Definirla poliedrica potrebbe perfino risultare riduttivo. Fisica nucleare, scrittrice, attrice teatrale, drammaturga, divulgatrice, giornalista, conduttrice e ora persino musicista. Tant’è che per stupirla facendole un complimento nuovo, tocca citare il grande fisico Richard Feynman, Nobel nel 1965, lui che amava definirsi oltre che scienziato come uno “storyteller e suonatore di bongo”. “Che paragone! Grazie, finalmente qualcuno mi ha detto una cosa così bella” dice col sorriso la fisica Gabriella Greison che sul palco del Festival di Green&Blue agli IBM Studios Milano e alla BAM Biblioteca degli Alberi Milano (dove si esibirà il 4 giugno alle 18), un po’ come il grande fisico americano, ha scelto di comunicare scienza anche attraverso la musica, strimpellando la chitarra. “L’unico spettacolo dove la uso realmente. Per fortuna mi accompagna un musicista, io sto ancora prendendo lezioni…” dice.
L’occasione per mettere insieme teatro, fisica quantistica, studi climatici e musica è appunto il palco di G&B a Milano dove la divulgatrice porterà uno spettacolo chiamato la “Fisica dei cambiamenti climatici”. Un titolo “su cui ovviamente gioco, sia per parlare davvero delle dinamiche del riscaldamento, sia per raccontare il mio lavoro di fisica”. La storia che ha scelto parte dalla sua esperienza personale in un luogo dietro casa, unendo il suo sapere scientifico ai segreti del teatro di narrazione “che ho imparato studiando tanto Marco Paolini, Ascanio Celestini, Massimo Popolizio, Lucilla Giagnoni e Laura Curino”.
“Negli ultimi tempi – racconta Greison – ho approfondito e osservato i cambiamenti, anche dettati dal nuovo clima, del fiume Trebbia in Liguria, vicino a una casa che ho nell’entroterra di Genova. Ho scelto di raccontarli inserendoli in una storia che mette al centro tre persone: Albert Einstein, Ernest Hemingway e Svante Arrhenius. Quest’ultimo è forse meno conosciuto: di fatto lo scienziato svedese è uno dei primi ad aver parlato di cambiamenti climatici (anche in relazione alla combustione fossile, ndr) già ad inizi Novecento”.
Dall’osservazione reale di un fiume che cambia, passando per l’uso della letteratura e della chitarra, Greison ha dato vita a uno spettacolo unico, così come “unica” si sente nella scelta del suo metodo narrativo. “Io lo faccio perché mi piace, anche se mi rendo conto che fra le scienziate sono fra le poche a usare questo sistema. Però va anche detta una cosa: oggi, per aiutarci a capire dove va il mondo, c’è bisogno di informazione scientifica precisa e di formazione. Altrimenti si rischia di generare confusione. Dalla pandemia in poi tutti sono improvvisamente diventati scienziati di qualsiasi argomento, è assurdo. Io invece tento di usare due temi che conosco – la fisica quantistica e i cambiamenti climatici di cui parlo usando dati accertati – per far riflettere il pubblico”. Parlando con la scienza, Greison spiega anche che “i negazionisti nemmeno andrebbero nominati: non sono nel mio radar. Per me sono una minoranza inutile di persone che negano l’evidenza”.
Ovviamente, fra i temi che tocca nei suoi spettacoli, c’è anche quello che le sta più a cuore: l’atomo, questione molto attuale in Italia. “Io sono una donna di sinistra – attacca Greison – ma non posso negare che la destra sta facendo bene a rilanciare sul nucleare. Sono fisica nucleare e non posso farci niente: sono estremamente a favore. Dobbiamo aprirci ai mini reattori, come quelli di Stefano Buono che la Francia vuole, perché sono la soluzione adesso e consentono di avere anche investimenti privati nell’ottenere l’energia pulita. Anzi, lancio un assist al governo Meloni: perché non pensare ad agevolazioni fiscali, chiamiamole ‘atomini’, da fornire a chi vuole investire nel nucleare?”
Il suo ragionamento sul nucleare parte dal fatto che “secondo me le rinnovabili oggi, nell’era dei big data e dell’intelligenza artificiale, non sono sufficienti a garantire tutta la corrente di cui abbiamo bisogno. Per cui, anche per decarbonizzare, abbiamo bisogno della tecnologia nucleare di nuova generazione. Parallelamente dobbiamo osservare lo sviluppo negli States, oltre che della fusione al plasma, della fusione da laser”. In generale, ricorda Greison, per il futuro il Pianeta ha bisogno di più fisica perché “con la fisica si migliora la vita delle persone”.
Ma la vera speranza per il domani, dice, sono i giovani. “Stanno capendo che sapere poco è pericoloso e sapere molto non lo è mai. Ci spingono ad agire nelle battaglie contro la guerra o i cambiamenti climatici: sono più veloci e attivi. Gli adulti invece sono ancora ancorati a un sistema troppo gerarchico che, dalle istituzioni alla politica, non consente le modifiche immediate di cui abbiamo bisogno”.