L’Italia riuscirà a spendere integralmente e concretamente entro 14 mesi, i 151,4 miliardi di euro rimasti dai finanziamenti europei e che riguardano il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)? I dati sono dell’Osservatorio sul Pnrr delle fondazione indipendente Openpolis. Nell’ultima inchiesta appena pubblicata sono stati riassunti i problemi che riguardano i singoli Piani nazionali di ripresa e resilienza, con le rispettive risorse, misure (investimenti o riforme) e scadenze. Dal lavoro all’istruzione, dalla sanità alle infrastrutture, i piani di intervento sono molti me ogni nazione è stata libera di scegliere quanto investire, rispettando certo criteri, e in quali settori. Tra questi, l’attenzione all’ambiente e alla transizione ecologica è stata ritenuta da Bruxelles centrale al punto di metterla come trasversale. Il 37% è infatti la percentuale minima di risorse che tutti i piani nazionali devono dedicare a misure per la transizione ecologica. 

Italia: 15,5 miliardi di euro per la transizione verde

Secondo i giornalisti di Openpolis, l’Italia insieme alla Croazia hanno completato solo un quarto delle scadenze previste dal Pnrr per la transizione verde. Sono 15,5 miliardi di euro, le risorse europee ricevute dall’Italia per la transizione verde e per il RepowerEu il supporto aggiuntivo alla transizione verde introdotto dalla Ue nel 2022 in risposta alla crisi energetica causata dalla guerra tra Russia e Ucraina. Obiettivo: sostenere la produzione energetica da fonti rinnovabili e accrescere l’indipendenza europea dalle importazioni energetiche dalla Russia. In particolare parliamo di 15 miliardi inseriti per la transizione e 551,2 milioni per il capitolo sul Repower. Leggendo i dati del report, il divario tra il nostro paese e gli altri è molto ampio riguardo alle erogazioni per la transizione: i 15 miliardi per la transizione sono 3 volte tanti quelli ricevuti dalla Spagna (5,2), che ha il secondo importo più alto.

La scadenza a giugno 2026

A due anni e mezzo dalla scadenza dei Piani nazionali di ripresa e resilienza, Openpolis (insieme ad alcuni partner dello European data journalist network) ha così analizzato l’andamento dei progetti finanziati con i fondi europei Pnrr di 11 paesi, in tema di transizione verde. “Abbiamo provato a verificare, nei limiti del possibile, l’impatto dei Pnrr sul percorso di transizione ecologica dei rispettivi paesi. Da un lato analizzando i dati pubblicati dall’Ue e dagli stati membri. Dall’altro conducendo interviste a soggetti governativi e non, coinvolti e interessati dalla realizzazione dei piani nazionali” scrivono nel report. Sono stati considerati indicatori per monitorare l’impatto del Pnrr sulla transizione ecologica: i risparmi nel consumo annuale di energia primaria, la capacità operativa supplementare installata per l’energia rinnovabile, l’infrastruttura per i combustibili alternativi, calcolati come punti di rifornimento e ricarica ogni 100mila autovetture e la popolazione beneficiaria di misure contro alluvioni, incendi e altri disastri climatici naturali.

 

Il ministro Giorgetti: “Spendete subito”

I tempi dunque si accorciano perché alla fine del 2026 terminerà l’attuazione del dispositivo di ripresa e resilienza introdotto dall’Unione europea nel 2021. La scadenza è molto rigida e andrà rispettata nonostante il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti tre mesi fa avesse chiesto al Consiglio europeo un rinvio. Gli è stato risposto con un “no”. La procedura sarebbe stata troppo complicata perché, per fare slittare i termini del Pnrr, per il quale l’Italia ha ricevuto più soldi di tutti (194 miliardi), bisognava convincere 27 governi e altrettanti parlamenti. Ora però la situazione si fa sempre più complicata, al punto che sempre il titolare del Tesoro  davanti alla lentezza con cui stanno arrivando i progetti ha esortato gli amministratori: “Spendete tanto e subito altrimenti i conti sballano”. Ed è già scattata la verifica sui dati caricati sulla piattaforma ReGiS, il “cervellone” che memorizza l’avanzamento degli investimenti. Entro il 2 maggio, come deciso per decreto, il cronoprogramma di “ciascun intervento” dovrà essere aggiornato garantendo “il conseguimento dei traguardi e degli obiettivi”. Ora per le amministrazioni c’è un nuovo ultimatum agli inadempienti: l’impegno va portato a termine entro il 23 luglio.