L’azione degli stati membri dell’Ue per mitigare le emissioni climalteranti non è sufficiente a conseguire gli obiettivi dell’Unione Europea in materia di protezione del clima e l’Italia è tra i Paesi con i risultati peggiori. E’ quanto emerge dall’ultimo studio di Transport&Environment, l’organizzazione ambientalista indipendente europea. Senza un’azione immediata, dodici Paesi dell’Ue non conseguiranno gli obiettivi climatici nazionali previsti dall’Effort Sharing Regulation (Esr), mentre altri sette rischiano di non raggiungere la piena compliance – rivela l’analisi – Germania e Italia sono i due Paesi con i risultati peggiori in termini assoluti, mentre la Francia raggiungerà l’obiettivo ma con un margine molto stretto, tanto che qualsiasi passo indietro nelle politiche, o un inverno molto freddo che spinga ad aumentare il consumo di energia, potrebbero mettere a rischio il conseguimento dei suoi obiettivi.
“C’è ancora tempo per correggere le politiche governative e raggiungere gli obiettivi al 2030 – commenta T&E – ma serve maggiore impegno”. Lo studio presentato oggi evidenzia come Germania e Italia mancheranno i loro obiettivi climatici con uno scarto sostanziale (rispettivamente 10 e 7,7 punti percentuali). Di conseguenza, potrebbero consumare tutto il surplus di crediti disponibili per gli altri Paesi. La Germania da sola avrà bisogno del 70% dei crediti disponibili. Gli altri Paesi non conformi con gli obiettivi di riduzione delle emissioni si ritroveranno senza crediti da acquistare. Una situazione, questa, che potrebbe dare adito a contenziosi legali. Sempre secondo lo studio, l’Italia potrebbe pagare 15,5 mld di euro.
Se le quote dovessero essere scambiate a 129 euro (il prezzo del carbonio previsto da Bloomberg nei settori Ets al 2030), l’Italia, con un deficit di 120 milioni di crediti, dovrà pagare 15,5 miliardi di euro ai Paesi che avranno accumulato crediti di emissione. La Germania potrebbe fare anche peggio, accumulando un debito di 16,2 miliardi. Ma i due Paesi possono ancora raggiungere i loro obiettivi, implementando nuove misure per aumentare la diffusione di veicoli elettrici, aumentare l’efficienza nel settore residenziale e altro ancora. I Paesi che non raggiungono gli obiettivi possono acquistare crediti da quelli che li raggiungono. Il prezzo dei crediti viene deciso bilateralmente tra i Paesi. Ma T&E avverte che, senza un’azione immediata, ci sarà una scarsità di crediti, dovuta al fatto che saranno troppi i Paesi che falliranno nel ridurre le loro emissioni in linea con i target assegnati su base nazionale. Questo potrebbe portare, nel 2030, a un’asta al rialzo per i crediti, con conseguente aumento dei prezzi.
Andrea Boraschi, direttore dell’ufficio italiano di T&E, spiega: “L’ammontare delle sanzioni che i Paesi potrebbero dover pagare nel 2030 è impressionante. Gli stati membri si trovano di fronte a una scelta chiara: pagare miliardi per il loro debito di carbonio o implementare nuove politiche, che migliorino la vita dei loro cittadini e li proteggano dalle conseguenze del cambiamento climatico. Ci sono ancora sei anni per correggere la rotta. Chiediamo alla nuova Commissione di riunire un gruppo d’azione, in cui vengano proposte misure come gli obiettivi di elettrificazione a livello europeo per le auto aziendali e in cui i Paesi ritardatari ricevano le indicazioni necessarie”.
I Paesi che secondo lo studio di T&E stanno ottenendo i migliori risultati in termini assoluti, quindi con il maggior surplus di crediti, sono la Spagna, la Grecia e la Polonia. La Spagna potrebbe superare di 7 punti percentuali il suo obiettivo per il 2030. Se così fosse, il governo spagnolo, scambiando i suoi crediti di emissione, riceverebbe 10 miliardi circa dai Paesi che non sono in regola. I piani presentati da Francia, Paesi Bassi e Belgio sono appena sufficienti per raggiungere il loro obiettivo, ma qualsiasi passo indietro nelle politiche rischierebbe di far arretrare anche questi stati tra quelli inadempienti, avverte T&E. “La cosa più preoccupante che emerge dalla nostra analisi – ha concluso Boraschi – è che la Germania e l’Italia si accingono a divorare tutti i crediti disponibili nell’Ue. Questo avrà ricadute economiche molto concrete; per l’Italia sarebbe un colpo durissimo, vista la precarietà delle nostre finanze e l’enorme debito pubblico”.
Secondo T&E, il Pniec (Piano Nazionale per l’Energia e il Clima) italiano, rispetto alla prima formulazione presentata alla Commissione, ha bisogno di radicali revisioni e in particolare di politiche stabili per accelerare l’elettrificazione dei trasporti su strada, a partire dalle auto aziendali; di un meccanismo di credito per l’elettricità rinnovabile nei trasporti; di un taglio radicale ai 22,5 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi, che l’Italia ancora elargisce alterando i prezzi di mercato a favore delle tecnologie fossili. In base all’Esr, gli stati membri devono raggiungere gli obiettivi climatici per cinque settori chiave: trasporti stradali, edifici, piccola industria, rifiuti e agricoltura. Gli obiettivi sono stati definiti in base al Pil del Paese, con i Paesi più ricchi che devono raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni più elevati. L’obiettivo generale per l’Ue è di -40% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005) in tutti e cinque i settori. I Paesi devono presentare i Piani Nazionali per l’Energia e il Clima che illustrano come intendono raggiungere l’obiettivo entro il 30 giugno. T&E ha analizzato le bozze dei Pniec e le proiezioni più recenti per calcolare le riduzioni potenziali delle emissioni di tutti i 27 Paesi dell’Ue. Aggregando i piani nazionali presentati dai Paesi, si prevede che le emissioni nei settori Esr diminuiranno solo del 35,5% nel 2030 (rispetto al 2005). Si tratta di 4,5 punti percentuali in meno rispetto all’obiettivo Ue del -40%.