Nel profondo gelo della Siberia, chiusi in una stazione di benzina dove c’è il wi-fi, finalmente Stefano Gregoretti e Dino Lanzaretti riescono a rispondere al telefono. Fuori ci sono -58 gradi. “Speriamo che nessuno apra la porta”, scherza Stefano. Questi due italiani, super atleti, avventurieri e ciclisti, sono partiti dall’aeroporto di Milano il 7 gennaio per una spedizione davvero unica: si chiama “Siberia 105” perché nel giro di pochi mesi potrebbero passare da una temperatura di -67 gradi a una di +38 °C.
Una differenza termica incredibile vissuta attraverso un viaggio tutto eco e slow: si muovono pedalando per migliaia di chilometri sulle loro biciclette speciali e, quando i ghiacci cominceranno a sciogliersi, attraverseranno fiumi e corsi d’acqua per oltre 750 chilometri persino in Sup, lo stand up paddle tanto di moda sulle spiagge italiane.
Hanno un obiettivo in testa, i due esploratori: osservare e raccontare la Siberia e i cambiamenti climatici in questa che è una delle terre al mondo dove sono più visibili gli effetti del riscaldamento che sconvolge il Pianeta. L’Artico, dove i ghiacci si stanno sciogliendo a velocità doppia rispetto alle medie globali, sta mutando, offrendo scenari sempre più opposti. Dal freddo dell’inverno che può sfiorare i -70 °C sino a temperature che, come registrato nel 2020, arrivano a toccare lo strabiliante record di +38 gradi, come avvenuto a Verkhoyansk.
La Siberia, soprattutto in Yakutia, nelle ultime estati è stata teatro di incendi e soltanto nel 2021 sono bruciati oltre 13 milioni di ettari di foreste della taiga, distruggendo un paesaggio e un ecosistema unico. Non solo: questa zona del mondo è anche osservata speciale per lo scioglimento del permafrost che porta al rilascio di metano, gas serra molto più impattante della CO2.
“Eppure – dice Stefano Gregoretti mentre riprende fiato in una stazione sulla Kolyma road, la famosa ‘strada delle ossa’ siberiana – le persone qui sembrano non interessarsi al problema della crisi climatica. Pensano solo a sopravvivere. È particolare: vivono in uno dei luoghi dove la crisi si fa più sentire, ma sembrano non curarsene. Ci hanno accolto alcuni allevatori di renne: dentro le case le stufe sono ancora a carbone e qui non esiste alcuna forma di attenzione alle emissioni, per esempio”.
Gregoretti e Lorenzetti non sanno quanto durerà il loro viaggio. Il tragitto che vogliono percorrere, circa 1.200 chilometri, va dal villaggio con il record di freddo, Ojmjakon, a quello con il primato di caldo, Verkhoyansk. Per compierlo si muoveranno in totale autonomia. “Alcuni giorni – spiega Stefano – magari fai appena 20 chilometri, come c’è capitato per un guasto alla bici, altri invece ne pedali ottanta. Non possiamo fare calcoli su quando arriveremo. Quello che dobbiamo garantirci è di riuscire ad affrontare il freddo”.
Dormono in tenda e con loro trasportano una stufa in titanio di 1,5 chilogrammi. “Ci permette di stare a -38 nella tenda. So che sembra assurdo, ma rispetto ai -58 che ci sono fuori quando entriamo pare di stare in un rifugio di montagna”, dicono. Alcune strade non sanno ancora se potranno percorrerle, dato che vengono costruite solo di inverno a seconda delle condizioni. “Sappiamo solo che affronteremo per molto tempo le foreste. La cosa più importante del nostro viaggio non è arrivare ma incontrare persone, capire come intendono la loro terra”.
Il viaggio è iniziato da poco ma Stefano ricorda che “i cambiamenti climatici oggi sono sotto gli occhi di tutti e non c’è bisogno di venire fin qua per rendersene conto: basta guardare la velocità con cui si sta ritirando il ghiacciaio della Marmolada in Italia, per esempio. Qui, però, se si scioglie il permafrost, è un guaio per il Pianeta. Per ora ci sconvolge il fatto che non sembra essere un problema sentito dalla popolazione locale, ma forse nella stagione degli incendi si capirà meglio cosa significa per loro il riscaldamento globale”.
Quello che stanno notando finora pedalando tra bianche strade “infinite, con pochi animali e quasi nessuno in giro” è “la spiritualità che si respira nei confronti della natura. Lungo le strade si sente lo sciamanesimo, spesso vediamo offerte di dolci e pane agli spiriti della foresta, in segno di rispetto”. In altri casi sono invece sono loro l’oggetto delle attenzioni dei siberiani: “Quando vedono questi due pazzi in bicicletta sono curiosi e capita di scattare qualche foto insieme”.
Alla fine, dopo essersi rifocillati al caldo di una stazione di servizio, Dino e Stefano riprendono il loro cammino, certi di poter sensibilizzare le persone sui cambiamenti climatici e pedalando con una convinzione in testa: “Nessun animale in Natura distruggerebbe il proprio habitat, la nostra specie lo sta facendo, ma siamo assolutamente sicuri che non se ne stia rendendo conto”.