Ciò che un tempo per gli allevatori era considerata una ricchezza, la lana, è diventata oggi un costo. Perché se da una parte l’allevamento delle pecore ha subito un’accelerazione per l’aumento della domanda di carne ovina o per la produzione di formaggi,  l’uso della lana però si è ridotto notevolmente. Sostituita nell’abbigliamento da fibre sintetiche più inquinanti, ma meno costose oppure da lane d’importazione. Cosa farne quindi 1200 tonnellate di lana che restano sul territorio italiano considerate “rifiuto speciale”? 

Di questo si è parlato nei giorni scorsi a Biella al convegno nazionale per la terza edizione “Giornata internazionale della lana” che ricorrerà il 9 aprile. Organizzata dall’associazione Gomitolorosa in collaborazione con l’Agenzia lane d’Italia e Legambiente con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, durante il convegno sono stati presentati tre progetti che trasformano un rifiuto prezioso come la lana in una risorsa. Un utilizzo creativo, sostenibile e utile. Tenendo appunto conto del fatto che considerato “rifiuto speciale”, la lana non può essere abbandonata né bruciata. Eppure gli ovini – in Italia sono presenti circa 8 milioni con una produzione annua di 10/12 milioni di chili di lana – allevati per per carne  e prodotti caseari vanno tosati e la loro lana considerata di poco pregio. Basta pensare che l’80% viene esportato senza le operazioni di lavaggio, principalmente in India, Cina, sud est Europa. 

Solo il 10-15% viene utilizzata per consumo interno. Principalmente la lana utilizzata è quella delle pecore di razze che sono state incrociate con le pecore merinos, proprio per migliorare la qualità della lana, questa è diretta al settore dell’abbigliamento, arredamento e una piccola parte per la bioedilizia. Non essendoci quasi più lavaggi in Italia, una parte viene inviata all’estero per lavaggio e pettinatura e poi reimportata.


Progetti d’utilizzo

Per le circa 1200 tonnellate di lana che restano sul territorio italiano sono stati presi in considerazione negli ultimi anni, molti possibili utilizzi, che vanno dall’ambito tessile per la realizzazione di tessuti diretti al settore della moda ecosostenibile, alle lavorazioni artigianali, con lo sviluppo di microeconomie locali, al comparto dell’arredo e degli accessori, o nel settore dei pannelli isolanti e fonoassorbenti, oppure ancora per la bonifica dei fondali e come fertilizzante organico.

 È quindi importante evidenziare i progetti virtuosi ossia quelli che costruiscono percorsi seri e duraturi, che garantiscono una filiera di buone azioni che portano a risultati concreti dove ognuno fa la sua parte, la ricerca, gli allevatori, gli imprenditori e infine il consumatore, per un prodotto che esprime un legame forte con il suo territorio di origine e dà valore all’intera catena produttiva, dalla pecora al tessuto.


Il progetto Sopra Visso

Una storia di eccellenza tutta italiana in cui sono protagonisti la riscoperta di una lana antica e gli artigiani di Loro PIana: un misto prezioso di lane merino in cui predomina la Sopravissana, che deriva da una razza di pecore italiane originarie di Visso, piccolo borgo incastonato nei Monti Sibillini. Il risultato è un tessuto che si ispira agli Sheltland e agli Harris, ora protagonisti di una collezione denominata Sopra Visso in colori presi in prestito dalla natura e dai paesaggi del centro Italia.

Infografica

Come si crea una startup green: passo dopo passo

a cura di Paula Simonetti

Agrivello, il progetto che converte lana di pecora in fertilizzante 

Nel 2021 a Udine è stato lanciato il progetto di Chiara Spigarelli, classe 1990 agronoma, che vuole convertire la lana di pecora in fertilizzante. Si tratta di una startup che ruota attorno a quattro pilastri: il benessere dell’animale, la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il punto di partenza del suo progetto è stato di fornire una soluzione al problema dello smaltimento della lana in modo sostenibile. Agrivello coinvolge nel processo di trasformazione allevatori e istituzioni locali, tecnici scientifici e anche soggetti con fragilità.  “Non è un prodotto anonimo, da scaffale, ma è legato a un territorio, a una cultura. Dentro la scatola di pellet c’è il lavoro di tanti, perché da soli non si va da nessuna parte” ha spiegato Chiara Spigarelli.

Gomitolorosa

Un progetto di economia circolare a scopo solidale, terapeutico e ambientale L’associazione Gomitolorosa, presieduta dal senologo Alberto Costa, riutilizza la lana che altrimenti andrebbe smaltita, per realizzare progetti di lanaterapia nei reparti oncologici. Sferruzzare nelle interminabili, e spesso angosciose, attese per gli esami o per la terapia è un modo per distendere l’ansia. 

Al fine di dare una seconda vita alla lana, l’associazione sta ora sperimentando un nuovo progetto ambientale e sociale: le palline lanasciuga realizzate in maniera artigianale dagli ospiti di centri accoglienza, le prime in Italia di lana autoctona. Attenzione all’ambiente, solidarietà, benessere, empowerment e integrazione che sono le parole cardine del nuovo progetto Gomitolorosa, con cui si intende proseguire nel recupero della lana autoctona italiana, salvaguardando l’ambiente.