CITTÀ DEL VATICANO – “Travolto dalla plastica, dall’inquinamento che sta sbiancando i coralli, con i fondali desertificati dalla pesca intensiva. La scienza è chiara: l’oceano è sotto assedio, sta affrontando minacce senza precedenti a causa delle attività umane”. Non lasciano spazio a dubbi le parole di Roberto Danovaro, presidente della stazione di zoologia marina “Anton Dohrn” di Napoli, uno dei punti di eccellenza della ricerca italiana. Qui si guardano da vicino i danni del cambiamento climatico nel mare. Il professor Danovaro questa mattina sarà con un gruppo di scienziati arrivati a Roma da ogni parte del mondo in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani. Saranno in Vaticano non solo per partecipare al convegno organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, ma anche per consegnare un documento a Papa Francesco. Un messaggio dove viene descritto, su basi scientifiche, lo stato di salute dell’immenso ecosistema blu e delle conseguenze economiche e sociali, causate dall’inquinamento degli oceani e dei mari. Conseguenze che riguardano la vita di miliardi di persone.
Tra gli scienziati c’è anche Jeffrey Sachs, l’economista statunitense tra i più noti e pioniere negli studi sullo sviluppo sostenibile. Il docente e direttore dell’Earth Institute della Columbia University è stato chiamato dall’Onu a guidare il Leadership council del Sustainable development solution network, una rete che coinvolge oltre 1.600 istituzioni scientifiche, accademiche, imprenditoriali e della società civile impegnate nello sviluppo di modelli economici equi e sostenibili. Sachs è uno dei consulenti per le Nazioni Unite, sotto la cui egida opera da dieci anni.
Il gruppo di scienziati ha elaborato un documento in cui vengono illustrati i rischi principali che minacciano l’oceano e il potenziale che potrebbero invece offrire se lo utilizzassimo in modo diverso. Per migliorare la salute del pianeta e il benessere umano. Perché, nonostante lo abbiamo reso sempre più vulnerabile, è grazie all’oceano che la Terra può essere abitabile, fornendoci cibo, acqua potabile, ossigeno, posti di lavoro, risorse minerali ed energetiche.
Professor Danovaro, che tipo di messaggio porterete a Papa Francesco?
“L’oceano rappresenta le nostre origini ed è indispensabile per gli equilibri mondiali. Per questo presenteremo, sulla base delle evidenze scientifiche, quale sia lo stato di degrado di questo risorsa, la più importante per il nostro futuro sostenibile e i motivi per cui l’oceano diventerà un nuovo terreno di scontro tra i Paesi. Un campo di battaglia per accaparrarsi le risorse che proprio dall’acqua possono arrivare: pensiamo alle materie prime, alla possibilità di sfruttamento dell’energia alternativa, l’alimentazione. Ci sono un miliardo e 300 milioni di persone al mondo che traggono il proprio sostentamento dal mare”.
Quali soluzioni proponete?
“Le nostre proposte saranno in linea con lo spirito della frase scelta dalle Nazioni Unite per questo 8 giugno ‘Rivitalizzazione: un’azione collettiva per l’oceano’. Richiama ciascuno a riparare i danni che l’umanità continua a infliggere alla vita marina e ai mezzi di sussistenza che l’oceano fornisce. Per proteggerlo, bisogna cambiare mentalità, tutti insieme. Governi e singoli cittadini. Ovunque. Gli scienziati devono convincere il mondo di quanto sia importante per noi tutti il mare: una grande fonte di energia, di cibo, di materiali. Utili alla crescita globale. Ci siamo riusciti con l’Antartide. Dobbiamo fare la stessa cosa per gli oceani”.
Fra i temi principali quest’anno c’è anche l’indicazione del percorso da intraprendere nel Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile proclamato dall’Onu. Quali sono le soluzioni per una gestione sostenibile, guardando anche alla tecnologia verde?
“Anche questo tema farà parte del nostro messaggio a Papa Francesco. Perché non si può prescindere dal fatto che miliardi di persone al mondo dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento. A livello globale, il valore di mercato delle risorse e delle industrie marine e costiere è stimato a 3.000 miliardi di dollari all’anno, ovvero circa il 5% del Pil globale. Circa l’80% del volume del commercio internazionale di merci viene trasportato via mare e la pesca marittima impiega direttamente o indirettamente oltre 200 milioni di persone. Bastano questi dati per capire che bisogna parlare di sviluppo sì sostenibile, ma anche equo. E questo problema riguarda soprattutto le infrastrutture, la tecnologia. Ci sono popolazioni che non riescono ad accedere alla tecnologia, con cui potrebbero risolvere il problema delle risorse idriche, penso ad esempio alla costruzione di desalinizzatori nelle zone dove ci sono gravi problemi di siccità, per irrigare o produrre energia. Nei paesi più industrializzati, ci sono già”
Qual è la situazione delle acque italiane?
“L’Italia è uno dei fanalini di coda nella protezione marina: è protetto efficacemente meno dello 0,1% secondo i dati forniti dal Marine conservation institute e si riscontra un’incongruenza tra la visione italiana di protezione dell’ambiente e le indicazioni a livello internazionale. Le Aree marine protette includono meno del 50% delle Zone speciali di conservazione e tutto ciò che rimane fuori non viene né monitorato né protetto. Bisogna quindi espandere la protezione partendo dall’ampliamento verso il largo delle aree protette già esistenti”.
L’occasione del Decennio del mare permetterà un inversione di marcia anche in Italia?
“Ricordiamoci innanzitutto che circa l’80% dell’inquinamento marino e costiero ha origine sulla terraferma, compresi i deflussi agricoli, i pesticidi, la plastica e le acque reflue non trattate. Il mare assorbe il 40% dell’anidride carbonica prodotta in eccesso dalle attività umane riuscendo a mitigare l’effetto dei cambiamenti climatici globali, pagando un prezzo alto: il surriscaldamento dell’acqua e l’acidificazione che sta mettendo in difficoltà la crescita e la riproduzione di molte specie. Ricordiamoci che esiste un solo pianeta e un solo oceano. E abbiamo bisogno che siano sani”.