Si finisce per abituarsi a tutto, arrivando a percepire le emergenze come la nuova normalità. Le scene di vita quotidiana al tempo del cambiamento climatico raccontate da Extrapolations, serie pubblicata da Apple Tv+, appaiono molto familiari ma in un contesto che invece si è fatto straordinario. Siamo nel 2046, almeno nelle prime puntate, e il mondo sta cambiando sempre di più a forza di mezzi passi avanti e di troppe retromarce sul fonte delle emissioni di gas serra.
Extrapolations: la serie sul surriscaldamento climatico non è fantascienza
Non c’è la minaccia di un’estinzione di massa come in Don’t Look Up o The Day After Tomorrow, non c’è quindi una catastrofe improvvisa, solo il progressivo entrare in un’era dove gli incendi boschivi sono costanti, le metropoli avvolte da nubi arancioni, la carenza di acqua si è fatta endemica, le temperature miti al polo nord stanno sciogliendo quasi completamente il ghiaccio, le città costiere vengono allagate a causa dell’innalzamento del livello del mare. Si fa quel che si può per vivere in un contesto del genere, fra politiche contraddittorie, burocrazia ottusa, flussi migratori sempre maggiori dal sud e Conferenza Onu sul cambiamento climatico (Cop) che regolarmente finiscono con compromessi al ribasso.
C’è una storia di fondo nella serie che ogni tanto emerge con decisione nel corso delle varie puntate, anche se in primo piano sono state messe le vicende umane di alcuni personaggi alle prese con le difficoltà delle loro esistenze. Una biologa rimasta vedova, ad esempio, che tenta raccogliere più dati possibili sulle specie in estinzione; oppure un rabbino giovane e visionario che finisce a Miami per tentare di salvare una sinagoga regolarmente allagata come buona parte della città; l’amministratore delegato di una grande multinazionale della tecnologia che usa ogni leva per trarre profitto dalla situazione.
Alcuni dei volti sono noti: David Schwimmer, il Ross Geller di Friends e Kit Harington, che in Trono di Spade vestiva i panni di Jon Snow. E ancora: Sienna Miller; Peter Riegert, il Donald “Boon” Schoenstein di Animal House fra le altre cose; Heather Graham. Al loro fianco, in ogni puntata, compaiono poi stelle di varia grandezza come Meryl Streep, Edward Norton, Forest Whitaker, Tobey Maguire, Marion Cotillard.
L’autore della serie, e anche regista di alcuni degli otto episodi, è Scott Z. Burns. È stato lo sceneggiatore del film Contagion del 2011 e il produttore di Una scomoda verità (An Inconvenient Truth), il documentario con Al Gore del 2006 sulla crisi climatica. Extrapolations in qualche maniera ne è un’emanazione in chiave però narrativa con molte semplificazioni. L’attribuzione delle colpe, le tensioni sociali, i fronti opposti che si muovono da una parte per trovare delle soluzioni e dall’altra per aumentare i profitti, sono raffigurati in maniera molto netta, troppo forse.
Extrapolations però ha il pregio di raffigurare quel che potrebbe aspettarci se le temperature medie dovessero avvicinarsi ai due gradi. Scenari che i climatologi hanno dipinto spesso, iniziando dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), ma che alla fine sono rimasti confinati nell’ambito scientifico senza mai sfociare davvero nell’immaginario. Per quanto una catastrofe improvvisa sia più spettacolare, e quindi cinematografica, stiamo andando incontro ad una sorte diversa anche se non meno drammatica. Ed è quel che la serie di Burns prova a raccontare partendo dalla quotidianità. Da questo punto di vista ricorda non tanto Don’t Look Up quanto Soylent Green che da noi uscì con il titolo 2022: i sopravvissuti. Era un film di fantascienza del 1973, con protagonista Charlton Heston, ambientato ai nostri giorni: risorse alimentari ridotte al minimo, città aggredite dal caldo, sovraffollamento e continue rivolte. Per nostra fortuna non siamo a quel punto. O almeno, non ancora.