Dopo la pandemia, la crisi climatica. Facebook annuncia nuove misure per contrastare la disinformazione ambientale con un piano di investimenti di un milione di dollari in collaborazione con l’International Fact Checking Network, per sostenere le organizzazioni che lavorano per combattere le notizie bufala sul clima; l’espansione del Climate Science Center; la pubblicazione di una serie di video per dare risalto ai giovani che combattono la crisi ambientale su Facebook e Instagram in concomitanza con la Settimana del clima e la Cop26.

“Un recente rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc)  ha sottolineato che, sebbene non possiamo impedire al riscaldamento globale di intensificarsi nei prossimi 30 anni, quel che possiamo fare ora potrebbe comunque aiutare a rallentare o addirittura stabilizzare l’aumento delle temperature”, comunica il social network guidato da Mark Zuckerberg. “Sappiamo che questo è un problema importante per la nostra comunità. In un sondaggio che abbiamo condotto all’inizio di quest’anno su Facebook, in collaborazione con il Programma Yale sulla comunicazione sui cambiamenti climatici, abbiamo  scoperto che più di 6 persone su 10 in tutti i Paesi e territori intervistati vogliono maggiori informazioni sui cambiamenti climatici”.

Da più parti però, come nota il Guardian, si avanzano dubbi sull’efficacia di queste misure e in generale sul ruolo tutt’altro positivo che sta avendo Facebook. A marzo, 13 gruppi ambientalisti tra i quali la Union of Concerned Scientists e Greenpeace, hanno inviato a Zuckerberg una lettera invitandolo a impegnarsi a monitorare la disinformazione climatica e fornire maggiore trasparenza sulla portata del problema. “La disinformazione sui cambiamenti climatici si sta diffondendo rapidamente attraverso le piattaforme di Facebook, minacciando la capacità dei cittadini e dei responsabili politici di combattere la crisi “, hanno scritto i gruppi. Un recente studio condotto da Friends of the Earth, un’organizzazione ambientalista, ha rilevato ad esempio che circa il 99% della disinformazione climatica sulle interruzioni di corrente del febbraio 2021 in Texas non è stata minimamente controllata. Lo studio in questione è stato contestato da Facebook che lo ha giudicato inaccurato.

L’anno scorso il social network aveva fatto un primo passo aprendo il Climate Science Information Center in quattro Paesi per diffondere informazioni basate sulla scienza sui cambiamenti climatici. “Da allora ci siamo espansi in 16 Paesi con oltre 3,8 milioni di follower e più di 100mila visitatori giornalieri”, fa sapere la multinazionale californiana. “Un insegnamento chiave dell’anno scorso è che, mentre fornire informazioni autorevoli è un primo passo importante, possiamo aggiungere funzionalità per informare e coinvolgere meglio la nostra comunità sui cambiamenti climatici. Questo è il motivo per cui stiamo rinominando l’hub in Climate Science Center e stiamo aggiungendo nuovi moduli come una funzione di quiz in collaborazione con l’Ipcc per testare le loro conoscenze sui cambiamenti climatici a partire dagli incendi”.

In realtà il problema, al di là del fatto che Climate Science Center non è operativo in Italia, è che nessuno ha accesso ai dati se non Facebook stessa e ogni ricerca si basa su quel che è visibile ma non su quel che accade con i contenuti dietro le quinte. Questo impedisce a terzi di avere un quadro della reale situazione con il sospetto che i giochi a quiz siano poca cosa per combattere la disinformazione.