A metà del Trecento la peste nera in Europa non ha colpito ovunque con la stessa intensità. Ci sono state isole felici in parte risparmiate dall’epidemia come in Irlanda e nella penisola iberica. Una storia ancora non scritta ma che viene raccontata dai pollini e dalle spore delle piante presenti all’epoca e che si sono conservati fino ad oggi. La flora vegetale è stata una testimone silenziosa di quel periodo. A partire dalla stratificazione di questi resti, che spesso di depositano sul fondo di laghi e torbiere, un gruppo di palinologi e storici della Sapienza di Roma e del Max Planck Institute for the Science of Human History di Jena, in germania, ha ricostruito i cambiamenti del paesaggio dovuti al tasso di diffusione e di mortalità della peste nera.

“Nelle zone dove l’infezione ha fatto strage, come nel Centro Italia e non solo, la successione storica dei pollini fossili indica un passaggio più o meno radicale da specie vegetali per l’agricoltura, come i cereali, ad arbusti ed alberi forestali. – spiega Alessia Masi, palinologa e archeobotanica della Sapienza di Roma che ha coordinato lo studio . Una desertificazione della campagna dovuta alla peste, che ha favorito la rinaturalizzazione spontanea. Dove l’epidemia è rimasta periferica non sono state registrate variazioni importanti nella composizione dei pollini che rimangono quelli da coltura alimentare o delle erbe spontanee che crescono nei pascoli degli allevamenti”.

Secondo le principali fonti storiche in cinque anni, dal 1347 al 1352, questa malattia trasmessa dal batterio Yersina pestis ha dimezzato la popolazione complessiva del continente. Ma la realtà che emerge dallo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Nature Ecology and Evolution dimostra che il bilancio delle vittime varia su base geografica.

Per interpretare la dinamica dei paesaggi gli studiosi hanno esaminato 1.634 campioni campioni accumulati in 261 giacimenti in tutto il continente tra il 1250 e 1450, un intervallo che comprende sia il periodo pre pandemia che quello immediatamente successivo. I pollini fossili hanno confermato un declino tragico delle coltivazioni in Scandinavia, Francia, Germania sudoccidentale, Grecia e Italia mentre in gran parte dell’Europa centrale e orientale, l’Irlanda e la Spagna, i reperti vegetali hanno rivelato una crescita pressoché ininterrotta delle piante agricole.

Utilizzando un nuovo approccio chiamato Big-Data Paleoecology (BDP) è stato possibile riconoscere le specie che in quel periodo crescevano e in quali quantità, e stabilire se le attività agricole in ciascuna regione sono continuate o sono state interrotte con il sopravvento del bosco.