Tendiamo a dimenticarcelo, ma i dati ci riportano alla dura realtà. In un contesto geopolitico dove l’attenzione è tutta concentrata sulle guerre e sull’approvvigionamento energetico e dei minerali, mentre il neo presidente Usa Donald Trump sta smantellando ogni politica climatica, le analisi dei dati sugli impatti del surriscaldamento globale ci restituiscono una fotografia durissima di quanto accaduto negli ultimi mesi: solo da dicembre 2024 a febbraio 2025 si stima che 394 milioni di persone al mondo siano state esposte a un livello di calore pericoloso per la salute.
Anche se si affronta meno il tema, se si parla meno degli eventi meteo estremi che all’improvviso stravolgono vite e beni – come avvenuto di recente anche in Toscana ed Emilia Romagna con le alluvioni – la crisi climatica infatti continua a correre velocissima. Due nuovi rapporti ci restituiscono nel dettaglio quanto. Una nuova analisi di Climate Central spiega per esempio come in soli 3 mesi “almeno una persona su cinque nel mondo ha avvertito un’influenza significativa del cambiamento climatico ogni giorno da dicembre 2024 a febbraio 2025”. Significa che centinaia di milioni di cittadini hanno sperimentato i rischi sanitari legati per esempio alle ondate di calore o al cambiamento delle temperature, che avviene ovunque. In Italia per esempio negli ultimi tre mesi invernali i giorni con temperature anomale sono stati addirittura 24. Nel mondo 394milioni di persone sono state esposte invece ad almeno 30 giorni di caldo pericoloso: il 74% di queste vive in Africa, in assoluto fra le aree più impattate dal nuovo clima. Se si usa la lente di ingrandimento osservando dove la crisi climatica colpisce più duro si scopre che spesso è nelle città: in 287 centri urbani del mondo i residenti hanno “avvertito l’influenza del cambiamento climatico sulle temperature per almeno un mese” spiega il report. Questo ci ricorda che “il cambiamento climatico non è una minaccia lontana, ma una realtà presente per milioni di persone” spiega Kristina Dahl, vicepresidente Science at Climate Central, ricordando come questi impatti aumenteranno se continuiamo a bruciare combustibili fossili.
L’accelerazione della crisi climatica è poi ben analizzata soprattutto da un report appena pubblicato dalla World Metereological Organisation (WMO), lo “State of Climate 2024“. Per prima cosa ci dice che ormai le concentrazioni di CO2 sono ai livelli più alti degli ultimi 800mila anni: qualcosa di estremamente preoccupante per le dinamiche climatiche nonostante ci sia chi, come Donald Trump e il Doge (Dipartimento per l’efficienza governativa) guidato da Elon Musk, punti a smantellare gli uffici che monitorano la CO2 come quello di Mauna Loa alle Hawaii, nel tentativo di oscurare il problema.

A livello mondiale, per via delle concentrazioni di gas serra, ognuno degli ultimi dieci anni è stato singolarmente il più caldo mai registrato e ognuno degli ultimi otto ha stabilito nuovi record per il livello di calore degli oceani. A questi dati, sempre per restituirci una fotografia completa di ciò che sta accadendo, andrebbero aggiunti quelli sulla perdita di ghiaccio marino artico: i livelli più bassi si sono tutti verificati dal 2006 ad oggi. Altre cifre, testimoniano poi in maniera puntuale cosa è accaduto nel 2024, il più caldo di sempre. Ci sono stati almeno 151 eventi meteo estremi definibili come “senza precedenti”. E mentre nel mondo è ormai comprovato il fatto che il tasso di innalzamento del livello del mare è raddoppiato dall’inizio delle misurazioni satellitari, gli eventi estremi si sono susseguiti praticamente senza sosta. Questo ha portato lo scorso anno al più alto numero di nuovi sfollati dal 2008, si parla di 820mila persone allontanate da casa per questioni di sicurezza davanti al nuovo clima. Tutti questi, scrivono dal World Metereological Organisation, sono “chiari segnali del cambiamento climatico indotto dall’uomo”, con conseguenze irreversibili per centinaia se non migliaia di anni, sia in termini di vite che di economie. “Stiamo aumentando aumentando i rischi per le nostre vite, le nostre economie e per il Pianeta”, ha detto senza mezzi termini il segretario generale del WMO, Celeste Saulo. Nel ribadire come siamo ancora in tempo, con politiche mirate, a centrare gli obiettivi degli Accordi di Parigi – ovvero restare nei decenni sotto i +1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali – gli esperti annotano poi come negli ultimi anni oltre alla principale causa del riscaldamento, le emissioni antropiche, ci siano stati altri fattori determinanti che hanno portato a un 2024 da record.
Per esempio gli effetti del fenomeno naturale di El Niño, ma anche “cambiamenti nel ciclo solare”, oppure gli effetti di massicce eruzioni vulcaniche. Tra tutti i dati “forti” e talvolta insoliti per proporzione, i più spaventosi per i ricercatori restano quelli degli oceani. “I dati del 2024 mostrano che i nostri oceani hanno continuato a riscaldarsi e i livelli del mare hanno continuato a innalzarsi. Le parti ghiacciate della superficie terrestre, note come criosfera, si stanno sciogliendo a un ritmo allarmante: i ghiacciai continuano a ritirarsi e il ghiaccio marino antartico ha raggiunto la sua seconda estensione più bassa mai registrata. Nel frattempo, il meteo estremo continua ad avere conseguenze devastanti in tutto il mondo” ripete Saulo. Devastante, dice, perché cicloni tropicali, alluvioni, inondazioni e siccità sono sempre più potenti e al contempo impattanti per le persone, costrette a fuggire, così come tendono a “peggiorare le crisi alimentari e hanno causato ingenti perdite economiche”.
Anche per questo, esortando i leader mondiali a un cambio di rotta nelle politiche di decarbonizzazione, il WMO spiega che insieme alla comunità scientifica globale sta “intensificando gli sforzi per rafforzare i sistemi di allerta precoce e i servizi climatici per aiutare i decisori e la società in generale a essere più resilienti al meteo e al clima estremi. Stiamo facendo progressi, ma dobbiamo andare oltre e più velocemente. Solo la metà di tutti i Paesi del mondo ha sistemi di allerta precoce adeguati. Questo deve cambiare” dice Saulo. Infine, un dato che su tutti ci restituisce l’idea di come la crisi climatica amplifichi il divario sociale. Se pensiamo agli eventi climatici più drammatici dello scorso anno forse la mente tornerà alle alluvioni nel nostro Paese, oppure all’impatto molto raccontato dai media degli uragani Helene e Milton negli Stati Uniti. Eppure, uno degli eventi meteo più devastanti – quasi dimenticato – è stato il passaggio del ciclone tropicale Chido intensificato per potenza dal nuovo clima: solo in Mozambico, oltre a morte e distruzione, ha costretto oltre 100mila persone ad abbandonare la propria casa e le proprie certezze.