materiali rocciosi che contengono i metalli necessari. E solo il 17% degli smartphone gettati via viene riciclato. Dall’altra parte abbiamo il sospetto che negli ultimi anni la pratica discutibile dell’obsolescenza programmata, dispositivi che fatalmente dopo un lasso di tempo relativamente breve iniziano a funzionare male spingendo all’acquisto di un modello nuovo, sia sempre più diffusa. Abbiamo anche la certezza della progressiva eliminazione dell’espandibilità degli smartphone, iniziando dalla scomparsa della porta per le schede di memoria, che mina ancor più la loro durata.
Obsolescenza programmata, ecco cos’è l’indice di riparabilità
In Francia hanno introdotto a gennaio del 2021 l’indice di riparabilità, che ora l’Unione europea vorrebbe adottare in pianta stabile. Un punteggio da uno a dieci che indica quanto un singolo dispositivo sia facile da aggiustare e quindi possa svolgere la sua funzione di più a lungo senza la necessità di esser sostituito in blocco. È parte di una strategia contro lo spreco e per sostenere l’economia circolare. Si punta a scardinare l’attuale sistema dove si produce per gettare dopo un uso sempre più breve. Una tendenza che alcuni grandi colossi della tecnologia, anche se non tutti, hanno capito di non poter più ignorare. Iniziando dai primi passi, timidi, fatti di recente da Apple e Google.
“In qualche modo siamo stati fortunati, arrivando al momento giusto”, prosegue Sami Marttinen. “Se avessimo cominciato nel 2010 non avremmo potuto contare su un mercato così vasto e stabile. Prima gli smartphone cambiavano molto da un anno all’altro e sarebbe stato più difficile mettere in piedi un’infrastruttura tanto efficiente per il controllo e le riparazioni. Ma se dovesse accadere in futuro di vedere un’evoluzione radicale, su volumi ormai così vasti sappiamo che richiede tempo prima che nuove tecnologie diventino di massa e quindi lo spazio per i modelli di vecchia generazione resterebbe. Ma al di là di questo, il punto fondamentale è la fiducia dei clienti e la nostra affidabilità. Swappie si basa su tali elementi oltre alla filosofia di fondo: ovvero contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici e favorire un consumo più sostenibile“.
Attualmente Swappie ha più di mille dipendenti. Lo scorso anno era invece a quota 400, l’anno prima a 200, mentre nel 2019 erano in 56. Quando chiediamo a Sami Marttinen quale sia stato il momento più difficile, prima di raccontare di un investitore che all’ultimo si è tirato indietro all’inizio della pandemia ma fortunatamente è stato sostituito da un altro in 24 ore alle stesse condizioni, cita una serie di casi nei quali non è riuscito a motivare o a comprendere persone che hanno deciso di lasciare la compagnia. Siamo alle dichiarazioni, non abbiamo modo di verificare i singoli episodi, resta però il fatto che per questa azienda una crescita sostenibile vuol dire in primo luogo un ambiente di lavoro sano dove si cerca di valorizzare gli individui.
“C’è sicuramente un mercato oltre gli iPhone e al di là dei modelli più costosi”, conclude Marttinen. “Ma per costruire la fiducia con i nostri clienti dovevamo esser certi di quel che vendevamo e per farlo era necessario concentrarci su una singola tipologia. È più facile costruire l’intera infrastruttura partendo da un’unica marca, dal controllo alla riparazione, all’automazione dei processi fino alla vendita. Nel prossimo futuro apriremo in altri Paesi, mentre a lungo termine potremmo considerare anche altre tipologie di apparecchi al di là dei telefoni. Troppe cose vengono buttate quando invece potrebbero continuare a funzionare una volta riparate“.
Non è l’unico a pensarla così. Oltre ai servizi di smartphone ricondizionati, o refurbished che dir si voglia, ne sono nati diversi in altri campi. Segno che il consumo a tutti i costi dell’ultima novità vera o presunta sta passando di moda. Viene in mente ad esempio l’italiana Tuvalum, specializzata in biciclette, che ha cominciato dallo stesso presupposto di Swappie: l’assenza di un sito che potesse garantire al 100% la qualità delle bici di seconda mano. E visto che non c’era, lo hanno creato.