La Gran Bretagna volta pagina e sceglie i laburisti. Ma festeggeranno anche i movimenti per l’ambiente che hanno a Londra la loro principale fucina mondiale? Partiamo dalle certezze: il governo tory guidato da Rishi Sunak è accusato di aver effettuato sulle politiche climatiche una U turn, una inversione a U, rispetto ai suoi predecessori. Boris Johnson, che certo non era Greta Thunberg, investì molte energie nella organizzazione della Cop26 di Glasgow, tanto da affidarne la presidenza al suo ministro dell’Energia e dell’Industria Alok Sharma. Ma Sunak, affamato di tagli per la crisi economica post Brexit, ha finito per sforbiciare soprattutto gli investimenti green, a cominciare dall’eolico a terra.


I laburisti guidati da Keir Starmer andranno visti all’opera. Di sicuro però non hanno puntato sulla transizione ecologica per conquistare voti in campagna elettorale. Anzi, come fa notare il Guardian, nell’unico duello televisivo tra il premier in carica e il suo probabile successore, è stato Sunak ha tirare in ballo il clima: “I piani green del Labour porteranno solo nuove tasse”. Per il resto dello scontro tv, l’argomento è stato accuratamente evitato. Segno che evidentemente, fatta eccezione per l’élite londinese, non gode di grande popolarità tra un elettorato alle prese con difficoltà economiche senza precedenti negli ultimi decenni. Significa che Starmer tradirà le aspettative green del suo zoccolo duro progressista? Non è detto. Una volta insediatosi a Downing Street con una amplissima maggioranza (412 deputati su 650) avrà ampio margine per avviare politiche anche impopolari. E gli ambientalisti già lo tirano per la giacca con Areeba Hamid che gli chiede di “cogliere le opportunità di rilancio economico e indipendenza energetica”. Non a caso, pur non esponendosi direttamente, ha mandato avanti Ed Miliband, finora ministro ombra per la Sicurezza energetica e probabile membro del governo laburista nello stesso ruolo.

Miliband ha confermato che la Gran Bretagna vuole assumere un ruolo di leadership nella lotta ai cambiamenti climatici, per riempire un vuoto, probabilmente riferendosi alla debolezza dell’Amministrazione Biden negli ultimi anni. Ma quel vuoto rischia di diventare una voragine con l’eventuale approdo di Donald Trump alla Casa Bianca. E il contestuale indebolimento delle politiche green dell’Unione europea: se la Ue non è riuscita a guidare la transizione globale durante il primo mandato di Trump, pur avendo a Bruxelles un vicepresidente come Frans Timmermans, figuriamoci ora che l’avanza delle destre del continente mira proprio a frenare il Green deal. Miliband promette che tra i primi atti del nuovo governo ci sarà la revoca del divieto sull’energia eolica onshore. “L’inversione a U di Sunak sul clima è stato un errore storico”, ha detto in una intervista. “Se vinciamo, coglieremo l’attimo: non c’è un minuto da perdere nella spinta verso l’energia pulita entro il 2030 e nella spinta all’azione per il clima. Il mondo è fuori strada, la Gran Bretagna è fuori strada e intendiamo cambiare direzione”.


Nel programma elettorale dei laburisti sono tre i punti qualificanti delle politiche green. Un piano di “prosperità verde” per investire nella transizione climatica. 650.000 posti di lavoro verdi entro il 2030, pagati da una tassa sulle entrate straordinarie sui conglomerati di petrolio e gas. La nascita di Great British Energy, una società di energia pulita di proprietà pubblica, con un’iniezione di capitale di 8,3 miliardi di sterline, per garantire che tutta l’energia provenga da fonti di elettricità a zero emissioni di carbonio entro il 2030. Misure speciali per le società idriche inadempienti: gli enti regolatori avranno il potere di bloccare il pagamento dei bonus ai dirigenti e di sporgere denuncia penale contro i trasgressori della legge. Promesse che saranno mantenute una volta a Downing Street? Il Labour un campione green già in carica da tre mandati consecutivi ce l’ha. E’ Sadiq Khan, sindaco di Londra, che a Repubblica qualche settimana fa aveva detto: “Se alle elezioni vincerà il mio partito la Gran Bretagna avrà una vera agenda green che accelererà la transizione energetica e centrerà l’obiettivo emissioni zero, lavorando insieme ai sindaci”.