Ha sviluppato un cervello intelligente per le batterie al litio (e non solo). Lo ha chiamato Eve-AI. Ha creato un’impresa e l’ha fatto negli Stati Uniti. E ora fattura, annuncia round e sogna di rientrare in Italia. Fabrizio Martini, 36 anni, nel 2015 a Boston ha lanciato Electra Vehicles Inc., azienda che unisce dati, machine learning, intelligenza artificiale ed elettrificazione. Ha appena chiuso un round di 21 milioni di dollari, capitanato da United Ventures, veicolo di venture capital basato a Milano, insieme ad altri investitori. Quasi tutti italiani.

“Abbiamo sviluppato dei software che, grazie all’analisi dei dati a 360 gradi, possono aumentare la durata, la vita e la sicurezza delle batterie al litio. Ora li vendiamo in licenza nel campo dell’automotive (ma potremmo spaziare anche in altri campi). Diamo in pasto alle reti neurali dati che provengono dalla batteria, dal guidatore e dal suo stile di guida, dal tipo di veicolo e dall’ambiente. Il risultato? Possiamo migliorare la performance di ogni singola batteria del 28 per cento, farla durare anche 14-15 anni anziché i 6-7 che compongono il ciclo di vita attuale delle batterie. E prevedere i possibili danni con tre mesi di anticipo”. Figlio di imprenditori, appassionato di motoGP e auto, Martini a Boston si muove solo in bicicletta. Ha una laurea triennale al Politecnico di Milano: Dinamica dei veicoli. A 21 anni è già all’estero per un dottorato in batteria ed energy storage alla Northeastern University di Boston. Poi l’università lo introduce nel mondo del lavoro. A 22 anni sviluppa batterie innovative per il governo americano: prima per il dipartimento di Energia, poi per quello della Difesa. A 23 anni, gli Stati Uniti gli danno 5 milioni di dollari per realizzare le batterie e gli chiedono in cambio di far vedere i risultati dei suoi studi nel deserto, a Houston e a Cape Canaveral. Da qui il progetto di Fabrizio Martini arriva alla Nasa. “Stavano lavorando all’esplorazione di Venere tramite droni elettrici e mi hanno chiesto di trovare la batteria ideale per quell’ambiente. Per quel progetto ho sviluppato un software. Passati gli anni, ho richiesto alla Nasa il brevetto per fare un’impresa. “Sì, a patto che rimani negli Stati Uniti per quattro anni”. Così ho investito tutti i miei risparmi, 65mila dollari, e sono partito. Poi lo Stato del Massachusetts mi ha dato un grant di 300mila dollari, Amazon Web Service me ne ha dati altri 150mila. Le aziende avevano tanti dati e non sapevano cosa farne. Noi ci offrivamo di guardarli, analizzarli e dare poi loro un sacco di informazioni utili. Abbiamo iniziato a fatturare da subito”.

Due anni fa Fabrizio, che guida un team di 50 persone e fattura 10 milioni di dollari all’anno, ha aperto una sede in Europa. Sceglie Torino. Al nuovo round, annunciato il 22 febbraio 2023, hanno partecipato anche Stellantis Ventures e precedenti investitori che hanno riconfermato l’interesse, come LIFTT e il Club degli investitori. Tra questi anche BlackBerry Limited. “Oggi prevediamo di assumere altre 50 persone tra l’Italia e gli Usa. Vogliamo portare le nostre tecnologie sui veicoli e chiudere contratti commerciali con le case automobilistiche. Nel mio percorso ho incontrato persone con la voglia di migliorare la propria vita e quella degli altri e desiderare un futuro migliore per quelli che verranno dopo. Questo ha fatto la differenza per me. Oggi sono cittadino americano, ma sto valutando di rientrare in Italia. Bisognerebbe però fare due cose nel nostro Paese: raddoppiare gli investimenti in tecnologie previsti nei prossimi anni e spingere i più giovani a preferire le startup alle grandi aziende. Ora come ora, facciamo fatica ad assumere i ragazzi italiani”