In un’area tra le meno accessibili della Francia Sud-Orientale, tra i dipartimenti delle Alpi dell’Alta Provenza e del Var, la propaggine estrema dell’Arco Alpino sud-occidentale crolla nelle Gorges du Verdon, il canyon più grande d’Europa che per una ventina di chilometri offre visioni mozzafiato e non alla portata di chi soffre di vertigini.

Un eden per gli amanti della fotografia di paesaggio, oltreché per ciclisti ed ogni sorta di appassionati di itinerari on-the-road, nonché per chi ama attività praticabili in riva a certi tipi di fiume, come la pesca o ancor più gli sport estremi, rafting, canoeing e via dicendo.

Quest’anno, ennesima riprova della crisi climatica in atto, la stagione turistica dell’area – in particolare quella primaverile ed estiva – è stata messa a serio repentaglio dalla gravissima siccità, che, al pari di quanto accaduto sulla sponda orientale di quelle stesse Alpi – leggasi Po – ha messo a dura prova quest’area della Provenza, in particolare tra l’estate 2022 e l’inverno seguente.

La primavera ha messo le cose a posto. I letti dei laghi a monte, secchi come non lo si era mai visto, ora sono pieni a livelli più che sufficienti da permettere alle dighe di scaricare acqua con periodicità tale da garantire le normali attività turistiche in particolare nel lago di Sainte-Croix-du-Verdon, il grande bacino 

situato a valle, dove si svolgono molte delle attività turistiche, e dove in questi giorni, tutto procede come nelle altre stagioni, anche se ancora a fine primavera l’area era stata inibita alle attività turistiche, allo scopo di salvaguardare la riserva idrica – comunque inferiore al normale – per l’intera stagione.

Il Lago di Sainte-Croixe durante la crisi ad agosto

Il Lago di Sainte-Croixe durante la crisi ad agosto

 

Come facile immaginare, la preoccupazione tra gli operatori locali, rimane alta. “Il rafting e il kayaking sono attività fantastiche, anche da promuovere, ma se domani nel fiume non scorresse acqua a sufficienza, dovremmo reinventarci – racconta all’agenzia di stampa Associated Press Antoine Coudrai, di Secret River Tours, uno dei business attivi nel Canyon del Verdon. 

Saint-Croix è uno dei tre bacini idrici dell’area, cuore di un network di 16 dighe, che fornisce all’area sudorientale dell’intera regione PACA, Provenza-Alpi-Costa Azzura, il 35 per cento del suo fabbisogno di energia elettrica.

I cambiamenti climatici causati dall’uomo stanno prolungando i periodi di siccità nella Francia meridionale, il che inevitabilmente abbassa il livello dei laghi su cui grava il sostentamento energetico e idrico delle popolazioni dell’area. Il problema finisce per investire anche chi, nell’industria del turismo, vive della buona salute di questi specchi d’acqua, e che ora, di fronte a condizioni di crescente siccità, e di forte imprevedibilità dell’alternanza tra periodi piovosi e secchi, cerca di trovare un modo per far sopravvivere la propria attività.

Creati nel terzo quarto del ventesimo secolo, i tre bacini dell’area Serre Ponçon, Castillon and Sainte-Croix – sono subito diventati una grande attrazione per gli amanti della natura. Acque limpide e pulitissime che riempiono vallate scarsamente abitate e circondate da elevati picchi. Una regione capace di attirare 4,6 milioni di turisti l’anno, la maggior parte dei quali arriva d’estate.

I livelli delle acque nei biacini sono controllati e gesiti dal colosso francese dell’energia EDG, che gestisce le dighe. L’anno scorso, con il livello già basso per la scarsità di pioggia e neve caduta nell’inverno 2021-22, la compagina aveva già dovuto usare l’acqua delle riserve già in primavera. Le cose erano ulteriormente peggiorate in estate, complici le ondate di calore che si sono susseguite a catena. 

Uno shock anche per gli operatori turistici. “In 35 anni che lavoro qui, non avevo mai visto una cosa simile. Nessuno era preparato” – racconta Jean-Claude Fraizym che gestisce una noleggio di kayak e canoe nel lago di Castillon e che ha visto i suoi affari crollare del 60 per cento nel 2002 – “Se non c’è acqua manca l’incentivo per venire qui”. 

Ma potrebbe non essere ancora finita. Una siccità invernale di 32 giorni – la più lunga da quando i dati meteo vengono registrati – equivale a dire che, nonostante il parziale recupero primaverile, i bacini non hanno ancora ritrovato la loro condizione ottimale. Paul Marquis, fondatore del servizio E-meteo, spiega che durante l’inverno, si è avuto un deficit di precipitazione nevose del 40 per cento, il che mantiene le acque a livelli bassi.

Con le piogge primaverili la superficie del Lago di Serre-Ponçon è risalita sino a un’altitudine di 755 metri, quanto basta a ripristinare la produzione idroelettrica e a permettere all’acqua presente naturalmente nell’area di provare a far salire ulteriormente il livello, fino ai 780 metri ottimali. Ma l’esperto teme che il processo non sia sufficientemente rapido, “il che significa che potremmo avere restrizioni nelle forniture idriche, in estate”

Gli operatori turistici sono pronti al peggio. “In questi giorni bisogna essere consapevoli che nel fiume scorrerà sempre meno acqua e cercare di adattarsi”. Tra l’altro, ha introdotto una forma di packrafting “a prova di siccità”, con speciali kayak gonfiabili a fondo piatto, capaci di galleggiare e scivolare in acque meno profonde.

Guillaume Requeña, una guida della Aquabond Rafting, spiega che la sua compagnia ha cominciato a offrire il tubing, altra atività estrema fluviale, praticata su grandi camere d’aria, a loro volta in grado di scivolare su acque bassissime. Consapevole che la pioggia di questa primavera non possa essere altro che una soluzione temporanea del problema, chiede uno sforzo comune per trovare rimedi a lungo termine. E lamenta che tra tutti i potenziali attori che dovessero sedersi a un tavolo per prendere decisioni, gli operatori del turismo occupano l’ultimo gradino.  “Purtroppo non è esattamente probabile che 20 piccole aziende che operano nel rafting abbiano l’ultima parola nella gestione delle risorse idriche – dice Requeña –. “Sotto molti punti di vista, siamo l’ultima ruota del carro”.