SHARM EL-SHEIKH. La eco del G20 di Bali rimbalza fino a Sharm El-Sheikh e rimette in moto una trattativa sul clima che sembrava essersi arenata di fronte a una serie di veti incrociati, a tre giorni dalla chiusura della 27esima conferenza sul clima delle Nazioni Unite. La dichiarazione finale dei 20 Grandi riuniti in Indonesia ha colto di sorpresa persino i più ottimisti tra gli sherpa impegnati sui tavoli negoziali della Cop27. A cominciare dal riconoscimento che la crisi energetica dovuta ai combustibili fossili attanaglia il mondo.
Come conseguenza i leader del G20 hanno dato mandato ai loro ministri presenti a Sharm El-Sheikh di “aumentare urgentemente l’ambizione di mitigazione e adattamento”, ma anche in materia di finanza climatica e loss and damage, perdite e danni. Il G20 ha poi ribadito la necessità di rimettere mano ai piani climatici per il 2030 per allinearli all’accordo di Parigi, visto che quelli attualmente adottati ci mettono sulla buona strada per 2,4°C entro il 2100, anziché gli 1,5 gradi stabiliti a Parigi.
Proprio questa mattina un gruppo di giovani attivisti aveva protestato all’interno della Cop27 per difendere l’obiettivo degli 1,5 gradi, che ormai sembrava essere relegato al libro dei sogni dalla maggior parte delle delegazioni. Da Bali invece arriva una indicazione precisa: i leader del G20 hanno riaffermato il loro impegno per il limite di 1,5°C, riconoscendo che gli impatti climatici saranno tanto inferiori quanto più l’aumento della temperatura media verrà mantenuto entro tale limite. Quindi “hanno deciso di proseguire gli sforzi per” riuscirci. E questo dovrebbe chiudere definitivamente il dibattito.
Da Bali de profundis, almeno a parole, anche per i combustibili fossili. I leader G20 riconoscono che l’insicurezza e la volatilità dei combustibili fossili, gas in primis, sta provocando un forte impatto su famiglie e imprese e che quindi la soluzione consiste nell’accelerare la transizione verso un’energia pulita e sicura. Dunque la strada è segnata: energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Può festeggiare anche Mia Mottley, la premier delle Barbados che a Cop27, sostenuta dalla Francia, aveva proposto la cosiddetta Agenda Bridgetown per riformare la finanza climatica, in modo da evitare l’indebitamento dei Paesi vulnerabili: il G20 ha infatti chiesto alle banche multilaterali di sviluppo di fare un passo avanti, proprio sulla scia dell’iniziativa Bridgetown, affermando che la revisione indipendente del G20 sulle loro pratiche di prestito verrà aggiornata entro la primavera del 2023.
Insomma, da Bali, anche sul clima, arriva un incoraggiamento a chi crede nel multilateralismo, nel sedersi intorno a un tavolo, anche se si è in 198 (come nel caso di Cop27), per cercare una soluzione che metta d’accordo tutti. Diciannove dei Paesi del G20 hanno ribadito che questa non può essere un’era in cui i conflitti si risolvono con la guerra. E si rivolgevano chiaramente al 20esimo membro del club, la Russia di Putin.
Le prossime ore ci diranno se l’accordo dei leader in Indonesia produrrà risultati in corso al centro congressi di Sharm El-Sheikh.