Degli insetti non si butta via niente. Potrebbe esser questo il motto alimentare per i decenni a venire. Già, perché se ormai abbiamo, chi più chi meno, familiarizzato almeno con l’idea che un giorno potremmo ricavare cibo proteinico anche da questi animali, in modo più sostenibile di quanto facciamo oggi dagli allevamenti tradizionali, c’è chi suggerisce un modo per sfruttare tutto il buono degli insetti. Quello che non si mangia, per esempio, potrebbe essere utilizzato come fertilizzante. Esoscheletri ma anche feci, in modo non così diverso dal classico letame. L’idea arriva da alcuni ricercatori della Wageningen University che sulle pagine di Trends in Plant Science spiegano come esoscheletri e deiezioni di insetti – tecnicamente frass – potrebbero giovare all’agricoltura. Un ruolo finora sottostimato per loro.

Come suggeriscono gli autori con un’eloquente immagine a corredo della ricerca, quando si parla di insetti e piante, in genere si pensa a una relazione tipica o degli impollinatori, tanto preziosi per i frutti, o dei parassiti, al contrario tutt’altro che preziosi, anzi. Eppure gli insetti potrebbero contribuire in altri modi alla salute delle piante, tanto più, ricordano gli autori, dopo il via libera da parte dell’Europa al loro utilizzo come mangime di suini e pollame e le aperture anche al loro uso direttamente sulle nostre tavole. Perché questo significa che di sottoprodotti degli insetti ce ne saranno abbastanza, sempre di più. Allora perché non utilizzarli come fertilizzanti, realizzando un’agricoltura circolare? Circolare ammettendo che gli scarti dell’agricoltura vengono usati per alimentare gli insetti, questi per alimentare noi, e i loro residui per fertilizzare il suolo.

I residui degli allevamenti di insetti di cui parlano i ricercatori sono essenzialmente di due tipi: esoscheletri e frass. I primi sono le corazze degli insetti, sono fatti di chitina, un polimero abbondantissimo in natura, e che alcuni batteri possono digerire. D’altra parte invece il frass – che comprende in realtà anche pezzi di esoscheletri e cibo non digerito dagli insetti – è ricco di azoto e di altri nutrienti, come fosforo e potassio. Il loro uso combinato in agricoltura potrebbe avere ripercussioni positive su diversi aspetti della salute delle piante, aumentandone la produttività scommettono gli esperti.

“Alcuni batteri possono metabolizzare la chitina, e questi microrganismi aiutano le piante a essere più resilienti nei confronti di malattie e parassiti“, ha commentato Marcel Dicke, tra gli autori dell’articolo: “Quando l’esuvia (ciò che resta dell’esoscheletro dopo la muta, ndr) viene aggiunta ai terreni, le popolazioni di questi batteri possono aumentare”. I batteri dunque possono aumentare la resistenza della pianta, ma anche il frass potrebbe farlo. Oltre infatti a rendere facilmente disponibili nutrienti per aumentare la biomassa della pianta, continuano gli autori, i batteri associati al frass stesso potrebbero indirettamente avere ulteriori effetti benefici.

 

In realtà, concludono gli esperti, la conoscenza sulle interazioni tra i resti di insetti, insetti, piante e microrganismi è ancora lacunosa. Servirebbe testare sul campo, e non solo in laboratorio, come sfruttare al meglio gli insetti che finiranno nei nostri piatti.