“Non esisteva, allora, neppure un articolo di legge col quale poter istituire un’area protetta per gli uccelli, la caccia era aperta fino al 30 aprile, si potevano uccidere, legalmente, lupi e gufi reali, aquile e lontre, fringuelli e pispole”. Questa era l’Italia prima del 1966, poi arrivò Fulco Pratesi. Nella storia italiana della conservazione della fauna e delle battaglie per proteggere la natura, c’è un prima e dopo Fulco Pratesi. Perché, come ricordava lui con quella sua frase, finché non fondò il Wwf Italia quasi sessant’anni fa il nostro Paese non aveva né garanzie né leggi né tutele per proteggere la natura da cui dipendiamo. Poi Pratesi per lottare mise giù il fucile.

Cacciatore convertito, redento dopo aver incontrato un’orsa con tre cuccioli nelle foreste dell’Anatolia in Turchia a cui stava per sparare, da quando nel 1963 abbandonò le armi e imbracciò una macchina fotografica ogni battaglia di Pratesi si è basata sull’amore per la natura. La prima in assoluto fu una battaglia economica: riuscire a trovare i soldi per fondare il Wwf Italia quando, nel 1966, con moglie, quattro figli e un lavoro da architetto non fu semplice ottenere finanziamenti per dar vita alla sezione italiana del Wildlife fund che nacque pochi anni prima in Svizzera. Ma ci riuscì: radunò amici e sostenitori della natura che si autotassarono per creare, con entusiasmo, il Wwf Italia.

WWF, Fulco Pratesi e la natura: l’ultima intervista

Nell’Italia di allora serviva come il pane un movimento ambientalista ed ecologista capace, con visione, di opporsi all’assenza di regole delle stessa caccia, ai contrasti della popolazione con orsi e lupi, alla protezione di intere aree dove migravano i suoi amati uccelli esposti potenzialmente ad ogni tipo di abuso, da quelli edilizi a quelli ambientali. In cassa il neonato Wwf non aveva soldi ma proprio grazie all’entusiasmo di Pratesi e agli sforzi economici dei primi soci fu vita una prima importantissima battaglia, pietra miliare per quelle a venire: l’associazione acquistò i diritti di caccia della laguna di Burano dando vita così alla nascita dell’Oasi di protezione, un modello di gestione replicato poi negli anni per oltre 100 volte in varie zone della Penisola per conservare quasi 27mila ettari di natura.

All’inizio degli anni Settanta Pratesi ha anche l’intuizione di incrementare il dialogo e gli impegni con il governo nella speranza di dar vita a leggi e trattati ambientali e promuove una campagna per la protezione del lupo nota come l’“operazione San Francesco”: allora, sui nostri Appennini ad esempio, la caccia e la paura del lupo stavano portando questo predatore fondamentale per gli equilibri degli ecosistemi verso l’estinzione, ma anche grazie alle battaglie del fondatore del Wwf Italia si è arrivati a leggi internazionali per tutelarlo, anche se a breve nuovi norme europee allenteranno probabilmente la sua protezione. Stessa cosa fece poi anche per l’orso marsicano con la campagna “Pianta un melo, salverai un orso” insieme al Parco d’Abruzzo, un modo per consentire agli orsi di alimentarsi lontano dai centri abitati.Poi ci fu, nel 1971, qualcosa che ha segnato la vita di Pratesi.

Nel 2022, quando lo intervistammo, raccontò infatti che forse l’animale a cui più era legato non era l’orso, quello che gli fece abbandonare il fucile, ma il “cavaliere”. Si riferiva al cavaliere d’Italia, uccello a cui Pratesi nel 1979 ha poi dedicato un intero libro. Proprio nel ’71 dopo uno straordinario ritrovamento avvenuto qualche tempo prima da parte di Pratesi e Hardy Reichelt che individuarono a Orbetello una piccola colonia nidificante di cavaliere d’Italia, specie considerata estinta da 100 anni da noi, riuscì ad ottenere la fondazione dell’Oasi della laguna di Orbetello, ancora oggi uno dei simboli di biodiversità italiani, in modo da preservare il cavaliere e gli altri uccelli. Nel frattempo le sue battaglie cominciarono ad ottenere un’altra vittoria non scontata: l’ecologia iniziò ad entrare nelle case degli italiani dando il via a una rivoluzione culturale che ha portato a una maggiore attenzione per la questione ambientale.

Nel 1978 con il suo Wwf lancia poi la campagna “Il mare del vivere”: lo scopo è dare tutela ai mari colpiti dalla sovrapesca e proteggere i cetacei e da allora si susseguono una serie di iniziative per la salvaguardia delle creature marine, dalle balene fino alla foca monaca, oppure a specifiche battaglie contro l’abuso di reti spadare.

Anche grazie a quell’impegno nel 1986 verrà poi approvata a livello internazionale la moratoria sul commercio di balene. L’anno prima, nel 1985, come raccontano dal Wwf il cuore di Pratesi va oltre l’ostacolo: con uno sforzo tenace lui e i membri dell’associazione riescono a raccogliere 600 milioni di lire per acquistare l’area di Monte Arcosu in Sardegna e proteggerla così i cervi sardi, che rischiavano l’estinzione, da caccia e bracconaggio. Nel 1991, pochi anni prima della sua esperienza in politica con i Verdi, Pratesi è protagonista anche di un’altra vittoria: l’approvazione di leggi fondamentali, come la 157 del 1992 che tutela la fauna selvatica in Italia, oppure come quelle a protezione dei parchi del 1991.

Tutti gli anni Novanta e Duemila vedono poi il fondatore impegnato in battaglie contro la caccia, come quelle “per impedire ai cacciatori di entrare nei fondi privati che lo portarono a ricevere insulti e minacce” ricordano dal Wwf, e per proteggere i suoi amati uccelli e gli ecosistemi umidi e di palude. Anche dopo il 2007, quando è scaduta la sua carica di presidente del Wwf Italia ed è rimasto come presidente onorario, l’ambientalista e divulgatore ha continuato attraverso articoli, lezioni, incontri e messaggi a battersi per la natura tanto che quando tre anni fa l’ambiente è finalmente entrato nella Costituzione, fu una vittoria che sentì anche un po’ sua, “una vittoria grandissima – ci disse – perché ora è tempo di ridare più spazio alla natura”. Nel dirlo, come sempre, anticipò i tempi, confessandoci la sua ricetta per il futuro: “Bisogna ridurre la crescita o perlomeno l’impatto di questa specie invasiva e prepotente che è l’homo sapiens. In cinquant’anni ha raddoppiato la sua presenza e i suoi danni. Ci preoccupiamo di salvare petrolio e coltan, ma è la vita sulla Terra che va salvata”.