Come replica il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica alla sentenza della Corte Costituzionale che la settimana scorsa ha bocciato il cosiddetto “decreto Priolo”, dichiarando illegittima la sua applicazione per un periodo superiore ai 36 mesi, senza che nel frattempo si provveda al risanamento ambientale? La risposta del Mase sulla vicenda del depuratore che tratta i reflui del polo petrolchimico di Priolo si è fatta attendere ma, sollecitata da Green&Blue, è infine arrivata. La nota del dicastero guidato da Gilberto Pichetto Fratin si apre rivendicando il via libera della suprema Corte al provvedimento governativo nel suo complesso: “La sentenza della Consulta sul depuratore consortile del polo petrolchimico di Priolo conferma che l’azione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per la risoluzione delle criticità ambientali dell’area, risulta, sotto il profilo giuridico e tecnico, coerente con gli obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute, previsti dagli articoli 9 e 41 della Costituzione”. E questo perché “la Corte Costituzionale ha giudicato legittime le misure governative che consentono la prosecuzione di attività produttive di interesse strategico nazionale”.
Tuttavia il ministero riconosce che “la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’articolo 6 del decreto-legge n.2 del 2023, nella parte in cui non ha previsto il termine di trentasei mesi per l’operatività delle misure di bilanciamento individuate dal governo”. Ed qui che la nota sembra dire che è comunque tutto risolto, quasi contestando la sentenza della Corte Costituzionale: “Tale termine (i 36 mesi, ndr) è tuttavia indicato nel decreto ministeriale del 12 settembre 2023, emanato dal MIMIT e dal MASE, in linea dunque con la decisione della Corte. Lo stesso termine di trentasei mesi è peraltro prescritto dai provvedimenti di riesame delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA), recentemente rilasciati per l’esercizio delle installazioni Isab di Priolo.
Dunque la Consulta ha preso un abbaglio nel valutare il “decreto Priolo” poi convertito in legge? Non è semplice districarsi tra sentenze, leggi e decreti interministeriali. Ma Paolo Tuttoilmondo è l’avvocato che per Legambiente ha seguito la vicenda: “Il governo non la racconta giusta, tralasciando di riferire alcuni decisivi passaggi della pronuncia della Consulta che alimentano dubbi sulla legittimità delle misure governative di bilanciamento”, dice il legale dell’associazione. “La sentenza infatti ha anche chiarito che le misure di bilanciamento governative (dettate con decreto interministeriale) costituiscono un ‘atto amministrativo’ e pertanto devono essere conformi alle leggi sovraordinate. Dalla natura amministrativa dell’atto discende inoltre la sua soggezione agli ordinari controlli da parte della magistratura”. Il decreto interministeriale del 12 settembre 2023 appare viziato da numerosi profili di illegittimità”, continua Tuttoilmondo. “In primis, per l’assenza di una “adeguata attività istruttoria” sotto il profilo tecnico-scientifico, compiuta a monte della elaborazione delle misure contenute nel decreto. E non si rileva nemmeno traccia di quel necessario coinvolgimento attivo delle autorità locali (a partire dai Comuni) e dei cittadini in applicazione del principio della loro partecipazione effettiva al processo decisionale in materia ambientale. Manca infine l’indicazione delle modalità di monitoraggio ambientale e di sanzioni in caso di violazione delle misure di supposto bilanciamento”.
Viste le posizioni in campo, con entrambi i ministeri coinvolti (oltre al Mase quello delle Imprese e del Made in Italy) che non ritengono di dover apportare modifiche alle norme esistenti, cosa accadrà ora? “Il Gip di Siracusa che aveva disposto il sequestro dell’impianto, se convinto dell’illegittimità del decreto interministeriale, potrà procedere alla sua disapplicazione negando la prosecuzione dei conferimenti industriali all’impianto stesso, oppure dettando prescrizioni volte a bilanciare tutela della vita umana ed esigenze di continuità delle imprese”, risponde Tuttoilmondo. Ma in entrambi i casi, il provvedimento del Gip potrà essere impugnato dal governo davanti al Tribunale di Roma, prolungando il braccio di ferro tra magistrati ed esecutivo. E i danni alla salute e all’ambiente intorno a Priolo.