Un piano per salvare la lince europea dall’estinzione locale in Francia. Lo ha annunciato il ministero della Transizione ecologica di Parigi, per l’arco di tempo compreso tra il 2022 e il 2026. Della variante continentale (o euroasiatica, lynx boréal), la più grande tra le sottospece di questo felino di taglia mediopiccola, forse il più simile al gatto domestico con il quale condivide la capacità di mimetizzarsi nel suo habitat, rimangono Oltralpe poco più di 150 esemplari.
Predatore di straordinaria potenza e agilità rispetto alla taglia (fino a 1,3 metri di lunghezza, 50-60 cm di altezza, peso normalmente inferiore ai 30 kg, ma capace di saltare 3 metri in verticale da fermo), recentemente ricomparso – seppure in poche decine di esemplari – anche sulle nostre Alpi – la lince, nononstante molti, soprattutto tra gli amanti dei felini, lo annoverino tra gli animali più belli, paga, in termini di memoria collettiva e di conseguente sensibilità al suo stesso destino, la scarsa mediaticità. Bella quanto schiva, è molto difficile da avvistare anche in quelle terre (vedi Canada, per la variante locale) dove è relativamente diffusa. Persino la scarsa conflittualità con l’uomo diventa un handicap. “La lince ha un livello di predazione sulla fauna domestica ‘aneddottico’”, spiega Nicolas Jean, direttore aggiunto dell’Ufficio francedse della biodiversità”. Se i lupi attaccano mediamente 3mila animali d’allevamento l’anno, e gli orsi ne assaltano 650, i casi che coinvolgono linci arrivano a un centinaio. Un cacciatore solitario praticamente invisibile, tanto che “la sua quasi scomparsa nei Vosgi è passata praticamente inosservata”, lamenta Olivier Guder, che si occupa delle sorti del felino in Férus, associazione nazionale francese che tutela anche orsi e lupi.
La campagna arriva forse non a caso con l’uscita del film documentario “Lynx” del fotografo e documentarista Laurent Geslin, che sugli schermi transalpini esordirà il 19 gennaio prossimo.
Il piano quinquennale ha l’obiettivo di “determinare le azioni da mettere in opera per rigarantire alla specie un buono stato di conservazione”. Tornata in Francia attraverso la Svizzera negli anni Settanta del secolo scorso, la lince europea si è stabilita principalmente nel massiccio del Giura, che a tutt’oggi accoglie i due terzi dei 150 esemplari presenti Oltralpe. Altre apparizioni sporadiche si registrano sulle Alpi o sui Vosgi, dove il felino è ricomparso in seguito alla recente reintroduzione nel Palatinato tedesco. Il piano mira principalmente a prevenire la mortalità legata alle “collisioni” – letteralmente gli investimenti di autoveicoli, che nel 2021 hanno causato la morte di 12 esemplari, “il 10 per cento della popolazione è stato travolto da automobili”, si lantano dal Centro Athéenas, associazione europea dedicata alla salvaguardia dei predatori nel Vecchio Continente. “La specie umana è sempre più invasiva nei confronti della natura: sempre più veicoli, con flussi importanti di lavoratori transfrontalieri”, spiega il direttore Gilles Moyne, che auspica la creazione di “zone rifugio”.
Moyne è altresì convinto che “non si faccia abbastanza contro li bracconaggio”, che il suo Paese sia ancora troppo “compiacente” con chi “porta un fucile in mezzo alla natura”. Dal momento del ritorno della lince in Francia, è stata registrata una ventina di “distruzioni illegali”, letteralmente uccisioni, il che, secondo Moyne, costituisce “il 10 per cento degli esemplari trovati morti”, ma resta comunque “un valore sottostimato”. Nel 2020 la giustizia transalpina ha aperto inchieste per “distruzione di specie protetta” in relazione all’uccisione per mezzo di armi da fuoco di quattro esemplari del felino.
Il progetto lince prevede “azioni sociologiche per riqualificare l’immagine della lince anche tra i cacciatori, alcuni dei quali la uccidono perché la considerano un concorrente – paradossalmente, al pari di quanto accade tra leoni, tigri e leoparti nelle aree wild di Africa o Asia. Ancora, tra gli obiettivi, far conoscere l’importanza del felino per la biodiversità dell’ambiente, e ristabilire la verità sul suo impatto sulla popolazione dei cervidi. Sul fronte opposto, il presidente della federazione dei cacciatori del Giura, Christian Lagalice, spiega che “la lince fa parte del nostro ambiente, è un animale protetto e noi rispettiamo il suo status”. E auspica che il piano porti “un miglioramento di conoscenza della specie”, e che “ripresenti il felino per quello che è, senza sacralizzarlo: un gran bell’animale, che fa parte del nostro ambiente, come centinaia di altri”. Per assicurare la diversità genetica e la sopravvivenza della specie, Férus e il Centro Athénas reclamano una campagna di reintroduzione, ma su questo essere concordi con cacciatori e allevatori sarebbe forse pretendere troppo.