In occasione della Giornata Europea dei Parchi, Stefano Cazora capo addestramento della Scuola forestale dei carabinieri, racconta come vengono formati i nuovi militari con più attenzione alla natura, il conflitto uomo-animale e la necessità di combattere quei reati fastidiosi che avvengono nei nostri territori. L’esercito “verde” si forma ai piedi del massiccio del Terminillo, nel cuore del Lazio. È lì, a Cittaducale in provincia di Rieti, che tra boschi e aule crescono i nuovi difensori chiamati a tutelare contemporaneamente l’uomo e l’ambiente. Studiano, si immergono tra gli alberi, imparano a conoscere le specie e soprattutto le leggi con un unico obiettivo: proteggere il patrimonio più prezioso che abbiamo, la natura.

 

Oggi, in tutta Europa si celebra la Giornata Europea dei Parchi, istituita per promuovere la conoscenza delle aree naturali protette del Vecchio continente. In Italia si contano 24 parchi nazionali che sono parte di tutte le 871 aree protette o riserve del Paese. Se in queste zone non dilaga la cementificazione o l’abusivismo, se si riescono – talvolta con difficoltà – a mantenere gli equilibri della convivenza uomo-fauna selvatica, spesso lo si deve a loro: i carabinieri forestali, le sentinelle che vigilano costantemente su questi territori. Tra crisi climatica e della biodiversità, tra consumo di suolo e conflitti,  per poterli difendere devono però costantemente “studiare, aggiornarsi, affinché si possa lasciare un grande patrimonio alle future generazioni”, racconta a il Tenente colonnello Stefano Cazora, capo ufficio addestramento della Scuola forestale carabinieri.

Che ruolo svolgono i carabinieri forestali nei parchi d’Italia?

“Noi siamo presenti in tutti i parchi nazionali d’Italia, con circa 800 tra uomini e donne che si occupano soltanto di tutelare gli scrigni più preziosi della biodiversità. Si tratta di una attività molto delicata perché da una parte devi proteggere il patrimonio a vantaggio delle future generazioni, come sanciscono anche i nuovi passaggi della costituzione sull’ambiente, e al tempo stesso devi permettere determinate attività antropiche. Per riuscirci serve un equilibrio, preparazione, non solo giuridica, ma anche tecnica scientifica e soprattutto umana. Perché qui, nei parchi, c’è spesso uno scontro di esigenze di conservazione e di sviluppo, oppure una difficile convivenza uomo-animale”.

Che territorio tutelate?

“Tuteliamo circa tre milioni di ettari di aree nazionali. Ci sono 150 tra stazioni e reparti per garantire questa tutela. Poi un altro settore dei forestali è dedicato ad altre aree protette e infine ci sono 150 riserve naturali dello Stato e foreste demaniali che gestisce direttamente l’Arma per studio e ricerca, ma soprattutto per l’educazione alla legalità e quella ambientale. Quest’ultima per noi è fondamentale: bisogna prevenire i reati insegnando ai più piccoli”.

Di quali reati soffrono i nostri parchi?

“Bisogna sempre tener conto che i parchi hanno un regime particolare: oltre a normative nazionali ci sono poi da rispettare le norme specifiche del parco. I carabinieri si occupano di verificare che siano rispettate entrambe, soprattutto agendo nella vita quotidiana delle popolazioni che abitano queste aree. Purtroppo esiste ancora un problema di scarichi abusivi e di abusi edilizi in zone bellissime, da proteggere, ma dove troppo spesso c’è chi vuole cementificare. Se forse grazie alla prevenzione e l’informazione sono in calo fenomeni come il bracconaggio, anche se ovviamente possono esserci dei casi per esempio di avvelenamento, dall’altra parte c’è ancora un problema di rifiuti. L’ambiente che ci circonda è la nostra casa comune: per molti cittadini questa consapevolezza cresce, altrettanti però considerano tutto ciò che è fuori dalla propria casa come una discarica, alimentando il traffico illecito di rifiuti e gli sversamenti”.

Come si formano i nuovi carabinieri forestali chiamati a proteggere il territorio?

“Il nostro direi che è un esercito verde ambientale specializzato e variegato come campi di azione. La scuola forestale dei carabinieri ha una storia centenaria, dove si sono formate intere generazione di tutori dell’ambiente. A Cittaducale, tra due ex conventi francescani –  guarda caso San Francesco è patrono dell’ecologia – c’è la nostra  ‘palestra’ per esercitazioni e studiare. Lì trasmettiamo la passione per una missione, tutelare un patrimonio che è di tutti. Come? Facendo vivere agli studenti la natura in un arboreto didattico, conoscendo la biodiversità vegetale, attraverso escursioni e tanto aggiornamento professionale. Ogni anno 2000 carabinieri transitano da noi. Di recente qui si sono formati anche 120 carabinieri agroalimentari e proprio questa settimana c’è un corso dedicato a chi lavora nei parchi nazionali. La filosofia è sempre: studiare e toccare con mano per capire cosa dobbiamo proteggere”.

Anche le emergenze attuali, dalla crisi del clima a quella della biodiversità, sono materie di studio e preparazione?

“Sì, abbiamo a che fare con materie in continuo aggiornamento. Crisi del clima, perdita di habitat, convivenza uomo-natura, ecologia. Per capire meglio facciamo molte conferenze, invitando studiosi, ma anche associazionismo e società civile. Vogliamo avere un occhio attento al rapporto uomo e natura, che sia di sostenibilità e convivenza, sempre nel rispetto della legge. Per noi è fondamentale conoscere queste materie per avere un rapporto di prossimità con i cittadini e con l’ambiente: conoscenza del territorio significa saperlo leggere e interpretare. Quando c’è conoscenza poi possiamo anche portare il nostro contributo altrove, come sta accadendo per i forestali ora in soccorso nell’Emilia Romagna colpita dalle alluvioni”.

Quali sono i parchi più difficili da difendere? Di cosa avrebbero bisogno?

“I parchi più antropizzati, quelli con più attività turistiche, vanno più controllati. Qui, nel nostro rapporto con la comunità, tentiamo di insegnare anche a chi vuole avventurarsi in zone selvagge, che da noi ancora esistono per fortuna come in certe aree dell’Appennino, le indicazioni corrette su come approcciarsi alla natura. Tanti incidenti si possono evitare se si ha piena consapevolezza, che non sempre avviene, che la montagna e gli animali hanno le loro regole, che il tempo e il clima cambia in maniera repentina e che nei nostri boschi per fortuna sono tornati a vivere orsi, lupi e tanti animali con i quali bisogna saper comportarsi, come regolarsi. Il maggior bisogno è dunque quello di una conoscenza condivisa”.

Infine, quale è la sfida più complessa per i carabinieri che oggi operano nelle aree naturali?

“Direi che è approcciarsi agli interlocutori più vari. Oggi il carabiniere forestale si ritrova a dialogare spesso con persone completamente diverse, opposte. C’è il cacciatore e  l’animalista, il menefreghista e quello attentissimo a non far cadere nemmeno una cartaccia per terra: ecco, grazie alla psicologia e la conoscenza, noi dobbiamo sapere dialogare con ognuno di loro per far capire il rispetto della legge, che è il nostro faro. Così come per noi è importante capire che se veniamo chiamati dalla signora isolata che ha il perso gatto scappato su albero non è da prendere sotto gamba allo stesso modo di un altro intervento. Ci vuole la giusta attenzione a tutte le tipologie di problemi. A tutti i cittadini dobbiamo dare attenzione e ascolto e lo stesso vale esattamente per il parco e la Natura”.