Più impariamo a conoscerli più ci stupiscono, eppure non siamo ancora in grado di proteggerli davvero. Animali iconici per simpatia e intelligenza, le ricerche sui delfini continuano a svelarci le incredibili abilità di questi cetacei: dalla capacità di “gridare” per comunicare con altri esemplari in modo da farsi sentire anche quando l’inquinamento acustico delle navi disturba il loro habitat, sino al talento di riuscire, sott’acqua, a distinguere oggetti simili ma con differenze di appena un capello di spessore.

Le due ricerche che ci svelano queste competenze dei delfini, la prima sull’acustica condotta da un team internazionale di esperti e pubblicata su Current Biology e la seconda realizzata da ricercatori danesi insieme a colleghi spagnoli, sono soltanto fra le ultime di centinaia di pubblicazioni scientifiche che dimostrano quanto ancora possiamo scoprire (e imparare) sui tursiopi.

Oggi, in occasione della Giornata mondiale dei delfini, è tempo di tracciare un bilancio anche sulle condizioni dei cetacei di casa nostra che tra inquinamento ambientale e da plastica, sovrapesca, reti fantasma e malattie (come il morbillivirus) sempre più spesso vengono purtroppo ritrovati spiaggiati sulle coste italiane.

Il bilancio del 2022 l’ha tracciato la “Banca Dati Spiaggiamenti” gestita dal CIBRA dell’Università degli studi di Pavia e dal Museo di Storia Naturale di Milano, in cui viene raccontato come lo scorso anno sono stati 162 quelli rinvenuti sui litorali e già 30 nei primi tre mesi del 2023. Una cifra alta ma fortunatamente inferiore al record negativo di 210 esemplari del 2021.  Va anche detto che lo scorso anno sono stati rinvenuti circa una trentina di cetacei “non determinati”, di cui per via dell’avanzato stato di decomposizione non è stato possibile risalire alla specie.

Dalla banca dati emerge comunque che i cetacei maggiormente coinvolti negli spiaggiamenti in Italia sono proprio i delfini: 71 i  tursiopi (Tursiops truncatus) e 48 le stenelle (Stenella coeruleoalba) ritrovati senza vita.

“Le morti di questi splendidi mammiferi marini sono da attribuire a cause naturali ma anche a cause di origine antropica. In particolare, le interazioni dei delfini con le attività di pesca professionale: i delfini riportano gravi lesioni derivanti dalle interazioni con le attrezzature da pesca, oppure restano impigliati o avvolti dalle reti dopo essersi avvicinati alle imbarcazioni alla ricerca di cibo” fanno sapere dal team del progetto Life Delfi, iniziativa cofinanziata dal Programma LIFE dell’Unione Europea e coordinata da IRBIM-CNR.

Nonostante le loro straordinarie abilità – spesso anche nello “schivare” gli effetti delle azioni dell’uomo – i delfini poco possono fare contro reti da pesca e catture accidentali. Per questo da Life Delfi in occasione della Giornata mondiale dei delfini rilanciano l’idea dell’adozione di un “Codice di condotta” per i pescatori.

Anche le necroscopie effettuate dal CERT dell’Università di Padova hanno spesso rilevato infatti come le cause di morte lungo le nostre coste siano dovute proprio dagli effetti della pesca: per questo “per limitare le interazioni tra delfini e pesca professionale, fenomeno che implica gravi conseguenze per i cetacei ma anche per i pescatori che subiscono perdite economiche per via dei danni che i delfini provocano agli attrezzi”, da più di tre anni è in atto una “campagna di sensibilizzazione fra i pescatori” a cui sono stati forniti dissuasori acustici e visivi per evitare spiacevoli scontri o catture.

“Inoltre per tutti gli operatori del mare sono stati organizzati corsi di formazione per la realizzazione di attività economiche alternative come il dolphin watching” ha spiegato Alessandro Lucchetti, ricercatore di IRBIM-CNR e coordinatore del progetto Life Delfi, ricordando anche l’importanza di sostituire attrezzi come le reti da posta con quelle a più basso impatto ambientale come le nasse.

Come racconta Federica Barbera dell’ufficio Aree Protette e Biodiversità di Legambiente “abbiamo riscontrato da parte dei pescatori tanta disponibilità e soprattutto volontà affinché vengano ridotte le catture indesiderate. Tanti pescatori hanno provato ad accantonare le loro modalità di pesca usate per anni e testare innovative tecniche di pesca sostenibile e attrezzature alternative come le nasse del progetto Life Delfi”.

In generale, per aiutare il futuro dei delfini, i pescatori sono però invitati a fare di più e attenersi a un Codice di condotta, un documento che definisce principi di responsabilità e buone pratiche per la conservazione e gestione sostenibile delle risorse di pesca e la salvaguardia della biodiversità dei mari.

Se gli operatori del mare riusciranno ad attenersi a pratiche positive e meno impattanti per i delfini, secondo Legambiente in futuro si potrebbero anche aprire le porte a una certificazione di etichettatura ecologica per il pescato da parte delle imbarcazioni “virtuose” e amiche dei delfini.