La superficie del nostro pianeta è tutt’altro che immutabile. E non servono eventi catastrofici o tempi geologici per vedere questi cambiamenti in azione: ogni anno, infatti, il suolo su cui sorgono moltissime città si abbassa di diversi millimetri, a volte centimetri, per effetto di attività umane come il prelievo di acque sotterranee, del peso dei palazzi, e di fenomeni naturali di vario tipo. Viene definita subsidenza, un fenomeno che aumenta il rischio di inondazioni in molte aree costiere. E di cui un nuovo studio pubblicato su Science aiuta a mettere in prospettiva la portata: ai ritmi attuali, entro il prossimo secolo tra il 22 e il 26% delle aree costiere cinesi verrà infatti a trovarsi al di sotto del livello del mare, con tutti i rischi che questo comporta.
La Cina è un Paese che ha visto una delle più rapide urbanizzazioni nella storia umana, e di conseguenza in questi anni sta sperimentando un altrettanto importante e rapido aumento dei fenomeni di subsidenza in moltissime aree. Per mappare i rischi un team di scienziati cinesi ha utilizzato i dati raccolti dalla missione Sentinel 1 del programma Copernico, e una tecnica nota come Interferometric Synthetic Aperture Radar (InSAR) con cui è possibile individuare variazioni anche minime dell’elevazione del suolo. I dati raccolti tra il 2015 e il 2022 hanno permesso ai ricercatori di valutare con precisione millimetrica i fenomeni di subsidenza che stanno interessando 82 delle principali città della Cina, concludendo che il 45% di questi centri urbani si sta abbassando ad un ritmo di oltre 3 millimetri l’anno. E che nel 16% la subsidenza procede addirittura a ritmi superiori al centimetro.
Proiettando i risultati nell’arco del prossimo secolo, i ricercatori ritengono che circa un quarto delle coste del paese si troverà al di sotto del livello del mare, e che saranno quindi necessari imponenti misure di protezione per mitigare i rischi derivanti dalle inondazioni. A meno di investire subito, e in modo altrettanto imponente, in azioni che prevengano la subsidenza delle aree urbane costiere, lavorando sulle determinanti antropiche del problema, e in particolare sul peso degli edifici e sull’estrazione di acque di falda per usi civili e industriali. La ricerca fornisce quindi dati preziosi per le autorità cinesi. Ma soprattutto, dimostra l’efficacia di strumenti come l’InSar per la mappatura dei rischi legati alla subsidenza. Qualcosa che a detta di Robert Nicholls, professore di Climate Adaptation dell’University of Est Anglia, e del collega Manoochehr Shirzaei della Virginia Tech, dovrebbe aprire gli occhi sulla necessità di un cambio di passo nella gestione del rischio derivante dalla subsidenza. “Una delle principali sfide ora sarà passare dal misurare la subsidenza a pensare in modo sistematico alle sue implicazioni”, scrivono a proposito i due esperti in un editoriale pubblicato sulle stesso numero di Science che ospita la ricerca. “Idealmente, questo dovrebbe guidare azioni strategiche immediate e di lungo termine, analoghe a quelle che stanno emergendo per le aree costiere messe a rischio dall’innalzamento dei mari”.