A 1.800 metri di altitudine, l’Etang (letteralmente, “stagno”) d’Areau, nei cuore dei Pirenei francesi, in un’area remota della catena montuosa franco-spagnola (Occitania, dipartimento Ariège)  ha assunto uno strano colore verde: come altri laghi dei Pirenei dall’acqua normalmente cristallina, è vittima di un problema che alcuni ricercatori attribuiscono a un piccolo pesce introdotto dai pescatori.

“Quando si vedono pesci nei laghi di montagna, si vede un ecosistema che è stato disturbato”, spiega Adeline Loyau, biologa e ingegnera presso l’Institut national polytechnique (INP) di Tolosa.

I pesci in generale sono stati introdotti nelle montagne dall’uomo diversi secoli fa, probabilmente intorno al Medioevo, prima come fonte di proteine per i pastori e poi, su scala più ampia, per rifornire alberghi e ristoranti delle città termali. Adeline Loyau e suo marito Dirk Schmeller, professore specializzato in ecologia montana presso l’INP, sono particolarmente interessati a uno di essi: il vairone, una specie lunga meno di dieci centimetri che normalmente vive nei fiumi freschi e viene utilizzato come esca viva.

Pirenei, i laghi diventano verdi. Ma non è un bene

Quando riesce a sfuggire all’amo o viene liberato dai pescatori, si acclimata bene, divorando anfibi e insetti, oltre allo zooplancton, “piccoli crostacei microscopici il cui ruolo è quello di mangiare le alghe e mantenere l’acqua molto chiara, molto pura”, spiega Loyau. Quando un lago diventa verde, “significa che le alghe hanno vinto”, aggiunge Schmeller.

La proliferazione delle alghe non sembra però dovuta esclusivamente al vairone, e il reale impatto di questo piccolo pesce sull’ecosistema è oggetto di un vivace dibattito tra i ricercatori. Per Didier Galop, direttore di ricerca del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS) e specialista di storia e geografia dell’ambiente, “c’è un cocktail di fattori di disturbo” che può spiegare l’inverdimento dei laghi, come la concentrazione di mandrie intorno a queste pozze d’acqua o le temperature più elevate associate al riscaldamento globale.

Secondo lo scienziato, che è anche un pescatore, l’inverdimento è un fenomeno che rimane abbastanza marginale ed è solo uno dei tanti sintomi del deterioramento della qualità dell’acqua nei laghi di montagna. “Ci sono anche laghi molto blu, ma con una biodiversità pari a zero”, sottolinea.

Dirk Schmeller e Adeline Loyau, dal canto loro, ritengono che i laghi verdi stiano diventando sempre più comuni. “Ce lo fanno notare persino gli escursionisti che a volte venivano qui trent’anni fa”.

Sull’altro versante dei Pirenei, i laghi verdi sono stati osservati già nel 2011 da ricercatori spagnoli, che nel 2014 hanno avviato programmi per eliminare i pesci, utilizzando reti o tecniche di pesca elettrica. Nel 2018, il Parco Nazionale dei Pirenei in Francia ha seguito l’esempio. Ma ha scoperto che alcuni pesci sono stati reintrodotti “selvaggiamente” in seguito. Il Parco conta quindi sulla consapevolezza dei pescatori per trovare un equilibrio tra attività ricreative e conservazione dell’ambiente.

(afp)

Sébastien Delmas, presidente di un’associazione di federazioni di pescatori dei Pirenei, riconosce che il pesce rappresenta un problema e vorrebbe “armonizzare i regolamenti”, che differiscono da un dipartimento all’altro, per limitare la pesca col vivo in montagna. Ma ritiene che altri pesci, come le trote, siano perfettamente a loro agio in queste zone. “I pesci sono anche biodiversità: se sono lì da secoli, è perché ci stanno bene”, sostiene.

A suo avviso, per dare una spiegazione complessiva  della cattiva salute dei laghi bisogna guardare anche al turismo, perché anche nuotare con la crema solare o il repellente per le zanzare ha un effetto sull’ecosistema. “In un giorno d’estate, intorno a un lago possono esserci tre o quattro pescatori, ma 300 bagnanti. Ma diamo sempre la colpa ai pescatori”, si lamenta.