Addio al carbone, benvenuta mobilità elettrica. E ancora: una spinta alle rinnovabili grazie all’aumento della capacità di stoccaggio delle batterie. Infine il riconoscimento che non bastano le centinaia di miliardi di dollari finora promessi ai Paesi vulnerabili e a quelli in via di sviluppo per fronteggiare la crisi: occorroo migliaia di miliardi e nuove strategie di finanza pubblica e privata per reperirli. Sono questi i punti principali del testo finale su cui è stato raggiunto l’accordo tra le delegazioni del G7 di Torino dedicato a Clima, energia e ambiente. Ne escono molto ridimensionati alcuni dei cavalli di battaglia del governo italiano. I biocombustibili sono appena menzionati, mentre, come detto, per la mobilità stradale i sette grandi riconoscono che il futuro sono in realtà i motori elettrici. Il G7 fa sua l’analisi dell’Agenzia internazionale per l’energia, “secondo cui l’elettrificazione è la tecnologia chiave per la decarbonizzazione del trasporto stradale”. I biofuel vengono citati, nel testo finale, solo una volta come possibile soluzione per le industrie energivore le cui emissioni sono difficili da abbattere (hard to abate).
Sembra anche archiviato, almeno in questo vertice, il progetto di fare dell’Italia un hub europeo del gas naturale. Il paragrafo dedicato al ruolo del gas è chiaro: “Nella circostanza eccezionale di accelerare la graduale eliminazione della nostra dipendenza dall’energia russa, gli investimenti finanziati con fondi pubblici nel settore del gas possono essere appropriati come risposta temporanea, soggetta a circostanze nazionali chiaramente definite, se attuati in modo coerente con i nostri obiettivi climatici senza creare effetti di lock-in, ad esempio garantendo che i progetti siano integrati nelle strategie nazionali per lo sviluppo dell’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio”. Insomma, niente investimenti pubblici in infrastrutture per il gas, se non per superare l’emergenza. Il nucleare è riconosciuto come una opzione nella costruzione di un mix energetico per la decarbonizzazione, ma senza particolare enfasi. “Quei Paesi che scelgono di utilizzare l’energia nucleare o ne sostengono l’uso riconoscono il suo potenziale come fonte di energia pulita, a emissioni zero, che può ridurre la dipendenza dai combustibili fossili per affrontare la crisi climatica e migliorare la sicurezza energetica globale… mentre i Paesi che non utilizzano l’energia nucleare o non ne supportano l’uso preferiscono altre opzioni per raggiungere gli stessi obiettivi, prendendo in considerazione i rischi e i costi associati all’energia nucleare”. Una posizione frutto del duro braccio di ferro con la Germania, fermissima nel suo no all’atomo. Si parla di fusione, con l’istituzione di un gruppo di lavoro che condivida tra i Paesi G7 le migliori pratiche “per accelerare lo sviluppo e la dimostrazione di impianti a fusione, incoraggiando l’aumento degli investimenti privati e pubblici”.
Ma se si cercano numeri e impegni concreti presi nella due giorni alla Venaria Reale, bisogna appunto guardare altrove. Il carbone innanzitutto: il G7 si impegna a chiudere entro il 2035 (“entro la prima metà degli anni Trenta”) le centrali alimentate dal più inquinante dei combustibili fossili, limitandone nel frattempo l’uso al minimo necessario. Per quanto riguarda le rinnovabili e l’elettrificazione, i Sette si impegnano a contribuire a sestuplicare la capacità degli accumuli di energia al 2030, portandola fino a 1.5 TW, a livello globale. Non solo: promettono di aumentare significativamente gli investimenti nelle reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica entro il 2030, riconoscendo che sono necessari 600 miliardi di dollari all’anno per raggiungere gli obiettivi climatici annunciati. Altro obiettivo fissato a Torino, la riduzione del 75% al 2030 delle emissioni di gas metano dalle filiere dei combustibili fossili.
Ampio capitolo dedicato alla finanza climatica e alla solidarietà dei Paesi ricchi nei confronti di quelli in via di sviluppo. Si confermano le promesse fatte all’Africa: 100 miliardi di dollari l’anno per il periodo 2020-2025. Ma per la prima volta il G7 ammette che si devono mobilitare migliaia di dollari: “Sottolineiamo che questi sforzi si inseriscono nel contesto di uno sforzo globale più ampio volto a potenziare e allineare la finanza pubblica e privata da tutte le fonti per mobilitare i trilioni necessari per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”. Al termine del vertice, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin si è detto molto soddisfatto: “E’ stato possibile coniugare le differenti esigenze e sensibilità nel segno di un obiettivo condiviso, che è ambientale ed energetico ma anche improntato alla solidarietà fra i Paesi del G7 e quelli in via di sviluppo. Vanno in questa direzione le decisioni assunte sull’uscita dal carbone, sulla moltiplicazione della capacità di accumulo di energia, sul sostegno all’adattamento nei Paesi del sud del mondo, sull’energia da fusione. E’ importante che le grandi economie del pianeta assumano la responsabilità e l’onere anche finanziario di condurre la sfida per la transizione ecologica e per attuare un nuovo modello di sviluppo sostenibile”.