“Fango!”, esclama Tessa Viglezio, rientrando nella stazione italiana Dirigibile Italia. Viglezio è station leader della stazione dell’Istituto di Scienze Polari del CNR. Poi posa i pesanti stivali che usa quando guida la motoslitta fuori dalla base. “Non dovrebbe essere così, dovrebbe esserci neve”, dice ancora. La stazione è un centro di ricerca multidisciplinare situato a Ny-Alesund, alla latitudine 79° Nord nelle Isole Svalbard. La base è operativa dal 1997. Gli scienziati presenti nella base sono tra il sorpreso e lo sconcertato. Sono consci di essere testimoni dell’inizio di una nuova epoca, in cui gli inverni sono sempre più brevi e la pioggia si sostituisce alla neve.

Intorno a loro nel pieno dell’inverno artico, la poca neve che c’è si sta inesorabilmente liquefando, ci sono pozzanghere d’acqua. Ogni tanto, invece di nevicare, piove. Le temperature sono da diversi giorni sopra lo zero termico, notte e giorno. Dai tetti delle stazioni scientifiche dei diversi Paesi si sente lo stillicidio della neve che si scioglie. “È estremamente caldo. Quattordici volte più caldo di quanto dovrebbe essere al momento. Questa stagione, febbraio-marzo dovrebbe essere attorno ai meno 20 gradi, in teoria sono i due mesi più freddi dell’anno”, dice ancora Viglezio. “Invece siamo al di sopra di 0 gradi da due settimane. È veramente impressionante. C’è acqua liquida in tutta Ny-Alesund, sono condizioni che ti aspetteresti in maggio o giugno”. “Ho parlato con chi vive qui da vent’anni e un artico così, con così poca neve e così caldo, a febbraio non lo ricorda nessuno”, dice Donato Giovannelli, microbiologo della Federico II di Napoli e attualmente ospite della base. I record di temperatura alle Svalbard sono aumentati, a testimonianza dei significativi cambiamenti climatici degli ultimi decenni. Nell’agosto 2024, la stazione meteorologica di Bjornoya ha registrato una temperatura di 22,5°C, la più alta dall’inizio delle registrazioni nel 1912. Inoltre, l’estate del 2024 è stata la più calda mai registrata, con una temperatura media di 6,9°C in tutte e quattro le stazioni meteorologiche delle Svalbard. Che questo settore dell’artico sia un hotspot del riscaldamento globale è evidenziato anche da uno studio a cui ha contribuito il CNR e appena pubblicato sulla rivista Nature.

Lo studio è la prima ricostruzione che collega la riduzione del ghiaccio marino e il ritiro dei ghiacciai con l’incremento dell’areale della vegetazione delle Svalbard, che diventano, in sintesi, sempre più verdi. Ma se in estate un po’ più di caldo nell’Artico può non fare notizia, in inverno è ben diverso: la fisica non perdona: sopra lo zero il ghiaccio e la neve diventano acqua e se ne vanno. La magia dell’inverno polare si liquefa e gli scienziati, i pochi abitanti dell’arcipelago, e anche i turisti a caccia di avventure ricalcando i passi di entusiasti influencer camminano non su morbida neve ma su una poltiglia bagnata, su lastre di ghiaccio coperte da un velo d’acqua, o nel fango. “Con il mio team siamo venuti nell’Artico a studiare l’ambiente invernale e le comunità microbiche che vivono in questo ambiente estremo. Sappiamo benissimo che in estate i microorganismi presenti diventano attivi e cominciano a consumare carbonio e a rilasciare gas serra come CO2 e metano. Non sappiamo molto di quello che succede durante l’inverno perché il terreno è quasi completamente congelato e coperto dalla neve” , spiega Giovannelli.

“Siamo venuti per campionare suoli prevalentemente congelati e invece abbiamo trovato temperature sopra lo zero già da una settimana. Tutto si sta scongelando e abbiamo trovato grandi zone di suolo dove la neve non c’è più”. Questa situazione è anche origine di problemi logistici. Molti lavori di costruzione vengono compiuti in inverno, quando il terreno è congelato. La neve serve anche per muoversi. “L’anno scorso c’era tanta neve, anche 80 centimetri. Era perfetto per andare in motoslitta, perfetto per sciare. C’è stato qualche evento di “rain on snow” (pioggia sulla neve), ma non sono stati così devastanti come quelli di quest’anno”, spiega ancora Viglezio. Anche se da un lato questa è una opportunità per affacciarsi sul nuovo artico, quello che ci aspetta, “è deprimente guardarsi intorno e vedere distese di acqua liquida, invece che distese di neve. Ci sono ovunque distese di acqua, grandi come laghi. È febbraio, siamo nel pieno dell’inverno Artico, a 79 gradi di latutudine nord”, ammette Giovannelli. “È deprimente perché forse abbiamo sottovalutato la cosa, noi scienziati per primi, siamo stati troppo cauti nei messaggi che abbiamo dato. Invece gli effetti di cui parlavamo, e che pensavamo ci sarebbero stati tra 20 anni, 50 anni, 100 anni, probabilmente sono già qui. Lo so che una stagione come questa non fa statistica, però se guardiamo le statistiche, le temperature medie sono in aumento dagli ultimi 40 anni. Negli ultimi 6-7 anni ogni anno è stato l’anno più caldo mai registrato. Certo, la mia esperienza di quest’anno non fa statistica, però la tendenza è chiaramente in aumento e questo non si può nascondere”, conclude Giovannelli.