Erica Pozzi, 35 anni, vive a Val Seriana (in provincia di Bergamo), ama il mondo delle erbe selvatiche nelle loro molteplici proprietà e tutela il loro habitat: nella sua pagina Instagram Gli Orsini, racconta uno spaccato di natura alpina e prealpina poco conosciuto. “Sono nata in una zona urbana in provincia di Milano. – racconta Pozzi – Dopo la laurea in Scienze dell’educazione, con una tesi in educazione ambientale, ho deciso di trasferirmi nel centro Italia, dove ho vissuto alcuni anni in campagna. Una volta tornata al Nord, ho scelto di vivere tra le montagne e la città. Ho iniziato a raccogliere qualche specie di pianta selvatica in Umbria, circa dieci anni fa, ma al mio rientro in provincia di Bergamo è nata la passione vera e propria. In quel periodo ho avuto la fortuna di poter trascorrere da sola molto tempo nei boschi e nei prati e si è risvegliata la mia curiosità”.


Nella sua attività lavorativa, Erica Pozzi si occupa della raccolta conservativa di piante selvatiche ed è coinvolta in diversi progetti di educazione e divulgazione ambientale. “Collaboro – spiega Pozzi – con l’orto botanico di Bergamo, alcuni parchi naturali, una fattoria didattica e sono una guida ambientale escursionistica: organizzo corsi ed escursioni alla scoperta delle piante selvatiche di collina e montagna. Seguo anche la parte di trasformazione culinaria ed erboristica a livello didattico: organizzo corsi di cucina selvatica, infusi e tisane”..Il suo lavoro varia molto in base al meteo e alla stagione. “In primavera  – prosegue – se non ho attività o corsi, sono in raccolta a seconda di cosa cresce nei boschi e nei prati. A casa cerco di approfondire le trasformazioni, confrontandomi anche con colleghe e colleghi. Il periodo da febbraio a ottobre è quello più intenso, poi d’inverno mi riposo e penso ai progetti dell’anno successivo”.

Sui social Erica Pozzi spiega l’utilizzo di molte erbe, tra le quali l’aglio orsino. “È stata una delle prime piante che ho apprezzato nel mio viaggio alla scoperta di questo mondo. È un aglio selvatico da cui ha preso il nome il mio progetto. Si racconta che spunti quando gli orsi escono dal letargo e che lo mangino per depurarsi o che il bulbo ricordi i denti di un orso. Solitamente in primavera si raccolgono le foglie prima della fioritura e si usano per preparare pesti, aromatizzare alcuni cibi o come ripieno. È una pianta che bisogna conoscere particolarmente bene (questo vale per tutte le piante che vogliamo raccogliere, ma per alcune di più) perché ha diverse piante tossiche, alcune mortali, con cui si potrebbe confondere. Anche fiori e frutti sono commestibili, certo bisogna apprezzare l’aglio per apprezzare questa pianta. Il bulbo solitamente non si raccoglie, essendo una pianta perenne, se non la sradichiamo, ogni anno la troveremo dove l’abbiamo raccolta l’anno precedente. Le conifere sono piante stupende e il larice sicuramente è la mia preferita tra queste. Quelli che noi chiamiamo fiori (botanicamente non lo sono) possono essere raccolti (in modo consapevole e senza accanirsi troppo su una pianta), mangiati freschi, canditi, o messi a fermentare in salamoia”.

Nel suo profilo social Erica Pozzi racconta anche le storie legate alle piante.

Il mondo vegetale – continua Pozzi- è estremamente affascinante così come quello delle tradizioni popolari che lo riguardano. Sono due fili rossi intrecciati nel corso della nostra storia. L’umanità si è evoluta anche grazie agli usi che si facevano e si fanno delle piante, se pensiamo alla medicina ad esempio. Piante come la margherita, l’ortica e l’achillea sono state usate moltissimo in passato per l’alimentazione, le cure e per molti altri usi. Una piccola e data spesso per scontata pianta come la pratolina ha tante storie da raccontare. Le piante fanno cose incredibili tutti i giorni vicino ai nostri luoghi di lavoro e alle nostre case ma noi non ce ne accorgiamo.

Tra le sue attività, Erica Pozzi porta avanti anche il progetto Selvaggio alpino. “Nasce – racconta Pozzi- come progetto di ricerca e sperimentazione sull’alimentazione selvatica alpina in collaborazione con Chiara Silvia Cenedese, raccoglitrice e amica con cui abbiamo progettato questa esperienza. Il progetto vedrà quest’anno la sua seconda edizione. Io e Chiara trascorreremo alcuni giorni, quest’anno saranno due settimane, in ambiente alpino (a 1900m) e ci nutriremo per l’80% di risorse selvatiche che raccoglieremo giornalmente sul posto. Solitamente con ciò che raccogliamo sperimentiamo anche preparazioni erboristiche tradizionali e in generale durante quei giorni cerchiamo di vivere immerse nell’habitat che ci circonda. Il progetto è fonte di studio, ricerca e sperimentazione. Entrambe nelle nostre quotidianità viviamo immerse nella natura ma non riusciamo mai a sperimentarla in termini non-produttivi e solo come sostentamento quindi lo scorso anno ci siamo chieste: “cosa vuol dire davvero dipendere quotidianamento dall’habitat che ci circonda?” e quindi abbiamo iniziato a progettare a Selvaggio Alpino”.

Erica Pozzi esorta ad una raccolta consapevole delle piante selvatiche per preservare la nostra biodiversità. “In questo momento climatico – conclude Pozzi- la raccolta di piante selvatiche può essere un’attività molto rispettosa dell’ambiente ma anche molto dannosa. Dipende tutto da come la facciamo. È fondamentale avere un approccio conservativo, in termini di sicurezza per la nostra salute (raccogliamo solo ciò che conosciamo molto bene) e dal punto di vista ambientale: raccogliamo solo una parte delle foglie, dei fiori e dei frutti. Non sradichiamo se non ci servono le radici, non prendiamo le specie protette e non attingiamo dalle aree protette. Le piante devono potersi riprodurre ed essere fonte di cibo per altri animali. Le piante tossiche e velenose hanno un ruolo ecologico molto importante quindi non vanno assolutamente distrutte o eradicate. Noi non le useremo ma qualcun altro sì. È importante ragionare in termini di complessità ecologica e togliersi un po’ gli occhiali antropocentrici ma soprattutto è importante percepirsi come parte del tutto, anche noi siamo esseri viventi e dipendiamo dalla natura che abitiamo”.