Andrew Bowie, ministro britannico per l’Energia, si presenta all’appuntamento nei giardini della Venaria Reale con bene in vista la spilla su cui è scritto “nuclear”. Nel primo giorno di questo G7 torinese dedicato a Clima, energia e ambiente, ha bruciato tutti sul tempo (rischiando un incidente diplomatico con il presidente del vertice, il ministro italiano Pichetto Fratin) svelando l’accordo raggiunto dai sette grandi sullo stop al carbone entro il 2035. Ma il suo cavallo di battaglia sono appunto le centrali atomiche: “Siamo convinti che non ci sia la possibilità di raggiungere l’obbiettivo net zero senza il nucleare. Ma in realtà come dimostra l’impegno preso alla Cop28 di Dubai da 30 nazioni per incrementare la capacità di produzione di energia atomica del 30% entro il 2050, in tutto il mondo il nucleare sta dimostrando che può giocare un ruolo chiave nel mix energetico che ci permetterà di azzerare le emissioni”, spiega questo 37enne politico scozzese.
Ministro Bowie cominciamo comunque dal carbone, primo risultato di questo G7.
“Non voglio scendere nei dettagli, prima della pubblicazione del documento finale del vertice. Quel che è certo è che dobbiamo usare sempre meno carbone, per poi abbandonarlo. E dobbiamo sostenere i Paesi in via di sviluppo nel loro cammino verso l’obiettivo emissioni zero. In questo senso il G7 è una piattaforma che può offrire una leadership credibile”.
In cosa consiste invece l’impegno nucleare dell’attuale governo britannico?
“Ci siamo impegnati a coprire il 25% della domanda energetica nazionale con le centrali atomiche entro il 2050. E stiamo investendo sul nucleare più di quanto si sia fatto negli ultimi decenni. Abbiamo una roadmap che prevede small modular reactors, advanced modular reactors, ma anche grandi centrali come quelle attuali”.
A che punto sono i nuovi impianti nucleari?
“Una centrale è in costruzione. Stiamo raccogliendo finanziamenti per un secondo impianto e ci siamo impegnati a costruirne un terzo. Queste tre centrali saranno poi affiancate dagli small modular reactors”.
Anche in Italia si parla molto di smr. Ma, secondo le vostre previsioni, quando diverranno una realtà industriale?
“Qui a Torino ho provato invidia per il mio collega canadese, che avrà un smr allacciato alla rete elettrica in Ontario dal 2029: sarà il primo al mondo. Noi vorremmo avere il secondo. Quindi direi nei primi anni Trenta. Anche perché c’è una grandissima competizione tra le aziende di questo settore, che sta accelerando i tempi”.
Il ritorno del nucleare e la conseguente richiesta di uranio non creerà una nuova forma di “dipendenza energetica”?
“Noi ci siamo impegnati in modo categorico affinché la Russia non abbia più alcun ruolo nel nostro approvvigionamento di uranio, né nell’intera filiera del combustibile fissile. Pe questo pochi mesi fa abbiamo sbloccato circa 200 milioni di sterline da investire nello sviluppo di tecnologie per l’arricchimento dell’uranio nel Regno Unito. Inoltre stiamo lavorando con i nostri alleati per fare in modo che i nostri reattori non usino uranio russo. Al momento dà un contributo molto piccolo, ma contiamo di ridurlo a zero in pochi anni, entro il 2028”.
Non avete un problema di accettabilità sociale? Nemmeno tra chi vive accanto ai depositi di scorie?
“Nel Regno Unito c’è un ampio sostegno all’energia nucleare, ed è un giudizio trasversale, rispetto all’età e ai ceti sociali. E questo perché le persone riconoscono che non potremo raggiungere il net zero senza un mix energetico che contempli anche il nucleare. E che l’energia atomica ci garantisce anche una maggior sicurezza energetica, senza dover contare sui combustibili fossili di Paesi come la Russia. Per quanto riguarda le scorie, abbiamo pianificato da tempo la costruzione di depositi geologici, sull’esempio di quello finlandese. Attualmente le scorie sono stoccate a nell’impianto di Sellafield, che riteniamo sia sicuro ancora per molti anni”.
Il governo di cui lei fa parte è stato accusato di aver fatto una inversione a U sulle rinnovabili, tagliando molti progetti eolici e fotovoltaici.
“E’ assolutamente falso. Nessuna retromarcia sulle rinnovabili. Abbiamo i più grandi impianti eolici off shore del mondo, il nostro target è di 50 gigawatt da rinnovabili, di cui 5 gigawatt da eolico flottante, stiamo sviluppando 7 gigawatt di fotovoltaico sui tetti entro il 2035. Siamo impegnati a 360 gradi sulle decarbonizzazione e siamo stati la prima nazione europea a legiferare sul net zero entro il 2050”.