È il classico caso della coperta troppo corta, che se tirata troppo in qua lascia scoperto di là. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Gröningen e di altri istituti di ricerca ha analizzato i possibili effetti dell’implementazione del Green Deal, il pacchetto di politiche europee per contrastare i cambiamenti climatici e il degrado ambientale, scoprendo che la cosa potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, che farà diminuire le emissioni di gas serra nel nostro continente, ma raddoppiarle fuori dai confini. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Sustainability.


Obiettivo importante

L’obiettivo principale del Green Deal europeo è la decarbonizzazione totale dell’Europa entro il 2050, da raggiungersi attraverso passaggi intermedi (la riduzione delle emissioni nette a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990) e attraverso l’implementazione di misure specifiche in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità. Un obiettivo certamente nobile e condivisibile, ma che, secondo lo studio appena pubblicato, potrebbe rivelarsi anche pericoloso.

Il rovescio della medaglia

Gli autori del lavoro, coordinati da Klaus Hubacek, professore di scienza, tecnologia e società nell’ateneo olandese, analizzando le azioni previste del Green Deal hanno stimato che, nella forma attuale, il progetto porterà sì a una riduzione delle emissioni sul suolo europeo, ma contemporaneamente anche ad un aumento delle emissioni nei paesi extra-Ue del 244% circa. Ovvero che, sostanzialmente, non si farà altro che spostare altrove il problema, il che non risolverà la questione dei cambiamenti climatici, che riguarda naturalmente tutto il pianeta.


Restrizioni facilmente aggirabili

Uno dei settori presi in considerazione dai ricercatori, per esempio, è quello della biodiversità, per il quale il Green Deal prevede di piantare tre miliardi di alberi. “Piantare alberi vuol dire cambiare la destinazione d’uso di grandi porzioni di suolo”, ha detto Hubacek, “che non potranno più esseri usati per la produzione di cibo. Il cibo, quindi, andrà prodotto altrove, il che comporta, a sua volta, la trasformazione di grandi porzioni di suolo in terreni coltivabili e quindi un aumento delle emissioni e una riduzione della biodiversità. In altre parole, in questo modo l’Unione Europea ‘esporterebbe’ le emissioni di carbonio e la perdita di biodiversità nei paesi da cui importerà il cibo, principalmente in Africa e in Sud America”.

Possibili scenari

In verità, il Green Deal contiene un paragrafo in cui si proibisce l’importazione di prodotti (per esempio carne o mangime animale) ottenuti convertendo terreni boschivi in terreni agricoli, ma Hubacek e colleghi sono scettici sull’applicazione della norma, che potrebbe essere facilmente aggirata: “I Paesi extra-Ue”, commenta ancora lo scienziato, “potrebbero semplicemente destinare all’esportazione i prodotti ottenuti da terreni agricoli già esistenti e abbattere le foreste per soddisfare la richiesta interna”. Il Green Deal, tra l’altro, prevede anche un aumento dell’agricoltura biologica, il che richiederebbe un aumento dei terreni agricoli in Europa, e “non c’è alcuna informazione sull’impatto che questo potrebbe avere sull’uso del suolo”.


Siamo ancora in tempo

Oltre a delineare lo scenario appena presentato, gli autori del lavoro hanno presentato anche delle contromisure per rendere efficaci a livello globale, e non solo locale, le politiche di riduzione delle emissioni. La più efficace riguarda l’alimentazione: “Abbiamo mostrato che l’adozione di una dieta più ‘salutare’ sia per l’essere umano che per il Pianeta”, continuano gli esperti, “ossia un’alimentazione basata principalmente sui vegetali, consentirebbe di ‘risparmiare’ un’enorme quantità di anidride carbonica”.

I biocarburanti

Un altro punto su cui si può lavorare è l’eliminazione dei biocarburanti a base alimentare all’interno dei confini europei, il che, secondo l’analisi degli scienziati, ridurrebbe la quantità di terreni agricoli necessari alla soddisfazione della domanda e arresterebbe la perdita della biodiversità. Ma anche l’adozione di misure volte ad aiutare le regioni in via di sviluppo ad aumentare la loro efficienza agricola, per ottimizzare l’uso del suolo.

Ma prima di tutto questo è necessario fissarsi bene in testa un concetto fondamentale: “Dubitiamo fortemente una ‘crescita verde’ sia realmente possibile”, concludono gli esperti, “perché produrre qualcosa, in qualsiasi modo lo si faccia, comporta l’utilizzo di risorse. Quindi, ancor prima di produrre meglio, dobbiamo deciderci a consumare di meno. Questa è l’unica strada per contenere i cambiamenti climatici, ed è tempo di cominciare a percorrerla”.