Cosa ne sarà, alla luce dei risultati delle elezioni europee del 9 giugno, di quel pacchetto di leggi che vanno sotto il grande capitolo del Green Deal? È quello che si stanno chiedendo analisti politici, attivisti e soprattutto i cittadini. Perché se da una parte la transizione ecologica sembra difficile da fermare (anche da parte dell’industria europea), non c’è dubbio però che il rafforzamento dei conservatori potrebbe alleggerire lo slancio dell’agenda politica sulle politiche climatiche: dai trasporti alle energie alternative, dalla finanza green alla giustizia climatica, dall’agricoltura sostenibile alla sicurezza alimentare. Tutti settori con un impatto diretto sulla vita di milioni di cittadini europei con l’obiettivo di contrastare il cambiamento climatico. Per quanto le elezioni 2024 abbiano sostanzialmente confermato i rapporti di forza degli ultimi 5 anni (una maggioranza composta tra Partito Popolare Europeo, Partito socialista europeo e i liberali della Renew Europe), non c’è dubbio che in Europa ci sia stata l’avanzata dei partiti di destra che non hanno al centro della propria agenda politica le questioni ambientali e i diritti umani.
Green Deal, cosa succederà al Parlamento europeo?
Il fatto che la cosiddetta “ondata nera” non si sia tradotta in una maggioranza, visto che l’estrema destra non ha i numeri per governare da sola, non significa che il vento non sia cambiato e che l’Unione Europea potrebbe invertire la rotta della transizione ecologica. Ma cosa accadrà a Bruxelles adesso? Secondo gli analisti si confronteranno le due spinte che già abbiamo già visto in campagna elettorale. Entrambe chiederanno di modificare i contenuti del Green Deal, ma una spingerà per andare avanti, l’altra farà pressione perché si torni indietro oppure si blocchi. Il rischio, spiegano, è che per preservare la stabilità, si faccia poco o addirittura si lasci tutto così com’è. Ma per la sfida che abbiamo davanti, contro il cambiamento climatico, una situazione di stallo avrebbe effetti solo negativi. Non solo si fermerebbe la transizione verde, ma verrebbe meno quel rilancio, quella capacità di crescita sostenibile dell’economia più avanzata. L’equilibrio tra queste due spinte dipenderà dunque dalle alleanze e dalla rete che gli eurodeputati dei 27 Paesi sapranno creare perché non cali il buio sull’Agenda 2030.
Di fronte a tutto questo, abbiamo guardato tra i neoeletti e le neoelette nei vari schieramenti chi, in base alle loro esperienze politiche e professionali, si troveranno a portare in Europa le istanze del settore ambientale, dell’energia e della transizione verde. Per conto dell’Italia.
MATTEO RICCI (Pd)
Un’ex sindaco che ha condotto la sua campagna elettorale in bicicletta siede al Parlamento europeo. Con oltre 100mila preferenze (quasi 52mila solo nelle Marche) Matteo Ricci, 49 anni, per dieci, sindaco di Pesaro, è stato il terzo tra i più votati nella lista Pd della circoscrizione Italia centrale, dopo la segretaria Elly Schlein e Dario Nardella.
Con Antonio De Caro e Sergio Gori fa parte della piccola pattuglia di ex primi cittadini italiani ora eurodeputati eletti nel Gruppo dei Socialisti Democratici. Storie diverse, ma con un parametro comune: la ricerca di modelli e strategie per rendere le città più sostenibili. Passando ovviamente dalla mobilità, da cui dipende la gran parte delle emissioni. E per Matteo Ricci, rigenerazione urbana, significa soprattutto piste ciclabili. Pesaro infatti con il piano “Bicipolitana” (la rete di piste ciclabili colorate come le linee della metro) è la città insignita da più tempo delle cinque stelle FIAB Comuni Ciclabili, progetto per cui il centro urbano delle Marche ha anche vinto il premio “Città più a misura di Bici”. E se ci fossero ancora dubbi, il dossier che ha sostenuto la candidatura di Pesaro, ora proclamata Città della cultura 2024 è intitolato “Natura della cultura”. Anche la visione di Matteo Ricci in Europa sui temi ambientali è chiara: sostenibilità e energia devono essere affrontati in modo unitario. Si tratta di sfide globali su cui la Ue dovrebbe essere “sovrana”, libera da vincoli ideologici, federale.
Deputato, quanto porterà a Bruxelles della sua esperienza a Pesaro?
“Intanto voglio dire che Bicipolitana che abbiamo creato con Legambiente a Pesaro è già diventata un modello per altre città e mi piacerebbe venisse moltiplicato a livello europeo. Credo sia importante che a Bruxelles ci sia chi ha alle spalle una vita politica da primo cittadino e conosca bene quanto sia fondamentale il legame con il territorio e i cittadini. Che però non significa sovranismo. Tutt’altro, significa collaborazione. Perché quello ambientale, che resta uno dei temi fondamentali per l’Europa, è soprattutto una questione culturale. Bisogna far capire ai cittadini europei che tecnologia, natura e cultura sono tre elementi che si devono fondersi in un contesto in cui pubblico e privato condividano le scelte. Le giovani generazioni lo hanno compreso. Ora sta a noi spianare la strada dai problemi”.
Quali ad esempio?
“Innanzitutto, non dobbiamo interrompere i finanziamenti che arrivano da Bruxelles. Se vogliano davvero migliorare le nostre città, la sfida principale quando si andrà a discutere il nuovo Green Deal riguarderà il piano degli investimenti a sostegno della transizione ambientale e energetica. Perché energia e cambiamenti climatici sono strettamente connessi e bisogna consentire l’accesso all’energia pulita, sicura e a prezzi accessibili. Per tutti gli europei”.
Ma ci sono schieramenti che chiedono di rivedere, se non cancellare il Green Deal.
“Credo che nessuno creda davvero si possa tornare indietro, ad esempio rimettere in discussione gli obiettivi che la Ue ha stabilito e quantificato per il 2030 il 2050 sulle emissioni di gas a effetto serra. Anche chi, in campagna elettorale, si è schierato tra i ‘frenatori’ della sostenibilità, penso sia consapevole che il cambiamento climatico sia molto più veloce di quello che si immaginava. Almeno dopo il 2023 considerato come l’anno più caldo della storia. Noi democratici collaboreremo con chi spingerà perché il tema resti prioritario. Affrontandolo in maniera pragmatica, ovvio”.
In termini concreti, cosa significa?
“Le possibilità di contrastare il cambiamento climatico sono legate al Green Deal che va applicato correttamente. La crisi energetica ha velocizzato il passaggio alle rinnovabili, ma la transazione va sostenuta economicamente. Altrimenti avanzeranno i negazionisti e i populisti che hanno illuso i popoli europei, ingannandoli”.
La sua proposta?
“L’Europa sui temi, da cui dipendono la sicurezza e il benessere dei cittadini come la politica estera, la difesa, l’energia, l’emigrazione, il cambiamento climatico deve poter prendere decisioni unitarie. Non possono esserci risposte diverse, di sottovalutazione, insufficienti per affrontare le stesse sfide che poi sono globali. Ragioneremo con i Popolari e con chiunque abbia questo disegno in testa. Credo che nell’interesse dei cittadini sia ora di pensare ad un’Europa federale che affronti unita il tema del cambiamento climatico e della transizione energetica, come pure quello della sicurezza e l’emigrazione”.
Però resta sempre il sogno di vedere le città europee percorse dalle piste ciclabili
“La mobilità su due ruote migliora la qualità della vita nei centri urbani. Entro il 2030 si punta al raddoppio dei chilometri di piste ciclabili in tutta Europa. Sono convinto ci riusciremo e sarà un successo. Come a Pesaro”.