“Viviamo in una specie di sonno sentimentale che ci ha avvolto. Non mi piace l’atmosfera egoistica e cinica che respiriamo in questo periodo, quest’immobilismo. Sono collegati.  Per decidere bene non servono regole e divieti, perché alla fine contano i buoni sentimenti. Noi italiani dobbiamo recuperare la fiducia reciproca e il coraggio. Ci hanno aiutato in un momento difficile come il Dopoguerra, ci aiuterà anche ora a superare questa crisi”. Oscar Farinetti, imprenditore, scrittore, ex proprietario di Eataly, fondatore ora di Green Pea, un polo per acquisti sostenibili nell’ex Lingotto a Torino e autore di un nuovo libro 10 mosse per il futuro in cui racconta il proprio punto di vista per affrontare un futuro che ci fa paura. “Bisogna progettarlo giorno per giorno seguendo dieci semplici mosse”, spiega. E non è un caso che il libro sia dedicato alla generazione Zeta “perché è quella che ci salverà”.

Allora, come vede il futuro dell’Italia?

“Io sono ottimista e penso che, se è vero che abbiamo una serie di problemi da risolvere, è anche vero che abbiamo una montagna di opportunità. Un paese così non può fallire. Non esiste un luogo ricco di biodiversità come l’Italia: ghiacciai al Nord e vulcani attivi al Sud, al centro di un mare chiuso. Eppure oggi, ad esempio, esportiamo solo il 2% dei prodotti agroalimentari: una percentuale che può soltanto crescere. L’importante però è credere in se stessi, smettere di essere immobili. Bisogna dedicare il 5% del tempo ai problemi e 95% alle soluzioni. Penso sia arrivato il momento di cambiare mentalità”.


Da dove partire?

“Dalla fiducia reciproca, dalla bellezza del nostro paese, dai giovani, dall’agricoltura. Se fosse per me dichiarerei tutta Italia “biologica”: bisogna trasformare tutta l’agricoltura in bio. Si può fare: siamo dentro un mare. Isolati e incontaminati. Invece, guardiamo al futuro con sfiducia. Vorrei ricordare che nel sondaggio di Win-Gallup sul tasso di fiducia di 130 nazioni, l’Italia è arrivata ultima. Sembra incredibile. Abbiamo la fortuna di vivere in un  territorio con 58 siti patrimonio Unesco, una manifattura che tutto il mondo ci invidia, una grande biodiversità dal punto di vista agroalimentare. Eppure, siamo il popolo più sfiduciato del mondo”.

Davanti però abbiamo la sfida più complicata, quella dell’emergenza climatica e della sostenibilità?

“Sono convinto che sono emergenze che supereremo, ma a condizione di cambiare strada in almeno quattro settori, la transizione verso le energie rinnovabili, la riduzione il più possibile dello sversamento di plastica in acqua. Ogni anno ne scarichiamo tra i 4 e i 12 milioni di tonnellate: distruggiamo l’habitat e poi ci ritroviamo le microplastiche nel pesce che mangiamo. Poi, dobbiamo smettere con le coltivazioni intensive, così come con gli allevamenti che inquinano. In Italia abbiamo sei milioni di bovini, 13 milioni di maiali, 500 di polli e oltre l’80% vive in allevamenti intensivi. Tutto questo è sbagliato sia dal punto di vista etico che ambientale. E c’è un altro tema. Bisogna cambiare il modo di consumare. Il 90% degli scienziati dice che il nostro modello di consumo è diventato insostenibile”.

Come possiamo cambiare le nostre abitudini alimentari e di consumo?

“Il punto vero della sostenibilità è la durata di un prodotto. A Green Pea abbiamo invertirto la rotta: i nostri prodotti, dall’auto ai vestiti, sono incentrati su un modo etico di consumare. Perché dobbiamo acquistare di meno, ma di qualità. I nostri frigoriferi sono pieni di cibo che non mangeremo e gli armadi pieni di vestiti che non usiamo. Lo spreco deve avere un limite”.

Il problema però è il prezzo.

“Bisogna mangiare metà dei cibi che consumiamo, ma che costano il doppio. Ad esempio, la frutta e la verdura biologica costano di più perché se scegli di non usare diserbanti, bisogna zappare di più la terra. C’è più lavoro da parte del contadino e va pagato. Cambiare le abitudini alimentari e dei consumi è una questione di cultura”.

   

  In che senso?

 “Mi batto da decenni perché sia inserita a scuola l’educazione agroalimentare. Cominciamo dai bambini: studiano a scuola la sostenibilità e la riportano ai genitori a casa. In Italia 16 università hanno inserito scienze gastronomiche e lì si possono formare i docenti, L’educazione alimentare è fondamentale per creare valori come il rispetto dell’ambiente. E poi gli italiani leggono troppo poco”.

Che attinenza ha con la sostenibilità?

“Molto. Leggere significa non accettare i compromessi, l’ignoranza porta ad essere radicali. I francesi ci battono anche perché leggono più di noi”.

Cosa ci salverà?

“Possiamo dire ‘chi’ ci salverà. I ventenni, sono una generazione straordinaria. Nati con la crisi, sono pieni di idee ed entusiasmo. Quando vado nelle università dico che sono lì per imparare. Gli under 25 sono la prima generazione a non avere la certezza di crescere con più benessere rispetto ai genitori. Le guerre, la crisi climatica, toccherà a loro risolvere la maggior parte delle emergenze che lasciamo in eredità. Eppure, si stanno tirando su le maniche e sono certo faranno diventare grande l’Italia”.

Ha parlato spesso della mancanza di valorizzazione del nostro patrimonio culturale, ma concretamente cosa bisogna fare?

“Le rispondo con un esempio. Il castello di Moncalieri, bellissimo, sede di importanti mostre è però poco visitato. Ma come potrebbe essere altrimenti? Ad indicarlo c’è solo un cartello sbiadito ricoperto da una enorme scritta che informa sul ‘controllo della velocità’, sicuramente importante. Ma se fossimo in Francia il castello sarebbe annunciato da decine di cartelli per chilometri, al punto che uno si sente un cretino a non andarlo a vedere. Ma la colpa non è degli amministratori locali. Ho conosciuto sindaci che sono eroi per quello che fanno con le risorse a disposizione. Piuttosto vedo una mancanza di governance”.

Sembra un manifesto politico.

“Mi sento un patriota. Nel senso che sono convinto che l’Italia, pur in questo momento complicato può diventare portabandiera della sostenibilità e della lotta al cambiamento climatico. Siamo i migliori in Europa per produzione di energia sostenibile, riciclo della plastica, aziende agricole biologiche. Dobbiamo puntare ad essere la prima nazione ad emissioni zero. Tutto questo creerà posti di lavoro, pubblici e privati. L’economia si riprenderà partendo dalla sostenibilità”.

Lei è un inguaribile ottimista.  

“Il pessimismo porta alla critica, l’ottimismo all’aiuto reciproco. Vorrei che tutti capissero quanto sia importante comportarsi bene l’uno con l’altro e verso l’ambiente. Mi piacerebbe che il rispetto venisse considerato un segno del successo, non il contrario. Che sia ‘figo’ comportarsi bene. Evadi le tasse? Non sei ‘figo’. Maltratti gli animali? Non sei ‘figo’. È invece ‘figo’ avere l’auto elettrica e usare la borraccia e l’energia rinnovabile. Un gesto etico e estetico. Come diceva Kant”.