I cambiamenti climatici si mangiano la terra, mandando in fumo la vegetazione, che sia di foreste tropicali, savane e taiga, e negli ultimi anni sempre di più rispetto al passato. Di quanto? Secondo alcune stime, i soli effetti dei cambiamenti climatici hanno aumentato le terre bruciate del 16% circa in appena 16 anni, dal 2003 al 2019. Lo sostengono gli autori di una ricerca appena pubblicata sulle pagine di Nature Climate Change, preziosa per capire quello che ci aspetta in futuro, puntualizzano gli esperti.
Finora mancava una stima del diretto contributo al fenomeno da parte dei cambiamenti climatici, in parte per la complessità della materia di studio, che deve considerare il peso di tanti fattori, spiegano in un blog Seppe Lampe e Douglas I. Kelley, tra gli autori del paper (rispettivamente della Vrije Universiteit di Bruxelles e dell’UK Centre for Ecology and Hydrology, di Wallingford).
Di fatto non ci sono solo i cambiamenti climatici da considerare, continuano gli esperti, ma anche tutte quelle modifiche apportate sul territorio dalle attività umane – che sia l’utilizzo del territorio a scopo agricolo, la sua urbanizzazione e la semplice crescita della popolazione – che possono contrastare il fenomeno degli incendi e il cui contributo non è chiaro.
Ed è per questo che il team di Lampe e colleghi si è impegnato nel compito di stimare l’influenza dei cambiamenti climatici sui trend degli incendi che hanno interessato diversi tipi di foreste e continenti negli ultimi anni. Per farlo hanno utilizzato dei modelli e un sistema di riferimento che permettesse loro di considerare il contributo dei diversi fattori di origine umana, mettendo a confronto in particolare il contributo dei cambiamenti climatici rispetto a una condizione in cui questi non si fossero realizzati e le emissioni di anidride carbonica fossero ferme agli inizi del Novecento.
Il risultato è che se non avessimo avuto impennate di temperature ed emissioni avremmo avuto meno incendi, scrivono gli autori. Oltre all’aumento del 16% delle aree bruciate tra il 2003 e il 2019, gli scienziati hanno stimato l’effetto per i diversi continenti, calcolando un aumento del 22% per l’Australia settentrionale, quasi del 30% nel Sudamerica, del 17% circa in Siberia e del 15% circa nel Nord America.
“??Queste regioni sono state spesso al centro dell’attenzione dei media negli ultimi anni a causa di terribili incendi, e i nostri modelli confermano che questa tendenza porta il segno del cambiamento climatico”, ha commentato in una nota Chantelle Burton dell’UK Met Office, prima autrice del paper. Quando i ricercatori hanno quindi analizzato il peso di fattori socio-economici, come il cambio nella destinazione di utilizzo del suolo o le variazioni di densità abitative, hanno osservato una diminuzione del 19% circa nelle aree bruciate secondo le loro simulazioni.
Questo non significa che stiamo gestendo bene il problema, affatto. A livello locale, si legge ancora nello studio, i cambiamenti climatici in diverse regioni, come Australia, Sud America e Siberia, hanno ancora la meglio. E pesano ogni anno di più, aggiunge Lampe. “Quanto osservato sottolinea l’importanza di riduzioni immediate, drastiche e sostenute delle emissioni di gas serra insieme a strategie di gestione del territorio e degli incendi per stabilizzare i loro impatti su vite, mezzi di sussistenza ed ecosistemi”, concludono infine gli esperti.