Ora che è stato stabilito con certezza che ad attaccare e uccidere il runner Andrea Papi in Trentino è stato un orso, spetterà all’Ispra dare un parere sull’abbattimento dell’animale. Piero Genovesi, uno dei maggiori esperti mondiali di orsi e responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica di Ispra, aiuta a capire cosa può aver innescato l’attacco e come si potrebbero evitare i conflitti tra umani e orsi.

Avete qualche elemento in più sull’attacco?

“Siamo stati informati di quanto accaduto subito dopo il ritrovamento del corpo, intorno alle 3 del mattino di giovedì. Abbiamo poi partecipato alla riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, subito convocato dal commissario di governo di Trento. In quella sede ci sono stati dati i dettagli disponibili. Ora aspettiamo di avere i risultati dell’autopsia, per avere certezza che si tratta di un orso, e quelli delle analisi genetiche, per stabilire di quale animale si è trattato. Per questi ultimi potrebbero essere necessari alcuni giorni”.

Esiste un problema orsi in Trentino?

“Due anni fa, insieme al Muse di Trento, come Ispra abbiamo fornito alla Provincia un rapporto dettagliato, in cui abbiamo analizzato tutti i dati sui conflitti con gli orsi relativi al Trentino: i risultati indicano possa succedere che alcuni individui di orso diventino animali ad alto rischio. È una eventualità molto rara, ma possibile, e che spesso dipende dal fenomeno di “abituazione all’uomo”, per cui alcuni animali diventano più confidenti. Anche se molto raro, succede in tutto il mondo che si verifichino degli attacchi ed è per questo che il pericolo va considerato ed è ovviamente responsabilità degli enti pubblici che il rischio venga minimizzato”.

Come?

“Vorrei sottolineare ancora una volta che gli attacchi con feriti, in tutta Europa, ci sono tutti gli anni, ma le aggressioni mortali sono molto rare. In Svezia, dove ci sono 4-5mila orsi a fronte dei circa 100 in Trentino, si registra circa un incidente ogni anno, ma quelli mortali sono stati soltanto 2 negli ultimi quindici. In Romania, dove la popolazione di orsi è di oltre 6mila e molti orsi sono confidenti, gli attacchi letali sono stati 11 in 15 anni. Riguardo alla prevenzione, è essenziale arginare i comportamenti confidenti da parte degli orsi. In termini generali, gli orsi non devono perdere la loro naturale elusività, per cui vanno messe in sicurezza possibili fonti di cibo, bisogna intervenire con dissuasori, come rumori e pallottole di gomma, se si avvicinano alle zone urbane. Poi, occorre comunicare a chi frequenta le zone dove ci sono gli orsi i comportamenti corretti da seguire, in modo che si riducano al minimo gli incidenti”.

Però, pur conoscendo come comportarsi, trovarsi davanti un orso all’improvviso non significa saper reagire nel modo giusto. Ritiene che alcuni sentieri andrebbero chiusi?

“In generale gli orsi ci sentono, il Trentino è frequentatissimo da turisti e sportivi, è assai probabile che molte persone quotidianamente si trovino vicine a un orso senza accorgersene. Esperimenti effettuati in Scandinavia hanno dimostrato che la reazione dell’orso, se si accorge della presenza di un umano, è sempre di allontanarsi, perciò non basta avvicinarsi all’orso perché ci sia pericolo. Anche il Pacobace, il documento di riferimento per la gestione dell’orso bruno per le Regioni e le Provincie autonome delle Alpi centro-orientali, indica che in generale un incontro con l’orso non è un pericolo. Sono descritti anche comportamenti come falsi attacchi, quando un orso si accorge di avere qualcuno vicino e si alza sulle zampe posteriori per vedere meglio, oppure inizia una carica per spaventare chi gli sta davanti. Anche questi atteggiamenti minacciosi, però, non indicano un particolare pericolo. Tuttavia, in presenza di incidenti mortali, o di verifiche che accertino la pericolosità di un individuo per l’abituazione di cui dicevo prima, il Pacobace prevede che gli animali a rischio vadano abbattuti”.

Però in Italia non è stato fatto in precedenza. In Trentino, per esempio, ci sono tre orsi rinchiusi al Casteller.

“Nel rapporto di due anni fa abbiamo sottolineato che l’Italia è l’unico Paese che ha ritenuto di usare l’opzione della cattività, ma come Ispra riteniamo non sia un’opzione percorribile nel lungo periodo. Pur comprendendo la sensibilità del pubblico, noi ci siamo sempre espressi perché orsi conclamatamente pericolosi sia considerato l’abbattimento, non ci sono altre strade”.

Ad ogni incidente in Trentino ci si chiede perché non succede la stessa cosa in Abruzzo.

“Prima di tutto chiariamo che non c’è alcun elemento per pensare che gli orsi del Trentino siano più aggressivi, anche in Abruzzo c’è qualche possibile rischio e orsi confidenti non sono rari. In Trentino, fino agli anni ’90, era presente una popolazione residua di circa 50 vecchi esemplari abituati all’uomo e gli orsi reintrodotti dalla Slovenia sono in genere assolutamente poco pericolosi. Tuttavia in Abruzzo gli orsi ci sono sempre stati e sono circa 50, sulle Alpi sono cresciuti rapidamente da 9 a 120 in pochi decenni, in una regione con grande frequentazione turistica e quindi maggiore probabilità di conflitto”.

C’entra qualcosa il cambio di temperature?

“Può incidere sulla frequenza di letargo, con un tasso più alto di individui che non entrano in letargo, però gli orsi sono presenti in Paesi caldi come Spagna e Grecia e non si registrano mutamenti di comportamento. Quanto al mangiare di più quando escono dal letargo, va specificato che gli orsi sono onnivori, si nutrono anche di carcasse che ritrovano dopo il disgelo, ma hanno una dieta onnivora quasi completamente vegetariana a seconda della stagione”.

Cosa succederà con la conferma che si è trattato di un attacco mortale di un orso?

“La decisione su come intervenire è del presidente del Trentino, che in base a una legge del 2018 può chiedere l’abbattimento dell’esemplare dopo l’acquisizione del parere tecnico dell’ispra e può agire con un’ordinanza, se valuta ci sia un’urgenza per motivi di ordine pubblico. Quanto al nostro ruolo come Ispra, dal momento in cui ci viene chiesta una valutazione possiamo rispondere in tempi rapidissimi. Tuttavia per le analisi genetiche per stabilire di quale animale si tratta i tempi sono più lunghi: abbiamo avuto i risultati sull’attacco di marzo soltanto due giorni fa”.