I pannelli fotovoltaici non sono tutti uguali. Colori, forme e dimensioni: l’unico limite è quello della fantasia. Perché se l’Italia vuole aumentare la quantità di energia prodotta in modo rinnovabile, bisogna trovare anche il modo di installare impianti laddove, finora, sono sempre stati off-limits o, comunque, hanno sempre incontrato forti resistenze. Ad esempio i centri storici o i campi coltivati. Solo che questi pannelli alternativi hanno ancora bisogno di studi, ricerche e sperimentazioni per testarne l’efficacia nelle condizioni più disparate. Facile massimizzare la produzione di energia con normalissimi pannelli blu su un tetto non vincolato. Provate a farlo sulla facciata di un edificio storico in un borgo antico con tinteggiatura rigorosamente color ocra.
Il laboratorio dei pannelli del futuro si trova a Bolzano ed è quello di Eurac Research. È stato realizzato con i fondi Pnrr di Nest, un partenariato pubblico-privato che si occupa di fare ricerca di base sulle energie verdi. Nelle stanze di Eurac è un via vai di scienziati, ricercatori universitari, ingegneri e responsabili di imprese private: un crocevia tra mondo accademico e produttivo. “Testiamo sia tecnologie nate dalla ricerca universitaria, sia prodotti sviluppati dalle aziende che, però, hanno bisogno di essere messi alla prova” spiega Gabriella Gonnella, ingegnere energetico e ricercatrice del centro.
Tra i pannelli più particolari ci sono quelli colorati. “L’obiettivo è quello di integrarli in contesti diversi dai tetti e i solai – continua Gonnella – ad esempio un pannello può essere realizzato con componenti e un colore tale da simulare delle tegole, così da limitare al massimo l’impatto”. In un Paese in cui i vincoli architettonici sono numerosi e diffusi, non è un vantaggio da poco. “Pensiamo a cosa significa sostituire degli elementi architettonici con dei pannelli che, oltre a svolgere la stessa funzione, producono anche energia elettrica” spiega Maurizio Cellura, professore ordinario di Ingegneria all’università di Palermo e uno dei referenti scientifici di fondazione Nest.
Un’altra applicazione alla quale si sta lavorando all’Eurac research è quella “campestre”. Dove la sfida è produrre energia senza ostacolare l’attività agricola. “Stiamo studiando un prodotto che possa far passare abbastanza luce da far crescere le piante sottostanti, ma anche per proteggerle dall’eccessivo irraggiamento solare” spiega ancora Gonnella. La strada, quindi, sembra essere quella dei moduli trasparenti o semi-trasparenti. Soluzioni che potrebbero mettere fine a una disputa ormai lunga anni e che ha visto, negli ultimi mesi, il ministero dell’Agricoltura in testa alla battaglia per vietare l’agricoltaico a terra a parte alcune eccezioni.
La ricerca che si fa a Bolzano va dall’alfa all’omega: si tagliano su misura sia il vetro che la plastica, si interconnettono le celle a mano, si assemblano tutte le parti e poi si inserisce il modulo nel laminatore, un forno che scalda alla temperatura voluta il prodotto. Una cucina di pannelli fotovoltaici “in cui, a seconda delle esigenze, si scelgono gli ingredienti così da ottenere la ricetta ad hoc” continua Cellura. Una volta creato il pannello, si passa alla fase dei test. Prima in laboratorio e poi in campo aperto, simulando sia le condizioni ideali – cioè il pieno sole – sia quelle più estreme come freddo intenso e forte umidità. Con l’ambizione di avvicinarsi il più possibile all’efficienza dei pannelli “tradizionali”.
Un altro motivo per cui il laboratorio sta riscuotendo successo tra le aziende è legato alle dimensioni dei pannelli. “Normalmente a livello sperimentale, nella ricerca universitaria si lavora su scala ‘micro’, mentre qui possiamo realizzare moduli di un metro per un metro” precisa l’ingegnere Gabriella Gonnella. Non è un dettaglio da poco, perché un pannello di dimensioni standard consente di fare test più realistici.
Il grande obiettivo, perseguito anche da Nest, è quello di centrare gli ambiziosi obiettivi di sviluppo delle rinnovabili fissati dal piano RePower Ue, ma anche di rafforzare tutta la filiera italiana ed europea, che ancora dipende fortemente dalla Cina. “In questo senso stiamo assistendo a dei segnali incoraggianti – dice Cellura di Nest – non solo a livello di ricerca ma anche di reshoring, per riportare cioè alcune produzioni più vicine ai nostri confini”. E dalle “cucine” di Bolzano sta arrivando un contributo importante per migliorare l’efficienza e abbattere i costi della tecnologia fotovoltaica. Aprendo ai pannelli un mondo finora precluso.